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    Sampmania: diamo a Claudio quel che è di Claudio (e a Linetty quel che è di Linetty)

    Sampmania: diamo a Claudio quel che è di Claudio (e a Linetty quel che è di Linetty)

    • Lorenzo Montaldo
    Cercherò di non ridurmi ad una disamina tipo “Grande partita, gara top, che bella Sampdoria”. Non sono sicuro di riuscirci, ma sono fermamente intenzionato a provarci. Tuffiamoci quindi in un Sampmania che i tifosi più duri e puri riterranno ‘pessimista’. Pazienza. In caso doveste preferire il genere di commenti sopra citati, vi consiglio la pagina ufficiale della Sampdoria. Se la partita con il Brescia non si è tramutata in una giornata da dimenticare, e anzi è diventata una serata da ricordare, il merito è quasi tutto del signore seduto in panchina. Riuscire in un tale compito, dopo la secchiata gelata dello 0-1 ospite, era impresa tutt’altro che facile. Quindi diamo a Cesare quel che è di Cesare, e a Claudio quel che è di Claudio, oggi se lo merita più che mai. 

    Claudio Ranieri ha raccolto i cocci di una squadra che resta mal costruita e modesta per cifra tecnica, e l’ha trasformata in una compagine dignitosa, capace persino di salvarsi agevolmente in Serie A. A patto ovviamente di mantenere a lungo questa grinta, e di ricevere un paio di innesti dal mercato di gennaio. Gli acquisti restano indispensabili, anzi, spero che la vittoria non lasci passare il messaggio opposto, che possiamo sintetizzare con “A posto così, siamo ultra competitivi” made in Galliani, diventato un tormentone qualche anno fa tra i tifosi del Milan.

    Non facciamoci ingannare dalla cinquina rifilata al Brescia nell’analizzare il Doria: gli eccessi non fanno per me, e anche in questo caso l’esagerata autocelebrazione del pokerissimo schiaffato in faccia ad una diretta concorrente sarebbe controproducente. Basta un dato ad evidenziare l’unicità della prestazione offerta a Marassi da Quagliarella e compagni: in un’unica partita, i blucerchiati hanno segnato più di un terzo dei gol complessivamente messi a segno in tutto il resto del girone d’andata. Gli avversari della Samp sono stati (fortunatamente) deludenti, avevano un tasso qualitativo inferiore a quello blucerchiato - che pure, tengo a ribadirlo, non è eccelso - e si sono disuniti dopo la doccia fredda del meritato 2-1 doriano, arrivato nel miglior momento possibile per i padroni di casa. 

    Ciò non vuol dire che l’entusiasmo non sia legittimo, anzi, tutt’altro. Io per primo sono rientrato a casa talmente euforico da non chiedere i dati ad un tizio che mi aveva leggermente tamponato in coda, figuratevi un po’. Piuttosto, è un tentativo per restituire un po’ di oggettività ad una partita che altrimenti rischia di farci volare troppo in alto. Anche perchè, siamo onesti: la Sampdoria non fa nulla di trascendentale o incredibile, neppure vincendo 5-1. Tutto ciò rende se possibile ancora maggior merito al signore seduto in panchina che citavamo all’inizio. 

    Ranieri è riuscito a completare la trasformazione da Armata Brancaleone a squadra rispettabile in poche semplici mosse. Alcune sono di carattere generale. Il mister ad esempio ha sempre e solo lavorato su un 4-4-2 ordinato e facilmente assimilabile, fatto di calciatori collocati in ruoli ben precisi e a cui è stata data un’identità definita. Ciò ha garantito sincronicità dei movimenti della linea difensiva e rapidità di contropiede e ripartenza. Magari toglie un po’ di imprevedibilità, ma per una formazione che deve salvarsi è un dazio decisamente sopportabile. 

    Altre scelte invece hanno coinvolto i singoli: a mio modo di vedere, la miglior decisione presa da Ranieri sino ad oggi è stata quella di costruire la nuova versione della Sampdoria incentrandola su un giocatore in particolare, ossia Karol Linetty. Sir Claudio, per restaurare una squadra chiamata a conquistarsi con le unghie e con i denti la permanenza in Serie A, ha scelto di partire da un giocatore di lotta, e non di qualità. Lo ha responsabilizzato, lo ha messo al centro del progetto, molto più di quanto fatto ad esempio con Quagliarella, e la scelta ha pagato, perchè il polacco si è pian piano trasformato in vero e proprio leader. L’ultima partita, giocata ad un ritmo eccezionale, è soltanto il coronamento di un processo di crescita sviluppatosi nelle ultime partite, e sublimato ieri con una prestazione capolavoro. Se dovesse riuscire a recuperare anche Jankto, il lavoro di Ranieri avrebbe del sovrumano. 

    Doppiare la metà stagione con 19 punti pareva un miraggio alcuni mesi fa. Battere una diretta concorrente in questo modo, anche. L’iniezione di punti garantirà credito e ossigeno fondamentali per superare il prossimo filotto di partite che, non va dimenticato, è letteralmente massacrante. Dette così, in rapida successione: Lazio-Sassuolo-Napoli-Torino-Fiorentina-Inter.  Anche per questo motivo, è giusto tenere parzialmente a bada l’entusiasmo. Non è pessimismo, è realismo. E serve a non scottarsi.

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