Romamania: Mourinho e un addio annunciato, settimo ma amato come se fosse primo
Paolo Franci
E' vero: Josè è solo e stanco. E sul fatto che ci sia lo scollamento con la società, non è che vi siano più grossi dubbi. D'altra parte, mai una volta che un dirigente esca in mixed zone - l'area delle interviste - per supportarlo. E forse, quella camminata struggente e malinconica con tutta la squadra sotto la sua Curva, ha proprio quel significato: siamo noi e voi e basta. Ok, d'accordo. Però poi ci sono i risultati e se proprio non vogliamo guardare a quelli, guardiamo a come gioca la squadra. Occhio: non parlo di senso estetico del pallone, me ne frego altamente della bellezza del gioco, ma delle vie infinite attraverso le quali, si cerca la strada giusta verso la porta. D'accordo le assenze, d'accordo la sfortuna, però la Roma non tira mai in porta. Mai. Contro l'Inter una sola bomba di Ibanez, estemporanea e al termine di una mischia. A Monza, zero tiri se non consideriamo il regalo del portiere. Va bene una squadra brutta che (non) gioca ma si difende e riparte. Va benissimo. Ma se non crei mai, mai, mai, allora non ci siamo. E questo problema c'era anche prima della grande moria dei giocatori. E in ogni caso, d'accordo, se non crei ma porti a casa l'uno a zero, va benone anche così. Da Bianchi a Ranieri, quanto ci è piaciuto il calcio pragmatico? Però la Roma di Mourinho, in un campionato nel quale le squadre più attese hanno regalato punti a piene mani, al punto che il Napoli ha vinto il titolo in relax e a mani basse dopo aver tagliato il 27% del monte stipendi e venduto i pezzi migliori, non puoi ritrovarti al settimo posto. Si pensava che la Roma fosse ripartita con tre vittorie di fila. Sì ma contro chi? Samp, Udinese, Torino. Poi, nel Giro di Lombardia – Atalanta, Milan, Monza, Inter – la miseria di due punti che di fatto rappresentano la resa in Europa. E quel settimo posto.... Pensate che dal 2004/05, anno infausto della storia romanista che si concluse all'ottavo posto con Bruno Conti in panchina dopo aver visto sfilare altri tre allenatori (Prandelli, Voeller, Delneri), soltanto due volte la Roma è arrivata così in basso e cioè settima: nel 2011/12 con Luis Enrique e poi nel 2020/21 con Fonseca. Certo, c'è del tempo per provare a fare meglio, ma oggettivamente pare difficile raddrizzare la stagione, considerando anche i tanti infortuni e il pugno di partite che restano. In questo lasso di tempo, il meglio del meglio è arrivato con Spalletti (quattro secondi posti), Rudi Garcia (due) e Ranieri (uno) in quella maledetta annata in cui lo scudetto sfumò proprio sul più bello. Ora però, c'è l'Europa League, il Leverkusen, l'ultima Grande Speranza romanista prima di un addio a Mourinho che sembra sempre più annunciato, stando agli ultimi sfoghi del tecnico più amato dai romanisti. Settimo in classifica, ma amato come se fosse primo.