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    Sarri innovatore? Gli allenatori d'Italia l'hanno già scaricato

    Sarri innovatore? Gli allenatori d'Italia l'hanno già scaricato

    • Fernando Pernambuco
    Non meraviglia il fatto che Allegri abbia vinto la “Panchina d’oro” quale miglior allenatore del 2017, quanto piuttosto il punteggio che gli hanno assegnato i suoi colleghi: 19 voti, quasi il doppio del secondo (Gasperini con 11) e quasi il triplo del rivale di turno ossia Maurizio Sarri, arrivato a quota 7.
     
    Anzi, a dirla tutta, la domanda spontanea è: come mai una differenza così netta tra chi, a detta di molti, pratica il “più bel calcio d’Italia e forse d’Europa” e il massimo esponente della ragion del risultato, accusato di praticare un gioco troppo conservativo, dominato dal calcolo e dal timore di prenderle. Insomma l’eterno dilemma tra concretezza e immaginazione, tra coraggio prudenza. Sarri non è forse colui che, nelle interviste, nelle dichiarazioni, nelle conferenze stampa viene sempre esaltato, proprio dai più addetti fra gli addetti ai lavori?

    Quasi sempre va in onda il ritornello, intonato da giovani e anziani tra i tecnici, che su per giù, recita così: “D’accordo la Juve vincerà lo scudetto anche quest’anno, perché è la società più organizzata, perché ha grandi giocatori ed è abituata a stare ai vertici, ma il Napoli, il Napoli di Sarri è la grande e bella novità che meriterebbe di arrivare prima”. Poi, nel segreto dell’urna, le cose cambiano. Sembrano gli exit-poll di quelli che si vergognano a dire per chi votano: fanno un nome, ma sulla scheda ne scrivono un altro.

    Il Corriere dello Sport adombra che Sarri in fondo non l’abbia presa benissimo. Non per la battuta di Allegri (“Faccio gli auguri a tutti, un po’ meno a Sarri”) che l’allenatore del Napoli ha accolto con una sonora risata, ma forse perché è andato in scena un copione per certi versi inaspettato. Pochi minuti dopo la fine della cerimonia, s’è alzato e se ne andato dicendo che “deve concentrarsi sul campionato”.
     
    Forse tra le ragioni d’un cambio d’opinione così netto rispetto all’anno passato, quando il tecnico partenopeo s’impose, deve aver influito un rovesciamento di prospettiva secondo cui, alla fine, Sarri non risulta così ardimentoso e innovativo come si dice. Lo dimostrerebbe il comportamento tenuto dalla squadra al di fuori del campionato, che sembra dettato proprio da quell’eccesso di calcolo imputato, invece, ad Allegri. Champions, Europa Leauge e addirittura Coppa Italia sono state un segno di debolezza o per incapacità del Napoli a correre su più fronti o proprio per un eccesso di prudenza e timore nel disperdere le energie dall’ obiettivo principale. L’anno scorso il Napoli è stato una bellissima novità, quest’anno mantiene le promesse estetiche, ma a patto di rinunce vistose.
     
    In coda, è interessante notare, come gli allenatori italiani siano stati nell’anno passato, assoluti protagonisti sulla scena internazionale: Conte col Chelsea, in Premier Ligue; Carrera in Russia con lo Spartak; Bordin in Moldavia con lo Sheriff Tiraspol; il Bayern di Ancellotti che vince in Germania e Marco Rossi, campione d’Ungheria col suo Honved. Infine, successo nel successo, l’affermazione della “Banda dei Toscani”: Allegri, Sarri, Semplici (“Panchina d’argento”) e Sauro Fattori, primo con la Fiorentina Woman’s. Una squadra che ha messo tutti d’accordo: bella e possibile.

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