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    Sampmania: gli ultimi 9 anni io non li voglio dimenticare

    Sampmania: gli ultimi 9 anni io non li voglio dimenticare

    • Lorenzo Montaldo

    Ciao. In realtà, io sono un cazzone. Non sono un adolescente ‘emo’ del 2006. Non ascolto canzoni strappalacrime chiuso nella mia tana, vestito tutto di nero, appoggiato con la fronte alla finestra appannata mentre fuori piove e il pianto riga le mie guance. Non mi struggo leggendo romanzi depressi mentre penso ai 101 migliori modi per tagliarmi e ferirmi. Qualcuno, negli anni, mi ha accusato di essere triste, abbacchiato, menagramo: non è così. Ero solo realista. In realtà, sono un babbo. Ora finalmente posso tornare a scrivere in maniera leggera, non come un poeta decadente. Non è facile: dovrò rivedere il mio stile. Pazienza. Lo faccio con somma gioia. 


    Non sentite anche voi, questo odore nell’aria di libertà? Questo vento di speranza, questo clima frizzantino, questa sensazione di ottimismo, questo odore di Sampdoria di Novellino? Sono qui che gongolo da venerdì. Due sono le cose che mi riempiono di felicità, e mi fanno sentire appagato, spaparanzato e bello pasciuto per la soddisfazione, mentre assaporo il momento. La prima: qualcuno ha fregato Ferrero. Nella Repubblica delle Banane, dove una persona con all’attivo bancarotte, indagini e concordati fallimentari può trattare l’acquisto di un’altra squadra di calcio impunemente - forse non proprio impunemente, a Perugia non sembrano andare tanto per il sottile -  i due nuovi proprietari hanno preso il Viperetta, e se lo sono rigirato alla stregua di un calzino. Per chi ha sempre sbandierato come un vanto la sua furbizia, la sua astuzia quasi diabolica, è una ferita nell’orgoglio che brucia come cosparsa di sale. Deve essere terribile, per uno come lui, la prospettiva dell’implacabile oblio a cui è destinato, e verso il quale sta inevitabilmente scivolando sempre più rapidamente. Credo ne abbia una paura disperata. 

    Secondo motivo di massimo godimento: siamo liberi, siamo salvi, e non dobbiamo ringraziare nessuno. Soprattutto, non dobbiamo ringraziare il carnefice massimo, “L’unico che poteva salvarci”.  Chi ci ha messo in una situazione così drammatica ci ha abbandonato lì, non ci ha tolto dai guai, e passerà alla storia soltanto da principale colpevole di questa vicenda. Non ci sarà amnistia per lui, né condono. Verrà ricordato come la peggior sciagura in 77 anni di storia della Sampdoria. Bel lascito, complimenti. Niente redenzione, niente riabilitazione postuma. Solo il ricordo di quanto piccola e meschina sia stata una certa famiglia di presunti gran signori. 

    Dovessi togliermi tutti i sassolini che ho nelle scarpe, avrei da star qui un paio di mesi. Ma chissenefrega, volevo giusto liberarmi di queste due spine, le avevo in bocca da troppo tempo, le stavo masticando come un chewing gum da settimane. Adesso si riparte. Si riparte, ma non si dimentica. Guai a scordare il passato, io i nove anni di Ferrero non li voglio dimenticare. Niente affatto. Voglio tenerli ben saldi nella mente, perché è l’unico modo per evitare che si ripetano. Mi auguro che, da questa storia, il pubblico Sampdoriano abbia tratto un preziosissimo insegnamento: accettare supinamente ogni bruttura non è giusto, e non fa il bene della Sampdoria. Direi che la lezione è stata ampiamente metabolizzata, ne ho avuto la certezza quando ho visto i presidi sotto Corte Lambruschini. Questa gente è pronta a lottare per la Sampdoria.  

    Intendiamoci: non è che il mio desiderio più recondito sia pensare per tutta la vita, almeno una volta al giorno, a quel signore non troppo alto del Testaccio che faceva battute fuori luogo in grado di metterti in imbarazzo come lo zio acquisito ubriaco a Natale. Lo seppellirò lì, in un angolo della mia memoria in cui conservo la professoressa di Greco e Latino, il tizio sgradevole conosciuto in un precedente lavoro e la ragazza con cui sei uscito un paio di volte, e non avresti dovuto. Però, volenti o nolenti, diventerà parte del nostro patrimonio genetico. Oltre a lui, non voglio scordarmi neppure di tutto il carrozzone che lo ha accompagnato. Voglio tenermi nella memoria i profili social impegnati a difenderlo con crociate sul web, il carrozzone di personaggi in cerca d’autore, i ‘figli di’. Voglio preservare il ricordo di tutti i bizzarri elementi sbucati in questi anni attorno alla Sampdoria, tutti quelli che “Con questa cazzo di squadra ci hanno magnato”. Voglio ricordare per sempre il codazzo di amici, amici degli amici, amici di giocatori, amici di procuratori, amici degli ex presidenti, amici di quelli ben informati, amici di improbabili personaggi avvicinatisi alla Samp per far prendere tempo a Ferrero, come l’ultimo produttore in canottiera e il suo presunto sceicco. 

    No, io i nove anni di Ferrero, e tutto quello che c’è stato nel mezzo, non li voglio dimenticare. Noi siamo il prodotto di ciò che viviamo. Il nostro DNA si è evoluto anche grazie ai nostri antenati, divorati nella savana da predatori feroci perché disattenti, distratti o troppo fiduciosi. Desidero conservarli in mente, in un cassetto polveroso e chiuso a chiave, dove potranno iniziare a puzzare di stantio. Adesso invece mi gusto l’estate, i cori ‘ultimissima’ e ‘fallitissima’ (Mai vendere la pelle dell’orso anzitempo: come al solito, non hanno imparato nulla. Ecco a cosa serve l’esperienza) e questa sensazione di spensieratezza che non provavamo più da anni. Nemmeno la riconosco. Metto le Vans, gli smalti e i Tokyo Hotel nell’armadio, e tanti saluti a tutti.

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