Luis Enrique è soddisfatto. Io no. Mai, quando la Roma perde. E in quel modo per giunta. L'atteggiamento in campo contro il Genoa ha ricordato quello delle primissime partite della stagione: l'eliminazione contro lo Slovan Bratislava e i due punti racimolati contro Cagliari, Inter e Siena. Si è ritornati al possesso palla fine a se stesso e il risultato è stata una sconfitta. La quarta in dieci partite. Non va bene. Una volta raggiunto il pareggio, il salto nel tempo è stato addirittura maggiore: di circa tredici anni, in panchina sedeva Zdenek Zeman. Il boemo, l'uomo fatto dogma. Anche in quel caso la tifoseria giallorossa si spaccò. Pro e contro l'allenatore. Perdendo di vista il bene principale: la squadra.

La Roma, raggiunto l'1-1 a pochi minuti dalla fine, si è riversata in avanti alla ricerca del vantaggio, subendo un contropiede da cui è scaturito il calcio d'angolo e poi la rete di Kucka. Da uno a zero punti. Al novantesimo. Proprio come nel derby. La Roma subisce così l'ottavo gol in trasferta del campionato, sei dei quali con la difesa schierata. Non è dunque soltanto colpa di Luis Enrique. Gli stessi giocatori hanno delle responsabilità evidenti. Di concentrazione e di posizione.

Occorre migliorare insieme. Perfezionare la fisionomia. Confrontarsi. Come avvenne all'indomani del pareggio casalingo contro il Siena. 'Se giochiamo così altre dieci partite, sette le vinciamo, due le pareggiamo e perdiamo soltanto questa', ha dichiarato ieri il tecnico ai cronisti. Forse in Spagna. In Italia, la percentuale è opposta: giocando così si è vinto soltanto contro il Palermo. La supereremo mai questa fase?