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    Romamania: il 'collapso' di Mourinho impone la rivoluzione. Ma quel cambio con Shomurodov...

    Romamania: il 'collapso' di Mourinho impone la rivoluzione. Ma quel cambio con Shomurodov...

    • Paolo Franci
    «Collapso». Cioè, collasso. Il Mou che non si dà pace né spiegazioni non è riuscito a trovare altra diagnosi. Niente che potesse spiegare il crollo della Roma rispetto a una Juve così piccola e modesta per settanta minuti da non sembrare vera. «Collapso» dice Mou, che tra le mille magagne da sistemare adesso ha anche quella, definitiva, di ciò che pareva la sindrome di Fonseca – i crolli a ritmo di rap contro le grandi – e che è invece un male radicato nella psiche di questi calciatori. Cioè, se cambia l'allenatore e il complesso di inferiorità rispetto a certe avversarie resta lo stesso, vuol dire che il problema è negli uomini. Ora è certificato, più o meno.

    Collapso, dice Mou. Però è anche vero che proprio lui che punta il dito su Shomurodov il quale, appena entrato, difende così male da lasciar scappare Cuadrado verso quel cross letale, non ha convinto per niente su quel cambio. E chiedo: perchè una punta per una punta, Felix, sul 3 a 1 e non, magari, un bel Kumbulla passando a tre dietro per chiudere ogni varco? Oppure un Calafiori che è certamente più difensivo dell'uzbeko? Perchè poi è con i cambi che Allegri ha messo ansia alla Roma, portandola al 'Collapso'. Gli è bastato smettere di giocare in dieci (Kean mai visto); piazzare l'elettrico Morata là davanti, il sonnacchioso Arthur in regia con la mossa che, a mio parere, ha mandato il centrocampo in tilt e cioè Locatelli nel ruolo di interno e incursore d'area.

    Parliamoci chiaro: anche se Allegri avesse fatto più mosse della regina degli scacchi, celebrare lui e i suoi oggi come una grande squadra improvvisamente forte, concreta e letale sarebbe errore di sopravvalutazione che Max certo non farà. Lui per primo sa che è stata la Roma a suicidarsi, forse vittima della fatal certezza di averla vinta o della paura che potesse accadere. Forse preda di un'ansia poi sfociata in errori individuali che per metterli insieme di solito ci vogliono dieci partite di una squadra mediocre. Mou ha puntato il dito sui suoi, sull'abitudine ad essere mediocri che, come dice lui, diventa una comfort zone che azzera ogni ambizione.

    Sembra avere una gran voglia di cambiare le cose e di smontarla pezzo per pezzo, quella comfort zone. Ma da qui a pensare che possa riuscire nell'impresa ce n'è di strada da fare e tutta in salita. Soprattutto, impensabile che possa farlo da solo. E in ogni caso, che questa sia una squadra da cambiare profondamente dal punto della personalità, lo si era capito da un pezzo. Vedremo.

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