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    Sampmania: quella sporca (mezza) dozzina

    Sampmania: quella sporca (mezza) dozzina

    • Lorenzo Montaldo
    Quella sporca (mezza) dozzina di minuti finali ci fa un male boia. Sono gli ultimi cinque giri d'orologio, dal 90' agli sgoccioli del recupero, che di questi tempi fanno soffrire come bestie i tifosi della Sampdoria. Se il gol dell'Inter al fotofinish era stato uno lacerazione nell'animo, il rigore sbagliato a Cagliari è una mazzata dritta nelle ginocchia. Un colpo che ti piega in due. Il Doria torna dalla Sardegna con un punto che alla fine del primo tempo sapeva di oro colato, ma che al termine dell'incontro si vela di rammarico e rimpianto. Per carità, contro i rossoblù abbiamo sempre faticato, e rientrare da una trasferta con un pareggio è già un passo in avanti rispetto alle abitudini dello scorso campionato, ma fallire un match point del genere ti lascia l'amaro in bocca.

    Crocifiggere Kownacki sarebbe sbagliato. Il tiro dagli undici metri poteva sbagliarlo chiunque, anche Quagliarella. Discorso valido, ma da prendere ovviamente al netto della bislacca scelta di lasciare il rigore al centravanti polacco. Non posso credere che la gerarchia interna ponesse il giovanissimo classe 1997 davanti al più esperto Defrel, ma pazienza. Non è solo il penalty scaricato su Cragno a causarci sofferenza, no, sono anche i due legni clamorosi e un paio di occasioni sciupate ad un passo dall'estremo difensore dei padroni di casa. Episodi che ti costringono a convinvere con quel cattivo sapore sulla lingua, ossia il gusto dell'incompiuto, del lavoro lasciato a metà. A proposito del Cagliari, ieri sera la squadra sarda ha rispecchiato perfettamente gli stereotipi associati alla popolazione isolana: arcigna, dura, un po' chiusa, eppure fiera, senza paura e generosa. Maran ha impegnato il collega Giampaolo in una partita a scacchi impagabile sotto l'aspetto tattico, meno indimenticabile dal punto di vista dello spettacolo, ma spesso quando si affrontano allenatori estremamente preparati il risultato è questo. Cagliari e Samp si sono lasciate un tempo a testa, e ai punti forse il pareggio è anche giusto, ma ai tifosi doriani gli unici punti che interessano sono quelli in classifica.

    In questo Sampmania c'è anche un altro argomento che merita di essere trattato. Al momento di scrivere il titolo, ero indeciso tra quello che leggete e un altro. Volevo chiamare il pezzo 'l'importanza delle parole', e iniziarlo con un omaggio a Giampaolo. Io non ho idea di cosa abbia detto l'allenatore della Samp all'intervallo della gara. Quel che è certo però è che il mister blucerchiato ha saputo toccare con precisione i tasti giusti in ogni giocatore, uno per uno. Il Doria sceso in campo nella ripresa non era neppure lontano parente della squadra timida e impaurita del primo tempo. Merito di alcune correzioni tattiche (mezz'ali più vicine, gioco più rapido, cambi azzeccati), ma soprattutto delle parole scelte dal mister negli spogliatoi. Che poi non ce lo vedo Giampaolo a urlare e strepitare nelle viscere della Sardegna Arena, ma piuttosto me lo immagino socraticamente maieutico mentre trova gli accordi giusti per solleticare la frequenza di ogni suo calciatore.

    E allora, a proposito di parole, prendiamo in prestito quelle di uno scrittore che Giampaolo legge, conosce personalmente e stima. L'opera non sarà la più originale, né la più inaccessibile, né la più alternativa, ma nella sua celeberrima storia della Gabbianella, Zorba il gatto dice dell'essere umano che “Forse non sa volare con ali d'uccello, ma ad ascoltarlo ho sempre pensato che voli con le parole”. Lo fa anche Giampaolo, o quantomeno ci prova. Se poi la punta gli sbaglia il rigore, e se di cinque giocatori offensivi gliene sono rimasti soltanto due e mezzo non è colpa sua, e paradossalmente nemmeno di Kownacki. D'altro canto, “vola solo chi osa farlo”, no? E poi i rigori “li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli”. Ah, no, non è Sepulveda, è Maradona.

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