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Romamania: Ranieri smuove l'orgoglio ma non la classifica, è il momento di fare i conti con l'incubo retrocessione
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Stavolta, forse, c’è da preoccuparsi ancora di più. Perché se la migliore versione possibile della Roma di questi tempi perde 2-0 in casa contro un’Atalanta col freno a mano tirato vuol dire che la situazione è davvero seria. Un’altra partita del cuore, come quelle giocate contro Napoli e Tottenham, non lascia neppure un punto nelle mani di Ranieri, finora bravo a tirar fuori l’orgoglio dai giocatori ma non a smuovere la classifica. Con 13 punti conquistati in 14 partite, appena due in più della terzultima, si continua ad assistere alle puntate di un film horror. E diventa anche difficile comprendere i problemi più urgenti da risolvere, le soluzioni e le prospettive a breve termine.
ROMA-ATALANTA, LE NOSTRE PAGELLE
A voltare le spalle alla Roma è stata anche la fortuna nel momento topico, puntualissimo l’ennesimo gol dell’ex dell’irriverente Zaniolo, ma l’aspetto su cui vale la pena riflettere di più è come sia cambiata la gara dopo le sostituzioni. Si alternano gli allenatori sul ponte di comando di Trigoria, ma inevitabilmente finiscono tutti per a scontrarsi con i limiti strutturali di una rosa male assemblata, con pochissimi punti di riferimento a cui aggrapparsi. Dybala vive di fiammate ma è un lontano parente del campione che una volta meritava di stare sul podio dei migliori giocatori del campionato. Dovbyk ha smesso di segnare, altri ipotetici rinforzi estivi come Soulè e Le Fée sono poco più che comparse, Pellegrini è stato messo in pausa da Ranieri non si sa fino a quando, Hummels non ha fatto in tempo a riprendere confidenza con il campo che si è fermato per infortunio, a destra continua a giocare tutte le partite Celik per mancanza di alternative. Si salvano Svilar, Mancini e Ndicka, ma è davvero troppo poco per pensare di costruire qualcosa di efficace e duraturo.
HUMMELS VA KO, COSA SI E' FATTO
Adesso, superato il trittico tremendo Napoli-Tottenham-Atalanta, il rischio è che in partite sulla carta più abbordabili vengano meno le energie generate dall’orgoglio e che la Roma non riesca a interpretare le sfide da bassa classifica contro Lecce, Como e Parma. Veri e propri scontri diretti da affrontare con la voglia di sporcarsi davvero le mani. Perché non è scritto da nessuna parte che se ti chiami Roma non puoi finire invischiato nella lotta salvezza. Un incubo con cui è arrivata l’ora di fare i conti, prima di sprofondare ancora più in basso.
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ROMA-ATALANTA, LE NOSTRE PAGELLE
A voltare le spalle alla Roma è stata anche la fortuna nel momento topico, puntualissimo l’ennesimo gol dell’ex dell’irriverente Zaniolo, ma l’aspetto su cui vale la pena riflettere di più è come sia cambiata la gara dopo le sostituzioni. Si alternano gli allenatori sul ponte di comando di Trigoria, ma inevitabilmente finiscono tutti per a scontrarsi con i limiti strutturali di una rosa male assemblata, con pochissimi punti di riferimento a cui aggrapparsi. Dybala vive di fiammate ma è un lontano parente del campione che una volta meritava di stare sul podio dei migliori giocatori del campionato. Dovbyk ha smesso di segnare, altri ipotetici rinforzi estivi come Soulè e Le Fée sono poco più che comparse, Pellegrini è stato messo in pausa da Ranieri non si sa fino a quando, Hummels non ha fatto in tempo a riprendere confidenza con il campo che si è fermato per infortunio, a destra continua a giocare tutte le partite Celik per mancanza di alternative. Si salvano Svilar, Mancini e Ndicka, ma è davvero troppo poco per pensare di costruire qualcosa di efficace e duraturo.
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Adesso, superato il trittico tremendo Napoli-Tottenham-Atalanta, il rischio è che in partite sulla carta più abbordabili vengano meno le energie generate dall’orgoglio e che la Roma non riesca a interpretare le sfide da bassa classifica contro Lecce, Como e Parma. Veri e propri scontri diretti da affrontare con la voglia di sporcarsi davvero le mani. Perché non è scritto da nessuna parte che se ti chiami Roma non puoi finire invischiato nella lotta salvezza. Un incubo con cui è arrivata l’ora di fare i conti, prima di sprofondare ancora più in basso.
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