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  • Sabatini: c'era una volta Cassano

    Sabatini: c'era una volta Cassano

    Spero di sbagliare. Lo dico sincero. Ma devo scriverlo: penso che Cassano e la Samp abbiano trovato il modo, con questo ritorno forzato, di sciupare il bel ricordo passato. Forse il miglior ricordo della carriera, seppur macchiato dalla lite con papà Garrone: qualcosa di cui pentirsi per tutta la vita. 

    In blucerchiato Cassano era stato davvero grande, dedicando i suoi anni d’oro “al” Doria, come i tifosi chiamano “la” Samp. Anni irripetibili. E non ci sarebbe bisogno di spiegare il perché. Ma bisogna raccontare e ricordare, per non passare da criticone a prescindere. 

    Fantantonio andò via quattro o cinque anni fa. Ora torna semplicemente Antonio, con quattro o cinque chili in più. Però non deve sfilare come una modella anoressica. Deve (per fortuna) solo giocare. Ci metterà un po’, comunque tornerà in peso-forma. Era perfino più grasso quando lo prese Marotta dal Real Madrid e Mazzarri lo mise a coniugare un verbo riflessivo e semisconosciuto, per lui: allenarsi. Un paio di mesi per tirarsi a lucido, poi la miglior stagione della carriera. Cronaca. Che pare leggenda. 

    Cassano non è più quello di un tempo. E non per le famose, famigerate “cassanate”. Quelle vanno e vengono, ormai hanno perso lo stupore dell’inedito. Si mettono in conto. E anzi, non solo per amore di spontaneità: bentornate “cassanate”, a patto che torni quel Cassano che esibiva anche ben altre prodezze. Altri tempi. 

    L’ultima immagine calcistica ci riporta a Parma. Storia di otto mesi fa. Storiaccia, e non per colpa dei calciatori. Prima o poi qualcuno pagherà, si spera. Ma a parte le malefatte societarie, quel che si ricorda in campo è un Cassano che non fa più la differenza. Corpo estraneo con i compagni di squadra, ma non è una novità: da sempre fa vita a sé ed è un suo diritto, nessuno può accusarlo. Fa vita a sé anche in campo, e pure questa non è una novità: gioca da fermo per distribuire palloni, i numeri di qualità gli danno ragione. Più di cento palle-gol nelle ultime due stagioni: questo dicono le statistiche che diventano tweet e post e titoli. Invece i numeri di quantità sono impietosi, ma vengono oscurati dal personaggio: perde tanti palloni, troppi. Nessuno lo dice, né lo scrive. La critica su Fantantonio è ripetitiva e noiosa: punta solo e soltanto sulle cosiddette “cassanate”. Il Cassano guascone esiste sempre. Invece è il Cassano campione che non c’era più, negli ultimi tempi a Parma. Infatti la squadra non aveva risentito del suo addio. Anzi - lo dicono i numeri - il buon (troppo buon) Donadoni era riuscito a migliorare la media-punti proprio quando la squadra aveva iniziato a giocare a fari spenti, anziché attorno al faro del numero 99. 

    Adesso tocca a Zenga il ruolo di allenatore sacrificale. Non lo voleva, se lo tiene. Si farà il segno della croce e che Sant’Antonio gliela mandi buona. Anche Walter, da giovanotto, ha un curriculum pieno di parate e “zengate”. Una volta - per dire - non riuscirono a rintracciarlo perché non rispondeva a nessun numero di telefono. Non esistevano i cellulari. Stava dormendo a casa di un suo amore di gioventù e nessuno lo sapeva. Niente di male, se non fosse che a cercarlo era la Federacalcio per la prima convocazione in nazionale. 

    Di aneddoti così è piena la storia del calcio, che però archivia solo presenze e gol e vittorie: quel che merita di restare in memoria. Di ritorni al futuro (Kakà, Shevchenko, ecc.) non c’è traccia in archivio. Perché quando tornano da vecchi, i campioni, devono affrontare e sconfiggere anche un avversario imbattibile: il ricordo dei bei tempi. Impossibile farcela, anche per Cassano. E anche se spero – sinceramente - di sbagliare. 

    Sandro Sabatini

    Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial


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