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Sarri l'uomo giusto al posto sbagliato: la Juve non vincerebbe nemmeno con un rigore a partita
Fortuna - si fa per dire - che domenica c’è lo scontro diretto tra Lazio e Inter, dunque una delle due - se non entrambe - qualche punto lo perderà. Ma in ogni caso il “redde rationem” per la Juve al massimo sarà rinviato al primo marzo, quando allo Stadium ci sarà lo scontro diretto con i nerazzurri. Sarebbe un’umiliazione se il detestato Antonio Conte riuscisse nel sacco di Torino. A quel punto la contestazione - estranea a casa Juve da almeno otto anni, cioé quando Allegri si presentò a Vinovo - diventerà palese.
Di sicuro Sarri non verrà esonerato. Sia perché non è nello stile della casa, sia perché gli resterebbe la Champions League. Ma davvero una squadra in siffatte condizioni può pensare di vincerla? Davvero saprà trasformare una proposta di gioco povera e smunta in un’organizzazione di stampo europeo?
Difficile che lo si pensi. Se Sarri era già sopportato prima, cioé quando la squadra era in testa da sola con quattro punti di vantaggio sull’Inter e qualche buona prestazione dalla sua, figurarsi adesso che ha subìto due sconfitte in campionato nelle ultime due trasferte (Napoli e Verona) e con il Milan stava per arrivare la terza, questa volta in Coppa Italia.
Ripeto quel che ho scritto dopo la partita con i rossoneri: questa Juve, molle e svuotata, che esercita un possesso palla sterile e tira una volta in porta, può perdere da tutti, Brescia (prossimo avversario) compreso. Nemmeno con un rigore a partita riuscirebbe a vincere qualcosa.
Il problema per Sarri è di essere l’uomo giusto nel posto sbagliato. Perché la Juve, come indica la storia del club e la vocazione dei suoi tifosi, non è mai stata una squadra che gioca, ma sempre la squadra che vince. Il come ha un’importanza relativa, ma se si pensa alla forza economica del club, ovvero al fatturato e a quanto spende, ha speso e spenderà in futuro per giocatori di altissima qualità, si capisce che l’opzione dei singoli non è per nulla casuale. Alla Juve gli allenatori sono sempre stati ottimi gestori di grandi campioni, manager o direttori del personale, come li chiamavo io quando scrivevo sul Corriere della Sera. Tattici e non strateghi come li definisce Sacchi quando deve distinguere tra “non giochisti” e “giochisti”.
Per essere del tutto sincero, io appartengo a quest’ultima parrocchia, convinto come sono che la qualità del gioco aiuti a vincere e aggiunga valore al successo. Tuttavia non è di me che devo parlare, ma di una diffusa percezione all’interno del mondo juventino. Con Sarri è stato prima tiepido e, se non altro, consolato prima dal successo in casa interista e poi dal convincente andamento in Champions. Adesso è deluso e pessimista perché la Juve, oltre a giocare male o comunque non bene, perde pure spesso. E quando non perde subisce, si salva arrancando, stenta nell’eseguire le giocate più semplici.
Chi è stato l’artefice del grande cambiamento, cioé chi ha voluto una Juve vincente ma anche bella e che conquistasse l’Europa, è Andrea Agnelli che ha vinto tantissimo e sfiorato la Champions due volte in finale. E’ anche il presidente con un enorme consenso, perché ha strappato Ronaldo al Real Madrid consegnandolo ad un immaginario collettivo in obbligo di proiettarlo dentro un futuro magnificente.
Anche Ronaldo, al pari di Sarri, non è riuscito a portare la Juve dove si pensava. Ha fatto spesso la differenza con Allegri e altrettanto la sta facendo con Sarri, ma né da singolo, né dentro al collettivo, ha trascinato i compagni. Segna e spesso risolve, ma gioca per sé, trascurando a volte i vantaggi che un passaggio, anzichè un tiro, potrebbe offrire.
Dobbiamo dire che Sarri e Ronaldo sono legati allo stesso destino? In parte sì. O vincere, anche come faceva Allegri, o il fallimento. Vie mediane, alla Juve, non ne esistono.