Romamania: Colpevoli, quindi assolti
Centoquindici milioni di euro spesi in due anni hanno portato ad un settimo ed ad un sesto posto in campionato. La Roma ha poi perso la finale di Coppa Italia nel derby più importante, ma era improbabile pronosticare una conclusione diversa. La società è amministrata male, sono stati bruciati tre allenatori e, nonostante il flusso dei denari derivato dalla società americana, il d.s. Walter Sabatini ha fallito due campagne acquisti.
Pensate che il presidente James Pallotta gli darà addirittura l’opportunità di curarne una terza (perseverare è diabolico) perché in mezzo ai vari Josè Angel, Kjaer, Heinze, Castan, Piris, Torosidis, Balzaretti, Dodò, Marquinho, Pjanic, Bradley, Tachtsidis, Gago, Borini, Lamela, Destro, Bojan, Stekelenburg e Goicoechea ha pescato dal mazzo Marquinhos, l’unico spiraglio di luce sommerso in un buio mozzafiato.
Nel mare di questo caos, la Roma si purifica dalle proprie colpe. I dirigenti sono confermati, pur persistendo ancora un dubbio legato al d.g. Baldini. Ad oggi, tuttavia, paga soltanto Andreazzoli, al quale è stata offerta pure la possibilità di rimanere a Trigoria. Mentre la cessione più probabile è quella di Osvaldo, capocannoniere della stagione. I tifosi sono infuriati. Tre anni fa la società era vicina al fallimento, ma con un budget limitato era riuscita a ottenere un paio di secondi posti, due Coppe Italia e una Supercoppa.
La differenza è tutta nella qualità dell’apparato dirigenziale: all’epoca c’era Daniele Pradè. Certo di errori ne ha commessi anche lui, vedi l'ingaggio di Adriano, ma con un portafoglio limitato è sempre stato artefice di campagne acquisti soddisfacenti. Pradè ha dimostrato successivamente la propria dimestichezza nella Fiorentina dove è riuscito ad ingaggiare molti giocatori che erano all’epoca nel mirino della Roma, tra tutti Borja Valero e Savic. Ha riportato in auge Pizarro, cacciato da Zeman, e Aquilani, venduto nel 2009 per esigenze di bilancio. Di sicuro, In questi due anni si è trascurato troppo l'aspetto sportivo, utilizzando la maggior parte delle proprie risorse nel tentativo di valorizzare il brand. Peccato però per il fatto che se la squadra è perdente, lo è automaticamente pure il marchio.