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Sampmania: Antonio Cassano, il mio Michael Jordan
Era il 23 settembre 2007. E' stata la prima volta che ho visto Antonio Cassano con la maglia della Sampdoria, e non la scorderò mai. Non poteva esordire in una partita diversa, Fantantonio: era anche il primo derby di Genova in Serie A dopo 12 anni, il suo rientro in Italia dopo la parentesi madrilena. Aveva 25 anni, potenzialmente nel pieno della carriera, doveva recuperare la forma fisica e, soprattutto, le motivazioni. Entrò in campo ad un quarto d'ora dalla fine, rilevando un Vincenzo Montella visibilmente indispettito per la sostituzione. E' quantomeno curioso che la sua ultima partita in maglia blucerchiata gliel'abbia fatta giocare l'Aeroplanino.
Questione di momenti in una storia, quella di Cassano con la Sampdoria, che è fatta soprattutto di istanti, di attimi, di situazioni e di pietre angolari. In campo e fuori. Ora però ho bisogno di prendere in prestito una definizione mutuata dal documentario di Federico Buffa su Michael Jordan: il giornalista, ad un certo punto, dice che ognuno ha la sua 'Jordan' preferita. Intende la partita, la gara, la serie, il tiro con protagonista il numero 23 dei Bulls, quel secondo che vi ha fatto pensare "Oggi ho visto qualcosa di realmente diverso, qualcosa che non avrei mai immaginato". Ecco, credo che a Genova chiunque, anche il più irriducibile e fiero oppositore di Cassano, abbia il suo "Cassano" preferito. Io ce l'ho ben chiaro, e vi dò un indizio, nel mio momento perfetto con Fantantonio erano presenti anche delle maglie rossoblù...
D'altro canto anche lui, come come il re della palla a spicchi, lo identifichi con un numero: è semplicemente 'il 99'. Ricalcando più o meno consapevolmente Jordan ha lasciato e poi è tornato, a distanza di anni. E anche lui, come M.J., quando si è rimesso quella maglia, la sua maglia, non ha mantenuto le attese iniziali. "Il 23 era Superman, il 45 è solo forte" disse Nick Anderson, ala degli Orlando Magic riferendosi a Michael. La stessa cosa che hanno pensato in tanti vedendo il Cassano appesantito e imbolsito dall'inattività di Parma, presentato come 'tranquillante' ai tifosi blucerchiati dopo la disfatta di Vojvodina. Un giocatore che non era neppure lontano parente del mostro ammirato qualche anno prima. Michael reagì spazzando via gli avversari nella stagione successiva, presentandosi al termine dell'estate tirato a lucido, e con una forma fisica invidiabile, la migliore della sua carriera. Praticamente immarcabile. La stessa reazione di Cassano.
Qui però la storia si divide perchè Jordan è tornato ad essere il sovrano assoluto dell'NBA, Cassano invece ha concluso la sua era blucerchiata in esilio, senza la gloria della Hall of Fame. Senza una passerella di addio,come quella di Jordan a Philadelphia contro i 76ers nel 2003. Ha chiuso nel modo più imprevedibile possibile, in perfetto stile Fantantonio. Chissà cosa avrebbe potuto regalarci ancora, vien da pensare. In una stagione che non ha più nulla da offrire, sarebbe bastata forse la sua presenza a giustificare la noia di un campionato grigio.
Non mi cimenterò in analisi morali sul giocatore, men che meno sull'uomo che non conosco e che non ho la pretesa di poter giudicare, non ne ho la statura. Ognuno è libero di pensare ciò che vuole. Ma posso dire che Cassano resterà per sempre il mio Michael Jordan. E come tanti ragazzi che coccolano ancora la canottiera dei Bulls con il 23, il numero di Superman, anche io ho la 99. Quella maglia è ancora appesa, incorniciata e firmata. La conserverò, assieme al ricordo del 'mio' Cassano. E non la tirerò giù tanto facilmente.
@MontaldoLorenzo