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Sabatini: Allegri e Tuttosport, nessuno è perfetto
Come tutti gli affezionati (stavo per scrivere innamorati, ma non esageriamo) sono molto esigente con il giornale che mi consentì di realizzare un sogno: diventare giornalista. Ogni volta confronto la prima pagina con quelle della concorrenza. Noto particolari e dettagli. Oggi, per esempio: leggo “capolavoro Allegri” in risalto su Gazzetta e Corsport, però non su Tuttosport. Non mi meraviglio. Allegri ha conquistato i tifosi ma non il quotidiano che è punto di riferimento proprio per i tifosi juventini, quelli si erano divisi in “vedove” di Conte e “allegriani”. Fazioni contrapposte, discussioni infinite. Chi sta vincendo è sotto gli occhi di tutti. Eppure Tuttosport rimane frigido con l’attuale allenatore juventino, perfino quando fa trionfare una squadra senza Buffon, Lichtsteiner, Pirlo, Pogba e Tevez (e Asamoah e Caceres).
Impressione sbagliata su Tuttosport? Pronto a correggere e scusarmi con il direttore Vittorio Oreggia, a patto che mi offra un caffè con rimprovero bonario: ehi, Sandro, quando leggi i giornali al mattino non sei più tanto sveglio perché abbiamo evidenziato i meriti di Allegri ieri, l’altro ieri e chissà quanti altri giorni ancora. Mi sentirei irrimediabilmente più vecchio, ma va bene lo stesso.
Fa lo stesso se ammetto di seguire con particolare attenzione la carriera di Allegri fin dal 2006? Conducevo una trasmissione dalle 7 alle 10 del mattino, su Sky Sport: si chiamava “Caffè Mondiale”. Ce ne voleva tanto, di caffè, per svegliarsi all’alba. Ma ne valeva la pena. Quattro o cinque ospiti, rassegna stampa e chiacchiere su quel Mondiale che giorno dopo giorno si colorò sempre più di azzurro. Una mattina ospitai proprio Allegri, che conoscevo di vista da giocatore e mi incuriosiva come allenatore perché era al Grosseto con presidente Camilli (un the best of Zamparini e Cellino, per intendersi).
Elegante, non per caso lo chiamavano il Conte Max. Sempre con la battuta pronta, che per i livornesi è un marchio doc. Ma in diretta, un’altra persona: troppo controllato e serio, perfino impacciato e un po’ deludente. Pensai: questo allenatore è più sveglio (e bravo) di quel che sembra in tv. Però va conosciuto di persona, perché con la comunicazione è un mezzo disastro.
Dopo la trasmissione mi fermai a chiacchierare. Mi confessò che ammattiva con quel presidente che gli prometteva nuovi giocatori ma poi non li comprava. Per curiosità, a distanza di un paio di mesi chiesi a un amico toscano com’era andato il mercato del Grosseto. Mi rispose “poca roba”. Allora domandai se a causa del mercato Allegri aveva fatto polemiche sui giornali locali. Sempre quell’amico si stupì: “No, perché?”. Ecco… Non è cambiato: la società prima di tutto, poi la squadra e infine l’allenatore. Questa la sua gerarchia per il palcoscenico. E non cambierà. A costo di far la figura del fesso se gli vendono Ibra e Thiago Silva, oppure lo descrivono come unico killer dei “Pati” e “Ronaldinhi” o dei vecchi in scadenza di contratto.
Con il tempo poi ho saputo che il rapporto con quel Camilli grossetano era più che burrascoso. Al ritorno in pullman da una lontana trasferta con sconfitta, ricevette una telefonata perentoria proprio dal focoso presidente: “Annullata la cena al ristorante sulla strada del ritorno. Giocatori a digiuno, per punizione”. Inutile discutere. Meglio decidere: fermata improvvisa al primo autogrill e cena per tutti. Il conto pagato di tasca sua. E così, a morsi di “Fattoria” e “Rustichella” e menù completo, Allegri conquistò la squadra.
Rispetto a quei tempi, adesso è migliorato. Molto. Anche nella comunicazione. Perfino su Twitter. Gli resta un difetto che, agli occhi di qualche giornalista, vale come un peccato mortale: non dà mai in anticipo né la formazione né notizie di mercato. Pure per questo è sempre piaciuto a quasi tutti i giocatori e tutti i presidenti (compreso Berlusconi, anche se pochi lo sanno). Invece non piace a tutti i giornali e tutti i giornalisti. Ma nessuno è perfetto.
Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)
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