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    Rossi-Tardelli show, attenti a quei due!

    Rossi-Tardelli show, attenti a quei due!

    • Marco Bernardini
    Molto più che amici. Fratelli. Un’empatia che, nel mondo del calcio, equivale per frequenza alle oasi nel deserto. In effetti all’inizio erano in tre. Il “Bello-Bello Antonio Cabrini. Il “Bel Tenebroso”, Marco Tardelli. Il “Bel Tipo”, Paolo Rossi. Capelli lunghi, sguardo ipnotico, fisico da invidia, cervello bel funzionante, qualche soldino in banca, popolarità da vendere. Una manna dal cielo. Quello profondo azzurro, di Spagna. Quello celeste, di Rimini.

    Fu lì, sulla costa dei play boy, che vennero tutti e tre immortalati dai paparazzi sul tetto della cabina di uno stabilimento balneare. Non giocavano a fare le cicogne. Si erano arrampicati lassù per sfuggire alle probabili prese rugbistiche di una ventina di ragazzine fuori di testa e assatanate che, dopo averli riconosciuti, li avevano inseguiti urlando per far loro la festa. Non che ad Antonio, Marco e Paolo la cosa dispiacesse. Anzi, dopo il successo dei Mondiali le loro azioni alla Borsa del mercato “tombeur des femmes” avevano fatto un balzo in alto da record e loro non erano per natura mai stati insensibili al fascino femminile. Ma le ammucchiate no.

    Eppoi preferivano essere loro i cacciatori. A Torino si allenavano bene. Antonio, il più bello, serviva da esca. Marco, il più svelto di parola, le raccontava che andava di lusso. Paolo, da buon bomber, solitamente era il primo a finalizzare. Sede degli incontri principalmente la bella casa che Rossi aveva ai piedi della collina e che, per un certo tempo, aveva condiviso con Tardelli.

    Ora tutti e tre hanno un bel po’ di capelli bianchi oltre a qualche chilo di troppo. Ma dentro sono rimasti quelli di una volta. Intendo rispetto al rapporto di amicizia che li ha sempre legati. In quanto a birichinate e smanie amorose si sono dati una bella calmata, dopo matrimoni andati e figli assortiti che, comunque, restano sulla cima dei loro pensieri. Perché sono tre belle persone Cabrini, Tardelli e Rossi.

    Marco l’ho sentito giusto ieri dopo che, con Paolo, ci eravamo incontrati ai funerali di Cesare Maldini. Antonio si era fatto vivo al telefono dal posto dove si trova con la sua nazionale femminile che ha preso tremendamente (e giustamente) sul serio. La solita rimpatriata da “amici miei”, con tanto di supercazzola e anedottica per solo pubblico adulto.

    Tardelli era su di giri per un ottimo motivo. Domani in tutte le librerie d’Italia uscirà, edito dalla Rizzoli, il libro dal titolo “Tutto o niente”. Perfetto e in pieno sintonia con il personaggio. Perché in quelle pagine scritte da sua figlia Sara con lui che raccontava c’è la storia di un campione ma soprattutto quella di un uomo con dentro il cromosoma del contadino accoppiato al fuoco del genio ribelle. Una miscela esplosiva che fece di Marco il leggendario “Schizzo” contraddistinto dall’urlo più lungo del mondo.

    Un libro da non perdere perché di pallone racconta appena il giusto e, invece, apre il petto di Tardelli lasciando che il lettore possa visitarne il cuore. Un cuore in perenne tumulto. Dalla Garfagnana a Pisa, da don Bianchi che lo spingeva a giocare con il pallone al babbo che lo voleva soltanto ragioniere, dal ristorante dove serviva in tavola come cameriere aggiunto alla villa Frescot degli Agnelli perché l’Avvocato lo volle incontrare appena arrivato alla Juventus dal Como. Dieci anni in bianconero poi nuovamente, dopo aver vagabondato che basta, nella sua bella casa sul Lago accanto a quelle di George Clooney e di Brad Pitt con la sua terza moglie Laura e, spesso, con Nicola il figlio avuto con Stella Pende. Insomma, in piena linea con il titolo del libro “Tutto o niente” appunto.

    Ma se Antonio ora si è un poco defilato, Marco e Paolo continuano a fare comunella. Ne hanno una in mente, di bella novità. Per la verità è parecchio che ci pensavano sopra. Una “striscia” televisiva tipo quella inventata da Ricci che da anni tiene benissimo lo share. Loro due e basta, con qualche bravo autore alle spalle naturalmente, per uno show allestito alla loro maniera di comici talvolta inconsapevoli e di “giudici” per un modo del calcio che è stato e che, in qualche misura, è ancora il loro con tutti gli splendori e con tutte le miserie a corredo. E’ più che una semplice idea-desiderio. In attesa di un produttore di lunghe vedute che dia loro il via, leggiamo un buon libro.

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