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    Sampmania: rivendico il diritto ad essere felici e preoccupati

    Sampmania: rivendico il diritto ad essere felici e preoccupati

    • Lorenzo Montaldo
    Mi fa impazzire questa dilagante assenza di elasticità tra i tifosi della Sampdoria. Sembra vietato essere felici per una vittoria, e contemporaneamente preoccupati per il contorno che ammanta il mondo blucerchiato, di certo non purificato come per magia da una vittoria a Salerno. Se vinci, non puoi avere dubbi o apprensioni. Guai, peccato capitale. Chi li esprime non è vero tifoso. Se perdi, invece, vale tutto.

    Io rivendico il mio, il nostro diritto ad essere felici per tre punti cruciali in ottica salvezza, mantenendo però sempre ben ferme le perplessità vissute fino a ieri. Il calcio è pure episodico, e le montagne russe emotive non le sopporto. Così come non tollero la tendenza a fratturare, categorizzare e spezzettare in fazioni i gruppi eterogenei, o questa continua ricerca della contrapposizione tra ‘noi’, i bagnati dalla Sacra Ragione, e ‘voi’, i paria, gli impuri, gli sbagliati.

    Vincere a Salerno è stato importante? Di più, fondamentale. I tre punti in trasferta all’Arechi sono oro colato. L’altra sera, durante una trasmissione, mi è stato proposto il calendario della Samp da qui al termine del girone di andata e avevo i brividi, nonostante le luci e il riscaldamento acceso al massimo. Partire con la tripla in trasferta è letteralmente un regalo di Natale anticipato. La Sampdoria ha mostrato dei passi avanti? Sì, a livello di concentrazione e determinazione, pochi invece sotto l’aspetto dell’organizzazione della squadra. Avresti firmato per una domenica pomeriggio così? Giocando magari male, ma battendo la Salernitana? Sì, con il sangue. La Sampdoria è guarita? No, per niente. 

    Le fragilità emerse negli ultimi due mesi non possono essere spazzate via con un colpo di spugna dallo 0-2 rifilato ad una squadra che, onestamente, è proprio poca cosa per la Serie A. La Salernitana è modesta, davvero molto, e tornare a Genova con le ossa rotte si sarebbe rivelato un segnale terribile. Però questa Samp incerottata, acciaccata, depressa e impaurita rischiava grosso. L’incontro invece si è incanalato da subito sui binari giusti, la formazione di D’Aversa ha recuperato coraggio, gracili certezze, e la domenica ha iniziato a rotolare sulla miglior china possibile. L’autorete di Di Tacchio e la firma di Candreva sono i classici gol a cui ripensi a fine stagione, con un groppo in gola, pensando ‘Però, senza quelle due reti…’. Va bene così e, ve lo ripeto, esserne felici è sacrosanto. Così come sono decisamente giustificate le perplessità e le paure avute provate nelle ultime due, lunghe settimane, di certo non fugate oggi.

    Quali sono ora le certezze? Il portiere, Audero, tornato al livello dello scorso campionato, e la classe di Antonio Candreva, di nuovo decisivo dopo alcune uscite opache. La porta inviolata, ad oltre due mesi dall’ultima volta, è un'altra bandierina, da rapportare però alla modesta pericolosità di un avversario spuntato e poco incisivo. Ci saranno test più probanti, per verificare tale miglioramento. Volendo ci si potrebbe concentrare sui lati in ombra e ancora inquietanti del pomeriggio, come l’elevata percentuale di errori in fase di uscita e di scarico palla, o nel fraseggio tra i compagni (la Samp sbaglia ancora il 25% dei tocchi, è una percentuale troppo alta) ma forse sarebbe controproducente e, sinceramente, non ne ho neppure voglia. Spero lo faccia D’Aversa a Bogliasco.

    Ciò che vorrei far capire, invece, è che si può esultare per una vittoria della Sampdoria, senza per questo dimenticarsi del contesto che avvolge squadra e, soprattutto, società. Mantenere obiettività e consapevolezza è prioritario. Essere felici per un successo cruciale nella corsa al mantenimento della categoria non significa obbligarsi a dire che va tutto bene, che sino ad oggi siamo stati tutti esagerati, che siamo fortissimi e splendidi e adesso la strada per Bogliasco è cosparsa di petali di rosa e margherite. Godere per i tre punti al Franchi non equivale ad autocastrare la propria coerenza ed i vari, legittimi dubbi emersi. Sarei entusiasta se il Doria replicasse la partita di Salerno con il Verona. Brutti, fragili, spaventati e vincenti. Non chiedo altro.

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