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    Sampmania: la Sampdoria è come il mio albero di Natale

    Sampmania: la Sampdoria è come il mio albero di Natale

    • Lorenzo Montaldo

    Non so voi, ma per quanto mi riguarda Sampdoria-Sassuolo è la partita perfetta per chiudere il 2020. Sintetizzare un intero anno meglio di così era difficile. Samp-Sassuolo si è rivelata la sublimazione esemplare delle sfighe incredibili, degli errori madornali e delle incazzature fedeli compagne negli ultimi 365 giorni. Però non è stata solo questo. In realtà, attribuire semplicemente alla ‘sfiga’ l’analisi della  partita con i neroverdi sarebbe limitante. Credo piuttosto che la gara di ieri abbia riportato sulla terra chi, dopo due partite vinte, era tornato ad ululare all’Europa e ai ‘primi dieci posti’ quando, soltanto dieci giorni fa, temeva la retrocessione. Alla fine sono gli stessi pronti a passare da ‘Ranieri genio’ a ‘Ranieri deve andarsene’ per poi tornare a mugghiare ‘Dove sono adesso quelli che criticavano il mister’ alla prima partita vinta. Piglia uno specchio e guardaci dentro, mi verrebbe da rispondere.


    Manteniamo un po’ di equilibrio, suvvia, senza lanciarci in voli pindarici o eccessive depressioni. Il bipolarismo non fa per me. La Sampdoria è una formazione da salvezza tranquilla se gira tutto come deve. E’ una compagine costruita in maniera sbilanciata, con un bel centrocampo, completo e ricco di ricambi, un attacco composto da individualità importanti pur non essendo ben amalgamato per caratteristiche (anche la gestione Gabbiadini, infortunato dall’estate, lascia grossi punti interrogativi) e una difesa tremendamente corta e priva di alternative. Anzi, giusto per rimanere in tema, ricorda il mio albero di Natale: addobbato davanti, semivuoto dietro, tanto è la parte che non si vede.

    Samp-Sassuolo ha riassunto perfettamente il concetto, presentando una squadra capace di mettere sotto pressione la difesa ospite con entusiasmanti folate, per quanto non particolarmente strutturate o frutto di una manovra ragionata, ma piuttosto di iniziative personali attribuibili alle individualità, alternate a preoccupanti sbandate difensive. Per quanto riguarda gli ultimi trenta metri, l’ingresso di Keita ci ha fatto assaggiare tutta la potenzialità di un talento cristallino e oggettivamente sopra la media blucerchiata. L’assalto doriano del secondo tempo è passato quasi esclusivamente dai suoi piedi. Le iniziative le ha costruite praticamente tutte lui, mettendo in crisi da solo la difesa del Sassuolo, sicuramente più di quanto fatto dal resto della squadra sino a quel momento. D’altro canto, se su 26 tiri totali soltanto 6 sono arrivati in porta, meno di uno ogni quattro tentativi, e la metà esatta sono opera di Balde, probabilmente una difficoltà nel costruire una manovra offensiva corale c’è, cosa ne dite? Il Sassuolo ha numeri più bassi, le conclusioni sono state ‘solo’ 14, ma 8 sono finite nello specchio. In percentuale, fa oltre il 50%, più del doppio rispetto al 25% scarso della Samp.

    Il contraltare è rappresentato dalle fragilità di una difesa rimaneggiata e martoriata dagli infortuni, oltre a essere già corta di suo a livello di organico, tremendamente in difficoltà negli uno contro uno e sulle sgasate del tremendo attacco neroverde. Escludiamo dall’analisi gli errori individuali dei singoli, tipo il rilancio sbilenco di Tonelli per la rete del vantaggio o il liscio di Augello sull’1-3, perché troppo marchiani e oggettivamente poco interessanti da commentare. Esaminiamo piuttosto la fatica fatta dai due terzini a contenere le mezzepunte di De Zerbi. L’impostazione tattica del Sassuolo era piuttosto chiara: Traoré teoricamente avrebbe dovuto piazzarsi al centro, mentre in realtà gravitava quasi sempre nell’area di Boga. I due ivoriani si trovano a meraviglia: un paio di tocchi, triangolo chiuso sullo spazio lanciando il compagno sulla corsa e via, con il 23 o il 7 a a martellare Yoshida, saltando il centrocampo grazie al fraseggio. Altro che possesso palla, questi non sanno neppure cosa sia, questi ‘verticalizzano’ eccome, solo che non lo fanno a lanci lunghi, bensì passandosi il pallone in venti metri quadrati di campo. Dal versante opposto invece Berardi galoppava più in solitaria, ma in maniera altrettanto efficace, costringendo Augello a rinculare schiacciando la difesa. Del pacchetto arretrato blucerchiato, l’unico ad aver retto l’urto senza eccessivi errori di posizionamento è stato Colley, praticamente mai coinvolto in prima persona sulle tre reti ospiti, poiché sempre attento in marcatura sull’avversario della sua zona.

    La differenza di mentalità tra le due squadre sta anche nei numeri, ad esempio nel modo di affrontare il fuorigioco, con l’undici di Ranieri altissimo ad oltre 30 metri, mentre gli uomini di De Zerbi lo applicano molto basso, in media a 10 metri. In sostanza, baricentro alto e squadra corta vecchio stampo la Samp, atteggiamento diametralmente opposto per il Sassuolo, pronto a ripartire dalla costruzione in difesa con recupero palla a pochissima distanza da Consigli. Quasi un invito ad attaccare per i padroni di casa, in modo da innescare il ribaltamento e l’azione direttamente dai quattro dietro, senza praticamente coinvolgere la parte centrale del campo. Non è certo un caso se le posizioni mediamente occupate dai due centrocampisti puri, Magnanelli e Locatelli, sono praticamente a ridosso dei centrali di difesa. 

    Ecco, i precedenti sono soltanto alcuni dei motivi per cui derubricare a ‘culo’ e ‘sfiga’ una partita del genere, banalizzando tutto in concetti vuoti come e privi di significato come ‘possesso palla’ e ‘verticalizzazioni’, mi sembra estremamente superficiale. Non ci fossilizziamo sull’espulsione di Keita, ingiusta finché vogliamo, o su alcuni errori da terza categoria della difesa. La Sampdoria è così, una squadra molto ‘anni ‘90’, in possesso di alcune individualità importanti dal centrocampo in su e poche alternative in difesa, dotata di un sistema di gioco ordinato, quadrato, collaudato ma di conseguenza pure antico, con tutto ciò che ne consegue, nel bene e nel male. Probabilmente per salvarsi senza eccessivi patemi è il modo migliore, tenendo però sempre bene a mente quali possono essere le ambizioni e i traguardi di questa squadra, chiamata a mantenere i 40 punti fissi e ben stampati nel suo mirino. Senza deprimersi eccessivamente dopo una sconfitta tipo ieri, ma senza neppure esaltarsi smodatamente e senza misura dopo due vittorie consecutive. Se riuscirete a fare pace con tale constatazione vivrete meglio, ve lo garantisco.

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