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    Sampmania:  lo strano caso del dottor Dennis e di mister Praet, e del sarto Giampaolo

    Sampmania: lo strano caso del dottor Dennis e di mister Praet, e del sarto Giampaolo

    • Lorenzo Montaldo
    Che abbia due personalità? Che abbia ingerito una qualche sostanza miracolosa, capace di trasformarti e di donare poteri sovrannaturali? E se invece, più semplicemente, Dennis Praet avesse trovato la sua collocazione naturale? Magari la spiegazione è la più semplice, magari il talentino belga è finalmente sbocciato in tutto il suo splendore, e ha imparato come si gioca ai ritmi della Serie A, e quelli che sono i suoi tempi. Fatto sta che la trasformazione dell’ex trequartista dell’Anderlecht ricorda davvero da vicino quella del protagonista del romanzo di Stevenson. Timido, titubante, insicuro lo scorso anno, spavaldo e sbarazzino oggi: dottor Jekyll Dennis, mister Hyde Praet.

    Anche contro l’Inter, alla Scala del Calcio, al cospetto di alcuni mostri sacri nerazzurri Praet non è regredito, anzi, è stato forse uno dei migliori della Sampdoria. Di sicuro il fatto di giocare al fianco di Torreira, uno che parla la sua stessa ‘lingua’ calcistica, fatta di tocchi delicati e strappi improvvisi, di palloni accarezzati e inserimenti nello spazio, aiuta. Ritengo che il gioco di Praet e Torreira – e di conseguenza di tutta la Sampdoria – sia basato su una figura geometrica ben precisa, il triangolo. Il calcio di Giampaolo è un continuo susseguirsi di scambi a due, massimo a tre interpreti. E Praet interpreta alla perfezione il ruolo del vertice all’estrema sinistra, quello che imposta e scatta, e che può dialogare con il trequartista per aprire spazi interessanti e per allargare le difese avversarie. Senza un giocatore di questo tipo, il calcio della Samp diventerebbe prevedibile. La manovra si imbottiglierebbe al centro, come spesso accadeva l’anno scorso quando Praet non era ancora mr Hyde, ma solo il mite dottor Jeckyll. E una difesa schierata avrebbe vita facilissima nel limitare la potenzialità doriana. Pensiamo alla gara con l’Atalanta. Una partita che ha visto in copertina i Caprari e i Linetty, gli Zapata e i Quagliarella. Ma senza Praet a scardinare il fortino di Gasperini, staremmo parlando di un’altro match.

    Perché Praet è così determinante? Perché è un calciatore intelligente e attento. Uno che magari parla poco, ma che dice le cose chiaramente, e che soprattutto brucia da dentro per un’ossessione: quella della vittoria, e di essere sempre il migliore. Praet non è mai stato convinto delle parole di Giampaolo, che a più riprese ha ribadito un concetto fondamentale: "Di trequartisti ‘alla Praet’ ce ne sono tantissimi, come mezz’ala può diventare un giocatore di vertice a livello europeo". Credo che questa (insieme al ruolo di regista-incontrista cucito addosso a Torreira) sia stata una delle intuizioni più brillanti dell’allenatore doriano. Perché arretrare Praet sulla linea di centrocampo, intravedere la sua intelligenza tattica per primo, e creare dal nulla un interno con i piedi da trequartista è una mossa che solo una persona dotata di un certo tipo di sensibilità calcistica può inventarsi. E anche resistere alle pressioni dell'opinione pubblica, che voleva 'mister 10 milioni' nella sua posizione naturale, non è da tutti.

    Quagliarella, nel post partita di Inter-Samp, ha centrato perfettamente il punto parlando del suo allenatore: “Giampaolo capisce le caratteristiche di tutti i suoi giocatori, e cuce un vestito su misura per ognuno”. E’ perfetto, nessun giornalista avrebbe saputo dirlo meglio. Sintetizza perfettamente la genialità di Giampaolo, e il suo eccezionale lavoro di valorizzazione. Giampaolo è un sarto anzi, meglio, uno stilista. Consegnargli Praet è stato come affidargli 10 metri della miglior seta in circolazione. Non poteva nascerne altro che alta, altissima moda.

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    @MontaldoLorenzo

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