Sabatini: Conte pensa solo per sé
Se Conte fosse solo un titolo nobiliare, avremmo una nazionale un po’ snob ma serenamente superiore alle squadre di club. Invece Conte è un cognome che attraversa l’Italia con liti, chiarimenti, bisticci, ripicche, invidie, precisazioni, tensioni… Tutto ad alta voce. E poi, sottovoce, le tensioni fanno rima con dimissioni.
Conte titolo nobiliare e Conte titolone dei giornali. Ad alta voce o sottovoce. Mi piace giocare con le parole, lo confesso. Ma non sopporto che si giochi con numeri, date, giorni e soldi. Insomma, con le cose serie. Il ct azzurro minaccia (per la precisione: fa scrivere che minaccia) di andarsene perché il campionato 2015/16 finirà a metà maggio ma la finale di Coppa Italia ancora non si sa? Leggo. Rileggo bene. Guardo il calendario. Non capisco.
La nazionale italiana avrà un mese abbondante per preparare Euro 2016. Gli azzurri impegnati nella finale di Coppa Italia sarebbero disponibili una settimana più tardi. Quanti giocatori, in realtà? Con le rose attuali: una decina con finale Juve-Milan, praticamente nessuno se fosse Inter-Napoli. Stiamo parlando di quel che accadrà fra un anno e mezzo eppure il ct fa già trapelare, sottovoce ma a reti unificate, la minaccia: o Federcalcio e Lega anticipano la finale di Coppa Italia (maggio 2016) o me ne vado subito (maggio 2015). C’è qualcosa che non torna…
Tornando indietro nel tempo, la carriera di Conte racconta: le dimissioni le ha sempre cercate e attuate, quando c’era qualcosa che non gli garbava. Fu così al Bari ed è stato così alla Juve, sconfinando nella stagione iniziata. Schema a tre (frasi): vado via, anzi resto, mi dimetto. Ormai è un libro aperto, con un aggettivo che spunta ad ogni pagina: "furioso", perché non basta semplicemente "arrabbiato". Perfino di una finale di Coppa Italia della quale non è stata ancora fissata la data, perché dipenderà anche dal cammino delle squadre italiane in Champions ed Europa League. Perché tanta furia preventiva?
A pensar male si fa peccato: sì, ma veniale. Fra qualche mese si prospettano le attrazioni fatali di Paris Saint-Germain, Barcellona, forse Bayern Monaco e chissà quali top team in Inghilterra. Panchine libere e belle. Soprattutto ricche. Quindi ideali per un uomo che non deve chiedere mai, tanto lo cercano tutti. E panchine perfette per un allenatore che chiede sempre di più, e anche questo lo sanno tutti.
Ma tutti sanno pure che il ct della nazionale deve essere d’esempio perchè sottoscrive con gli italiani un impegno morale, prima che professionale. La collaborazione di colleghi e club non si ottiene minacciando dimissioni ogni quarto d’ora, per uno stage di due giorni o per una finale di Coppa Italia ancora da decidere. Più che prove di forza, al nostro calcio servono prove di maturità. Più che ricatti, c'è bisogno di buonsenso.
L’allenatore dell’Italia è un ct: significa "commissario tecnico", non "comando tutto". E poi basta con queste storie da perseguitato, che magari la gente ci crede pure. L’Italia non è "contro". Anzi. Anche se non si vuol fidare - o fa finta – l’Italia del calcio è nobilmente "Con Te", caro ct.
Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)
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