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    Real-Mendes, rapporto ai minimi storici

    Real-Mendes, rapporto ai minimi storici

    • Pippo Russo
    Il Real Madrid è una polveriera, e non soltanto per il deludente andamento stagionale. La sconfitta nel derby contro l’Atletico, oltre a chiudere definitivamente le possibilità di affermazione nella Liga, ha fatto da premessa per l’esplosione di un bubbone ormai maturo: quello riguardante i rapporti fra il club merengue e Jorge Mendes, l’uomo più potente del calcio globale. A far precipitare la situazione sono state le spocchiose parole di Cristiano Ronaldo nel post-partita: se tutti i compagni fossero come lui, ha detto CR7, il Real non sarebbe così indietro in classifica. Parole rispetto alle quali il portoghese ha provato goffamente a correggere il tiro, senza effetti apprezzabili. Perché lo spogliatoio madridista non aspettava altro che un occasione per dare un motivo al malessere diffuso verso il divo, e perché quel malessere ha contagiato ormai anche i vertici del club andando a intaccare i rapporti col vero dominus di Cristiano: il boss di Gestifute.

    Fra Real Madrid e Jorge Mendes siamo in questi giorni ai livelli minimi, e non soltanto per colpa del Cristiano Ronaldo. Che però è grossa parte del problema, e per diversi motivi. Innanzitutto il suo contratto, in scadenza nel 2018. Un accordo che per le finanze madridiste si fa sempre più pesante, soprattutto se si tiene in considerazione che il calciatore sembra essersi lasciato alla spalle la fase migliore della carriera. Nei mesi scorsi si sono accavallate voci contrastanti sul futuro di CR7: da una parte quelle che parlano di un suo possibile approdo al Manchester United o al Paris Saint Germain, dall’altra le reiterate dichiarazioni di Mendes secondo cui l’attaccante concluderà la carriera al Real. Un chiacchiericcio che ha infastidito il madridismo, perché da quella parti domina dall’idea che la Casa Blanca sia il miglior posto del mondo calcistico, e che dunque nessun calciatore possa aspirare a qualcosa d’altro o decidere da sé di concludere la carriera da quelle parti. In anni recenti, mostri sacri del madridismo come Raúl e Casillas sono stati spediti a chiudere altrove la parabola agonistica. E si tratta di due personaggi che ben altra mistica hanno alimentato verso il madridismo, e dunque rispetto a CR7 avrebbero avuto maggiore diritto di terminare la carriera al Bernabeu. Dunque, per un ambiente abituato a ragionare così, sentir dire da un agente che un calciatore decide di concludere la carriera da quelle parti significa vedersi rovesciare addosso una dimostrazione di megalomania. Imperdonabile. A ciò si aggiunga la sempre più sregolata vita privata di CR7. Che da quando si è regalato un jet privato (LEGGI QUI) ha preso l’abitudine di volare in Marocco a trovare l’amico Badr Hari, kickboxer marocchino nato in Olanda. Viaggi che sarebbero arrivati a toccare la quota di quattro alla settimana, con partenza a fine allenamento e ritorno in nottata per consentire al calciatore di essere in tempo all’allenamento della mattina. Inevitabile che sulla natura del rapporto fra Cristiano e Badr Hari si scatenasse il gossip. Fatti loro. Sono invece fatti del Real quelli legati allo stress da viaggio continuo cui Ronaldo si sottopone. Il tema è stato trattato durante un duro confronto avvenuto a fine gennaio tra il calciatore e il presidente Florentino Perez. Che ha posto il veto su questa spola tra Madrid e il Marocco. E invece CR7 ha continuato a fare di testa sua (LEGGI QUI). Stando alle indiscrezioni, Perez avrebbe chiesto nei giorni successivi a Mendes di trovare un’altra squadra al giocatore (LEGGI QUI).

    La richiesta fatta al super-agente portoghese tiene certamente conto anche dei rapporti sempre meno sereni fra l’attaccante portoghese e il resto dello spogliatoio. Ciò di cui si è avuto l’ultimo esempio leggendo l’indiscrezione riportata oggi da Diario Gol, secondo cui l’ex interista Mateo Kovacic avrebbe rimproverato Ronaldo di non conoscere nemmeno il suo nome, dato che più volte lo ha chiamato “Kovacevic” (LEGGI QUI). Ma a scatenare il malumore dei colleghi è soprattutto il fatto che CR7 venga ormai percepito come un calciatore non decisivo. Nel senso che continua a maramaldeggiare contro avversari alla portata, ma poi nelle gare difficili, quelle in cui dovrebbe davvero dimostrare d’essere fuoriclasse caricandosi la squadra sulle spalle, si eclissa. Il derby contro l’Atletico, durante il quale Ronaldo ha fallito due occasioni che uno della sua levatura non dovrebbe mancare, ha portato ulteriori argomenti a questa tesi.

    L’incrinarsi del rapporto fra CR7 e il madridismo non poteva non avere conseguenze su quello fra il madridismo e Jorge Mendes. Che, dal canto suo, è sotto stress anche per altri motivi. Il derby di sabato è stata l’ennesima bocciatura per James Rodriguez, acquisto costosissimo dell’estate 2014, richiamato in panchina dopo nemmeno un’ora di gioco per far spazio a un qualsiasi Lucas Vazquez. E rimane aperta la ferita della figuraccia planetaria rimediata nell’ultimo giorno del calciomercato estivo, quando lo scambio di portiere Keylor Navas-David De Gea s’inceppò lungo linea del fax. In quell’occasione Mendes aveva orchestrato l’intera trattativa, e già allora Florentino disse ai suoi che bisognasse allentare la relazione col boss di Gestifute (LEGGI QUI). Ne sarà ancora più convinto dopo l’indiscrezione pubblicata ieri da El País, anch’essa maturata lungo l’asse Madrid-Manchester. Secondo questa voce José Mourinho, altro cliente di Mendes, nelle scorse settimane avrebbe usato l’interessamento del club merengue per accelerare il raggiungimento dell’accordo coi Red Devils (LEGGI QUI). Sarà vero? Conta poco, perché in casi del genere a importare davvero è che una cosa venga creduta. E al Real nessuno accetta che il club venga usato come una sponda. “El Madrid es el Madrid”. E Mendes se lo sta alienando.

    @pippoevai

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