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    Sacchi ricorda Stella Rossa-Milan del 1988: 'Una bolgia: svenimenti, spari, ma lì capimmo di essere i più forti'

    Sacchi ricorda Stella Rossa-Milan del 1988: 'Una bolgia: svenimenti, spari, ma lì capimmo di essere i più forti'

    Nel giorno in cui il Milan torna a Belgrado per affrontare la Stella Rossa in Europa League, Arrigo Sacchi ricorda a La Gazzetta dello Sport le epiche sfide tra rossoneri e serbi del 1988: "Qui sono tutte Belgrado. Al Mondiale 1994 negli Stati Uniti, Maldini e Costacurta, esausti a ogni fine gara, si lamentavano così. Erano esperienze troppo intense, quasi come quell’inferno di Belgrado".

    SFIDA IN TRE ROUND - "In casa avevamo pareggiato 1-1, brutto risultato. Il giorno dopo a Milanello un giocatore dice 'Ormai siamo fuori'. Allora mi invento che mi aveva chiamato Berlusconi. 'Sentitemi bene, ha telefonato il presidente. Non ha speso cento miliardi di lire per finire eliminati. Toglietevelo dalla testa'".

    LA NEBBIA AL RITORNO - "Al fischio d’inizio, capiamo subito l’andazzo: loro ci passano la palla... Andate avanti voi, che a noi vien da ridere. Dopo quasi un’ora di gioco, sul Marakana cala una gran nebbia, non si scorgeva nulla. Non ci rendevamo conto di che cosa stava accadendo a pochi metri dalla panchina. Il loro gol non l’abbiamo visto. Quando la partita è stata sospesa, ma non ancora rinviata, al rientro negli spogliatoi troviamo Virdis vestito di tutto punto. 'Pietro, come mai ti sei già cambiato?', chiediamo. 'Mi ha espulso!'".

    LA RIPARTENZA DALLO 0-0 -"Non eravamo brillanti in quel periodo, ma dovevamo giocarci lo stesso il tutto per tutto. Dopo la prima gara rinviata, non avevamo nemmeno Ancelotti, ammonito da diffidato. Allora decidiamo di far venire Gullit, in riabilitazione, dall’Olanda. Ruud arriva con l’aereo privato con il suo fisioterapista Troost, che ci rassicura: avrebbe potuto giocare almeno per tempo, lo porto in panchina. Tra i titolari schiero Mannari, esordiente in Coppa a 18 anni e mezzo. Allora le rose dei club non erano come le attuali: ne avevi 16 di base, più i tre portieri e i ragazzini. Alla vigilia parlo al gruppo: adesso si vedrà la nostra classe, il carattere di chi è travolto da un camion, ma sa rialzarsi ed è ancora vivo. Erano ore di tensione. Un giornalista mi spiffera 'Devo darti una brutta notizia. Sto nello stesso hotel della terna arbitrale. Ho visto strani movimenti: i dirigenti della Stella Rossa, con quattro-cinque ragazze, sono usciti con i tre…'".

    IL CAOS PRIMA DELLA PARTITA - "La mattina del replay quando siamo andati a fare un piccola seduta di risveglio atletico, sentiamo botti fortissimi a bordo campo. Casino, fumo: i ragazzi restano scossi, gli spari venivano da una folla di ultrà della Stella Rossa. Poi abbiamo scoperto che c’era di mezzo il comandante delle Tigri, Arkan. Al tempo io andavo al poligono, avevo orecchio per le esplosioni. Tranquillizzo i miei con una bugia. 'Dài, sono mortaretti, tutto okay'. Ma non erano mortaretti, accidenti. E Galliani ci mette in guardia: 'Stasera allo stadio aprono tutte le porte, dove ci stava una fila di spettatori ce ne staranno tre'. Gullit lo incalza: 'Di solito in quanti entrano?'. Adriano butta lì: 'In 40 mila. Magari oggi saranno in 120 mila. Gli altri 80 mila verranno per vedere noi'".

    LA RIPETIZIONE DELLA PARTITA - "Nella ripetizione siamo andati benissimo. Noi concentrati, dominio assoluto. Segniamo con una palla dentro di un metro e 20, non esagero. Niente. Non lo faccio mai, ma nell’intervallo prendo per il colletto l’arbitro: lui non fa una piega. Al gol di Van Basten, rispondono con Stojkovic in contropiede. Ma noi eravamo una squadra vera, con la S maiuscola, a differenza di ciò che ora è il nostro Paese, per esempio. Abbiamo subito tante angherie da parte loro: fortissimi, tecnici, ma fallosissimi. Donadoni tramortito va all’ospedale. Tragedia sfiorata, ora la butto sul ridere. Diversi giocatori si precipitano in panchina. 'Presto, il medico!'. Ma in campo c’era già dottor Monti che a terra ha soccorso, e salvato, Roberto. Nella confusione, non era stato notato. In lista per i rigori metto Cappellini, 17 anni, come quarto tiratore. S’avvicina Rijkaard: 'Mister, il bimbo trema. Se vuole, tiro prima io'. 'Sì, se fai gol, però!'. Così è andata, passiamo noi. Finita la corrida, il sindaco di Belgrado e il presidente della Stella Rossa salgono sul nostro pullman: 'Salutiamo i futuri campioni d’Europa, complimenti'. Eravamo appena agli ottavi, ma quella qualificazione è stata un segnale: quando vinci così… Pensate: ai rigori ho perso un Mondiale, ma sono serenissimo, perché avevamo dato tutto e il Brasile era andato meglio di noi nel torneo. Semmai non mi è andata già la beffa del campionato perso contro il Napoli, la monetina di Alemao. Mi consolo e insisto: a Belgrado meritavamo noi, lo si è visto anche in seguito. La fortuna ce la siamo guadagnata. E siamo andati oltre un sogno, in Europa ci hanno eletto la più grande squadra di tutti i tempi. Ancelotti ripete: 'Non abbiamo capito che cosa abbiamo combinato'. Vero: ho dato la vita al calcio, tutto lo stress mi ha consentito di essere un adulto sereno".

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