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Sampmania: lasciateci morire in pace
La prima: secondo la versione garroniana la Sampdoria, una società che fattura decine e decine di milioni di euro, è stata regalata dal presidente del maggior gruppo industriale italiano dell’allora settore petrolifero a Massimo Ferrero, uno sconosciuto condannato il giorno stesso del passaggio di consegne per il reato di bancarotta fraudolenta. Un tizio che lo stesso Garrone aveva visto ‘una sola volta’. Non solo il presidente ‘non ha partecipato al negoziato’, ma ha interamente delegato a manager e advisor la cessione del club, eredità di suo padre, su cui campeggiava peraltro il logo ERG, senza ‘verificare fino in fondo la solidità e l’affidabilità di Ferrero’. Cioè, il principale industriale genovese, uomo abituato a lavorare su cifre a nove zeri, regala un asset da milioni di euro a un tizio senza verificare la sua effettiva capienza, senza curarsi del ritorno di immagine, fidandosi soltanto delle parole dell’avvocato che rappresentava il signor Ferrero, che chiaramente aveva tutto l’interesse del mondo nello sponsorizzare il suo cliente facendogli piovere dal cielo un regalo milionario. Dottor Romei che, è bene ricordarlo, tutt’ora riveste ruoli apicali all’interno della Sampdoria. Fantascienza.
Il passaggio interessante è anche quello sulla famosa promessa di intervento nell’incontro con i tifosi del 2019. Dice Garrone “Pronunciai anche un'altra frase, è vero: farò quanto in mio potere, qualora un domani ce ne fosse bisogno, per non farla fallire. Che è diverso dal dire 'sinché ci sarò io non fallirà’ ”. Il virgolettato preciso, per la verità è questo: “L’unica promessa che posso fare, e ve la faccio, è che prima che la Sampdoria muoia, e non morirà, io farò di tutto, con tutte quelle che sono le mie possibilità, perché non accada”. Comunque, al di là dei bizantinismi sulle parole e i termini, questo passaggio ricorda un po’ quei film sparatutto, dove c’è il tizio legato in una casa che va a fuoco, e ha davanti a sé un killer con la pistola che gli chiede informazioni. “Dammele, e non ti uccido”. Il malcapitato gliele fornisce, e l’uomo con la pistola se ne va sogghignando lasciando il poveretto legato nell’edificio. “Avevo detto che non ti avrei ucciso io, non ti avevo promesso che ti avrei salvato dalle fiamme”.
Il tifo della Sampdoria ha scelto di farsi sentire sabato, nella maniera più rumorosa, per mettere in imbarazzo istituzioni calcistiche e i protagonisti di tutta questa farsa, urlando all’Italia del pallone cosa davvero sta succedendo a Genova. I doriani si sentono abbondanti, feriti, in balia di un mare mosso, con una società ormai praticamente sfaldata. In tutto questo, ogni giorno emergono retroscena sulla cessione sempre più lontana. Così, si delinea lo scenario che, ormai da anni, conosciamo tutti benissimo nonostante i miraggi propinati da venditori di fumo più o meno esotici: la Sampdoria è invendibile, le norme non possono essere aggirate. I racconti di chi la dava già in mano agli arabi, e prima ancora ai russi, e a Moratti, e agli americani, e a Zanetti e a Volpi etc etc si qualificano per ciò che erano, semplicemente come frutto di deliri, nella migliore delle ipotesi, oppure narcotici coscientemente somministrati alla piazza per mantenere sotto controllo e anestetizzare una massa, in modo tale da evitare ‘sceneggiate’.
A livello tecnico, la Sampdoria non esiste più. Stankovic è in balia degli eventi, ha evidenziato limiti piuttosto grossi a livello gestionale e tattico, tutto sommato però in parte mitigati dalle attenuanti che ci sono, è vero, ma che paradossalmente non venivano riconosciute al predecessore, ritenuto invece un incapace dalla folla. Però ormai ha poco senso anche rivangare il passato. Purtroppo, mi piacerebbe credere alla retorica del ‘La Serie D non ci spaventa, non cambierà nulla’, ma sono onesto, non ci riesco. Lo vorrei da pazzi, ma guardiamo la realtà in faccia: la ripartenza dai Dilettanti sarebbe un bagno di sangue a livello di eredità condivisa, per il vuoto che lascerebbe nelle generazioni di sampdoriani, e per lo spopolamento che causerebbe. Ne temprerebbe molti, certo, ma il mio realismo mi terrorizza di fronte ad un simile scenario. E credo sia il caso di dirlo.
La Sampdoria sta morendo. Non so se si potrà mai salvare. Io non credo. Penso possa ripartire, forse, ma salvare no. La speranza residua è che ci venga concessa almeno la dignità della fine, senza ulteriori pagliacciate sulla nostra pelle. Noi continueremo a ricordarvi sino alla fine le vostre responsabilità. Le sbatteremo in faccia sino all'ultimo giorno a chi in questa situazione ci ha trascinato, a chi l'ha causata e ora prova a lavarsene le mani, a chi la Sampdoria l'ha spolpata e a chi ha accompagnato il lupo nell'ovile ed è rimasto a godersi lo spettacolo. Poi, lasciateci morire in pace, se dobbiamo. Questo chiediamo. Ai salvatori che scendono dal cielo, francamente non ci crediamo più.
@lorenzo_montaldo
@MontaldoLorenzo