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Sampmania: ‘Le partite da vincere’ e 'giochiamo soltanto un tempo’
Magari le partite da vincere non saranno quelle contro Milan e Napoli, non si discute, ma nessuno si azzardi a dire lo stesso di Verona-Samp, trincerandosi dietro ai complimenti per Juric, per il buon momento gialloblù etc etc etc. Fare punti al Bentegodi deve essere l’obiettivo minimo per la formazione di Ranieri, adesso, e chi se ne frega se tutto ciò ‘mette pressione alla squadra’. Non mi pare che l’assenza di stimoli e spinta esterna stia sortendo questi grandi risultati, tanto vale magari provare a rimettere nella giusta ottica di importanza le sfide da qui alla sosta. Quattro punti sino alle feste sono il minimo sindacale, non un regalo di Natale. Guai a pensare il contrario, anche perché poi arrivano Roma e Inter, e lì inizierà a fare caldo, eccome.
Sono anche piuttosto stufo di sentir ripetere a pappagallo frasi tipo “La Sampdoria gioca un tempo”. Il Doria da un mese a questa parte il gioco non sa neppure cosa sia. E’ gioco totalizzare 55 lanci lunghi su 90 minuti di gioco? Significa tirare la palla in avanti una volta ogni 90 secondi. E’ gioco concludere un match con 7 tiri complessivi, di cui 3 in porta, contro i 19 avversari? E’ gioco terminare una partita per la seconda volta di fila con meno del 40% di possesso palla, per la precisione il 33% dopo il 37% totalizzato contro il Milan? Sono gioco i 368 passaggi (percentuale di riuscita del 77%), quando gli avversari chiudono a 762, più del doppio, azzeccandone oltretutto l’89%? Secondo me, no. La Samp, da novembre a oggi, al massimo ‘gioca’ mezz’ora, non sempre continuativamente. Può fare punti con un contropiede, con un lancio in mezzo, con una spruzzata di creatività del singolo, e francamente mi auguro di cuore accada di nuovo. Ma per ora lasciamo stare ‘il gioco’, non è proprio cosa. Magari, con Keità e Silva a pieno regime (consideriamoli acquisti di riparazione, come se fossero arrivati a gennaio per rendere meno amaro il boccone) l’antifona cambierà, lo spero vivamente, ma simili difficoltà vanno messe in conto quando due acquisti su tre sono considerabili a tutti gli effetti scommesse. E mi fermo qui.
Chiedere la testa di Ranieri penso non sia giusto, innanzitutto per un’evidente assenza di alternative sul mercato degli allenatori, senza contare l’impossibilità, da parte di questa società, di sostenere un ingaggio da 1,8 milioni netti più lo stipendio dell’eventuale sostituto. Spero e credo che l’esperienza del tecnico possa aiutare la Samp a lasciarsi alle spalle il pantano in tempi non sospetti, tenendo sempre ben fissi nella mente gli evidenti limiti di organico e, soprattutto, caratteriali di questo unidici. La sensazione, netta, trasmessa dal Doria è quella di una formazione poco tignosa, molle e scarsamente motivata. La totale assenza di ricambi in alcune zone nevralgiche del campo, vedi difesa e attacco, obbliga pure Ranieri a scelte spesso forzate. Oltretutto, voltandosi verso la panchina, ieri il mister doriano sembrava il centurione romano di Asterix e Obelix quando chiama le legioni in soccorso, e si ritrova alle spalle una specie di infermeria da campo con gente dalla testa fasciata, occhi neri e ricambi non presentabili per la Serie A. Di fatto, l’allenatore della Samp poteva scegliere solo Damsgaard e Ramirez come realistiche possibili alternative ai titolari.
Tutto ciò però non funge da indulgenza plenaria capace di scaricare completamente dalle responsabilità l’allenatore. In fin dei conti, è lui il rappresentante ultimo del campo e dell’undici scelto. La questione dei cambi sta diventando stucchevole: Ramirez dopo un’ora di Quagliarella in palese difficoltà sembra una presa di posizione, al netto dell’ennesima prestazione nervosa e poco incisiva dell’irriconoscibile uruguaiano, e la gestione di Damsgaard comincia ad assumere contorni misteriosi. Ha senso privarsi sistematicamente del miglior giovane a disposizione, nonché uno dei pochi giocatori in possesso di piedi educati, lanciandolo nella mischia soltanto nel finale? Nelle ultime tre gare, lo ha impiegato sempre nella ripresa, contro il Torino e il Milan il suo ingresso ha sicuramente ravvivato la partita. L’impiego centellinato al Maradona può avere senso soltanto in caso di titolarità a Verona, altrimenti non si spiega.
Ieri sera ho sentito Bergomi recitare una frase di Bagnoli, “La squadra gioca bene se le punte giocano bene”, e ritengo che nella sua semplicità fotografi perfettamente una bella fetta dei problemi della Sampdoria. Quagliarella là davanti viene regolarmente surclassato dai difensori avversari, l’unico duello aereo vinto sui 5 ingaggiati a Napoli sintetizza perfettamente le difficoltà di un giocatore trentottenne abbandonato al suo destino, costretto a sgomitare in mezzo a colossi di 190 cm. L’evidente mancanza di un centravanti di peso a cui affidare i 55 lanci lunghi giornalieri mi sembra lampante, e come sostengo da mesi non è neppure l'unica a livello di acquisti. Speriamo arrivi a gennaio, gentilmente offerto a costo zero da qualche munifica società. In effetti, scritta così sembra piuttosto utopica, ma siamo sotto Natale, non mettiamo limiti alla Provvidenza. Pensiamo al Verona, va’, forse è meglio.
@lorenzomontaldo
@MontaldoLorenzo