Samp, Mannini:|'Lo so, devo dare di più'
«Allora diciamo che il calcio è fatto di periodi. Di alti e di bassi. E bisogna sapere accettare determinate situazioni».
Domenica scorsa a Bologna non è nemmeno andato in panchina. Che si può fare?
«Non ci si può fare niente. Mi è dispiaciuto... dispiacerebbe a qualsiasi calciatore guardare una partita della propria squadra dalla tribuna. Però, ripeto, sono scelte da accettare».
E quindi si andrà avanti così?
«No. Qualcosa ovviamente deve cambiare. Magari spetta a me, farmi vedere un po’ più».
Un po’ più... ?
«Un po’ più. Se il mister mi valuta da tribuna, devo essere io a dimostrare di essere da panchina o perché no da formazione titolare».
La tribuna no. Basta.
«È la prima volta che sono andato in tribuna in ventisette anni. Nemmeno nei pulcini. La tribuna di Bologna fa parte di un momento non molto positivo. Sicuramente ci vuole una reazione».
Una reazione?
«A me sembra di avere fatto e di fare le stesse cose della scorsa stagione. Durante la settimana mi alleno sempre con grande serietà e professionalità. Anche nella scorsa stagione ho attraversato un periodo di calo. Poi alla fine sono tornato a essere decisivo come lo ero stato all’inizio e credo di avere dato un significativo contributo alla conquista del quarto posto. O no?».
Certo che sì.
«Devo vivere questo periodo come una cosa, tra virgolette, normale. Devo continuare a fare con tranquillità e serenità quello che già faccio. E aggiungerci qualcosa di più».
Ma vede delle similitudini con il suo calo della scorsa stagione?
Signor Mannini, che le succede?
«Messa così sembra che io sia un caso. E non lo sono».
Ha ragione. Allora precisiamo. Con questa intervista non stiamo affrontando un caso né creando un caso. Vogliamo semplicemente ritrovare quel Mannini che conosciamo.
«Allora diciamo che il calcio è fatto di periodi. Di alti e di bassi. E bisogna sapere accettare determinate situazioni».
Domenica scorsa a Bologna non è nemmeno andato in panchina. Che si può fare?
«No, perché l’anno scorso il calo era stato di tutta la squadra. All’inizio avevo segnato cinque gol in otto partite, ma era tutta la Samp a girare bene. Sono io il primo a dire, prima era così, poi era cosà. Però alla fine ci siamo ripresi alla grande. Tutti. E abbiamo conquistato un bellissimo sogno, chiamato Champions League, svanito in una partita maledetta».
Pensa che la gente si aspetti troppo da lei?
«Ma se sono io il primo a chiedere tantissimo a me stesso. E questo chiedere, questo chiedermi troppo alla fine può diventare anche un mio limite. Però mi accorgo che chiedendomi sempre di più sono arrivato a un buon livello. E allora forse non è un atteggiamento così sbagliato».
Secondo lei la gente è più intollerante verso i suoi errori, rispetto ad altri giocatori della Samp?
«Questo non lo so... li sento i borbottii. Però fanno parte anche loro di determinate situazioni. I tifosi ti acclamano quando i risultati vanno bene e ti criticano quando vanno meno bene. Bisogna accettare entrambi gli aspetti. La vivo come è giusto che sia, spetta a me fare interrompere i borbottii. La gente blucerchiata mi ha sempre dimostrato grande affetto».
È consapevole delle sue qualità?
«Sì, non posso essere diventato un brocco di colpo. Però ci sono tanti fattori che influiscono nella carriera di un giocatore... Ripeto, tanti fattori... Sono sicuro delle mie potenzialità. So quello che posso dare e che spero di dare. Però c’è una cosa che mi lascia tranquillo: la serietà che metto nel quotidiano, negli allenamenti. Questa è la migliore medicina... se si può chiamare medicina, dal momento che non devo guarire da niente».
Lei sa anche che questa Sampdoria ha bisogno di Mannini.
«La società ha voluto rinnovare la comproprietà ed è stata una prova di grande fiducia nei miei confronti. Io voglio essere importante in questa squadra. Senza fare paragoni con l’anno scorso, anzi sì, voglio essere importante come l’anno scorso. Sennò lo sminuirei. Quest’anno mi prendo i vaffanculo, l’anno scorso pacche sulle spalle e complimenti. Però vorrei sottolineare ancora una volta la straordinarietà di quello che abbiamo fatto l’anno scorso. Siamo stati bravi e abbiamo approfittato della stagione negativa di qualche grande. È stata un’annata fantastica ed è molto, molto difficile da ripetere».
Quando le cose vanno così e così, che fa Mannini? Si chiude in se stesso?
«No, resto normale, ma sento di più il richiamo della famiglia. Con la famiglia si condividono gioie e dolori, si dice così. In un periodo “ni” si incrementa il numero di telefonate di mia madre Sandra. Da due o tre volte al giorno arriva al centinaio. La mia è una famiglia fantastica. Siamo come una squadra, facciamo gruppo».