Romamania:| Donovan non è Nakata
'Stiamo seguendo giocatori ovunque e siamo interessati anche ai prodotti americani'. Thomas DiBenedetto esce allo scoperto: nella Roma del prossimo anno potremo vedere oltre a Totti e De Rossi anche qualche yankee. I nomi più gettonati? Bradley del Borussia Monchengladbach ed il 'Galaxy' Donovan, of course. Ma anche l'attaccante Juan Agudelo dei New York Red Bulls, Timothy Chandler del Norimberga, Brad Guzan dell'Aston Villa e Sacha Kljestan dell'Anderlecht. Li leggete da soli. Nomi per lo più sconosciuti, militanti in squadre non eccelse. La stella in questa lista è il 29enne Landon Donovan, il quale ha giù accumulato esperienze tutt'altro che lusinghiere in Europa con le casacche del Bayer Leverkusen, Bayern Monaco ed Everton.
Un acquisto del genere, onestamente, apparirebbe funzionale soltanto per ragioni di marketing. Un'operazione simile a quella che portò Nakata alla Roma nel 2000. Ma allora Hide era considerato il calciatore asiatico più forte di tutti i tempi, già testato con successo nel campionato italiano dal Perugia. Per un anno e mezzo, grazie alla sua presenza, l'Olimpico ha rappresentato un ritrovo per i turisti giapponesi ed una fonte di guadagno straordinaria ai botteghini; mentre a livello sportivo fu la classica ciliegina sulla torta, in una squadra già consolidata e pronta al successo. La situazione oggi, è chiaro a tutti, è completamente diversa. La rosa è da rifondare, ed i Donovan o i Bradley di turno appaiono un lusso evitabile.
Oltretutto negli Stati Uniti il calcio è ancora considerato uno sport minore (va più di moda seguire quello femminile) e ne consegue che il loro eventuale arrivo non potrà né offrire una spinta maggiore alla riconoscibilità del marchio giallorosso né aumentare il tasso tecnico del team. DiBenedetto, dunque, ragioni con calma. Un passo alla volta. Grazie al supporto di validi dirigenti come Sabatini e Baldini, la Roma, nel giro di due-tre anni, avrà le carte in regola per tornare ai fasti di dieci anni fa. Il mercato facciamolo fare ai professionisti del settore, soltanto così in un futuro ci potrà essere spazio anche per gli 'american boy'. Adesso occorrono 'giocatori di calcio'. E basta.