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    Sabatini a CM: 'L'allenatore della Juve è Allegri, non Magnanelli, che esegue'

    Sabatini a CM: 'L'allenatore della Juve è Allegri, non Magnanelli, che esegue'

    • Sandro Sabatini
      Sandro Sabatini
    La Juve sembrava un’altra squadra. Inspiegabile per chi leoneggia sui social #Allegriout. Incredibile per chi ha costruito una carriera opinando contro Allegri.

    In teoria, a Udine, bisognava davvero impegnarsi per criticare l’allenatore, tra l’altro diventato secondo solo a Trapattoni nelle vittorie bianconere: “appena” 250 (delle quali il 99% giocate male, secondo la narrazione corrente). In teoria sembrava giusto almeno un applauso. In teoria ci voleva un’analisi coerente su qualche spunto tattico: Cambiaso tuttofare, Chiesa punta quasi centrale anziché periferica, il trio difensivo brasiliano ben congegnato. In teoria una spiegazione serena (e non preconfezionata) sul pressing più incisivo. In teoria l’atteggiamento. In teoria tutto. Ma in pratica, nulla di tutto ciò.

    In pratica, basta utilizzare (strumentalizzare) una frase di Chiesa sul gioco moderno e sull’inserimento in staff di Magnanelli per scatenare la solita guerra di posizione, in cui si attacca Allegri innanzitutto per difendere se stessi. Cioè supportare quel che si è detto/scritto in passato: è l’anticalcio, ha i giocatori ma non il gioco, fa catenaccio, non si è aggiornato, e poi lo spogliatoio contro più varie (corto muso) ed eventuali (rischio esonero).




    Tra teoria e pratica, comunque, meglio chiarire per evitare la solita parolina - #servilismo - utilizzata come parola d’ordine dall’esercito del web. Chiariamo, dunque: Allegri poteva fare di più nel biennio bis alla Juve e comunicare meglio nei cinque anni di vittorie abitudinarie. Ma chiariamo anche la base di ogni analisi: il lavoro di qualsiasi allenatore va giudicato in proporzione al valore della squadra. Anche trascurando la controversia con la giustizia sportiva, l’anno scorso la Juventus poteva sicuramente partire meglio a inizio stagione. Ma si è giudicata la Juventus di Pogba, Chiesa, Di Maria, Paredes, Bonucci e Vlahovic senza considerare che Pogba non c’era, Chiesa non era ancora lui, Di Maria e Paredes pensavano al Mondiale (diciamo così…), il declinante Bonucci era orfano del salva-vita Chiellini e Vlahovic in chiara ansia da prestazione (e da pubalgia). Questa “non squadra” è stata considerata da lotta-scudetto e corsa Champions, da bel gioco e spettacolo. Invece era una squadra che a vista d’occhio non correva: né con la palla né senza palla. E senza la corsa, ogni partita diventava di rincorsa. Allegri veniva accusato di giocare solo in contropiede. In realtà la sua Juve non era capace proprio di giocare in contropiede. Si trascinava blanda, stanca e svogliata, con giocatori che aspettavano il pallone tra i piedi senza forza né voglia di movimento senza palla.

    Oggi è tutto cambiato. Perchè i giocatori di riferimento sono cambiati. E anche se manca - è evidente - un po’ di esperienza, la freschezza dei giovani consente tattiche e strategie più entusiasmanti: quelle che si sono viste nel primo tempo della prima giornata di campionato, ma anche nelle amichevoli estive.

    Nello spazio di un’estate è arrivato anche Francesco Magnanelli, personaggio del momento. Entrato nello staff per espressa volontà di Allegri, che lo aveva eletto giovane leader nel Sassuolo in serie C, addirittura una quindicina di anni fa. Magnanelli è uomo di staff e spogliatoio, che esegue (al meglio) le linee guida indicate quotidianamente dall’allenatore. Un allenatore che sta proponendo un calcio diverso (anche) perchè ha calciatori diversi. Alcuni esempi: da Kostic a Cambiaso ci sono trenta metri di duttilità, da Cuadrado a Weah tre dribbling in meno e tre allunghi in più, da Bonucci al trio brasiliano venti metri di campo in avanti, da Di Maria a Chiesa dieci scatti in più e dieci palloni in meno sui piedi, da Paredes al centrocampo attuale si va dalla lentezza dei “tocchetti” alla rapidità dei passaggi profondi.

    Non tutto, ma molto è cambiato: con lo stesso allenatore. Che non è il bravo Magnanelli: è Massimiliano Allegri, anche se quelli dell’#AllegriOut non lo ammettono. La Juve sembra un’altra squadra, i critici no. Sembrano sempre gli stessi.  

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