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    Sabatini: chi non salta è… della Lega

    Sabatini: chi non salta è… della Lega

    L’estate addosso e il saltello sotto i piedi. Tutto pronto all’uso: musica e aria condizionata, basta schiacciare play. Una sera, dal ritiro di Dimaro, nella solita festa paesana con palco e orchestra, De Laurentiis si esibì in “chi non salta è bianconero, giallorosso, rossonerazzurro, ecc”. Un arcobaleno di colori e avversari. Ovazione, applausi. Sulle ali dell’entusiasmo, quella volta il presidente del Napoli avrebbe partecipato anche se avessero improvvisato una gara di salto in alto, salto in lungo e salto con l’asta. Senza paura. Del resto, il gesto è semplice e poco tecnico: sufficiente incrinare appena le ginocchia, darsi uno slancio con i polpacci e il più è fatto. Basta un paio di saltelli, per mandare i tifosi a casa contenti. E domani è un altro giorno.

    Di solito all’indomani si saltabecca da una reazione all’altra. La maggioranza è polemica e rumorosa. In minoranza tutti gli altri. L’ultimo caso è stato quello di Mihajlovic gaudioso al coro “chi non salta nerazzurro è”. Proprio lui, che un paio di anni fa aveva giurato che non avrebbe mai allenato il Milan, “anche a costo di morire di fame”. Ecco, non sembra deperito...

    Più che saltelli, sembrano tutte capriole di memoria. Ma va bene così. E’ la celebrazione di un rito cui nessuno riesce a sottrarsi. Anche – va detto – per paura. Perché in tempi di violenze assortite, non soltanto social, restare con i piedi piantati per terra provocherebbe l’ira dei tifosi. E il gelo degli ultras. Insomma, per rispetto delle regole non scritte nella tribù del calcio, non conviene a nessuno rinunciare alla tradizione popolare.

    Non si è sottratto nemmeno Paulo Sousa. Che – detto in confidenza – aveva lasciato la Juve con un certo rancore, perché bruscamente scaricato da Moggi. Così non gli è sembrato vero di saltare in alto per ritmare i cori dei tifosi viola e togliersi “la gobba”, come dicono i fiorentini. Un rito tribale, insomma. Tanto che negli archivi si trovano ancora le prime parole pronunciate da Thohir in italiano. Ricordate? “Ki non sarta, lossonelo è”. Fra qualche settimana gli farà eco Mr Bee, e tornerà pari il derby del Sol Levante e dell’azionista saltellante.

    Fin qui il racconto, adesso la discussione. Si può saltare sul passato? E’ giusto rinnegare una fede proclamata? Si possono stingere i colori di una sciarpa o di una bandiera? Per gli integralisti, la risposta è no. Il tradimento non è ammesso, né concesso. Invece sì, perché il calcio – come la vita – è fatto “anche” di varie ed eventuali, cioè di cambiamenti. E pure se i tifosi s’arrabbiano e soffrono, chi fa sport professionistico ha diritto di cambiare lavoro. Quindi maglia, divisa, sciarpa, bandiera e... saltello.

    Alla fine, sembra più grave non esultare per un gol segnato a una ex squadra. Anzi, si potrebbe introdurre un “chi non salta” generale per ogni partita. A giocatori schierati in mezzo al campo, prima salta la squadra in trasferta insieme con i tifosi nello spicchio ospiti. E poi quelli che giocano in casa, tra campo e curve e tribune. Non sarebbe meglio questa iniziativa, rispetto all’inno della Legacalcio?

     
    Sandro Sabatini (giornalista Premium Sport)

    Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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