Roma-Milan nel segno di Liedholm: Spalletti e Montella, si vince così
Richiamandoci alla storia di alcune particolarità di Roma-Milan possiamo cercare di capire con questi tratti del passato la partita di oggi. C’è un filo conduttore preciso che viene da lontano, dalla metà degli anni ’70 e viaggia sull’asse Roma-Milano portato alla luce da un maestro chiamato demiurgo: è il gioco dato dalle teorie di Liedholm. Lo stesso gioco che oggi caratterizzerà i principi tecnici e tattici del Roma-Milan edizione dicembre 2016. L’impostazione che Liedholm diede tanto alla Roma quanto al Milan era del gioco di costruzione. Un impianto con i terzini che scendono, la prevalenza sulla grande cultura di centrocampo (perché il centrocampo è l’Accademia della Crusca di una squadra, ne definisce il linguaggio tecnico), l’uso di tanti giocatori offensivi nel pensiero e nel ruolo e la costruzione centrale e ultra trentennale della difesa in linea a quattro. Il vero architrave della filosofia delle due squadre (perché la difesa è l’anima di una squadra, il cuore che pulsa) applicata sempre fino a oggi dalla Roma e sublimata a livelli mondiali dal Milan di Sacchi, Capello, Ancellotti. Tutto questo impianto storico-tattico è oggi presente all’Olimpico. Le variazioni certo sono notevoli e in linea con gli sviluppi (o i regressi) tattici del calcio contemporaneo, ma i principi sono di Liedholm non c’è dubbio. Allora in questo palleggio tra passato e presente che l’universo del pallone ci offre (mai a caso) vediamo l’impianto tattico di Spalletti e Montella e come intendono affrontarsi: Il Milan ha una differenza nella struttura gioca sempre il 4-3-3, la Roma varia le posizioni con interscambi interni. La squadra di Montella sarà stretta tra le due linee di difesa e centrocampo curando la sincronia dei movimenti con i due giovani talenti italiani Romagnoli e Locatelli, e poi giocherà il contropiede lungo con i suoi eccellenti attaccanti. Un problema: mancano Kucka e Bonaventua, quindi sono carenti gli inserimenti da seconda linea. A Pasalic e Bertolacci sarà affidato questo compito, ma i movimenti sono meno diretti e mancano i colpi di testa dello slovacco sul gioco alto avversario. Una possibile sorpresa tattica: Honda (al posto di Niang, se non recupera) e un gioco ancora più stretto darebbe fastidio alla Roma.
La Roma ha un principio interessante: dentro il 4-2-3-1 muoverà sullo scacchiere i suoi giocatori tecnici per disorientare la struttura fissa del Milan e lavorare negli spazi tra i difensori e i centrocampisti con rotazioni continue. In fase di possesso avremo 4-2-4 con Perotti, Nainggolan, Dzeko ed El Shaarawy o Peres (stesso lavoro con la Lazio) alti e poi 3-4-2-1 con la rotazione della difesa, Emerson che sale a centrocampo l’altro esterno più basso che parte da lontano e Perotti e Nainggolan tra le linee dietro a Dzeko e pronti ad affiancarsi a lui nello spazio vuoto dove andrà il pallone dopo lo scambio. Per vincere la Roma deve ruotare i suoi giocatori offensivi velocemente e con precisione nei passaggi, mentre il Milan per uscire con i tre punti deve aspettare e sulla partenza della rotazione della Roma inserire centrocampisti e punte, Suso e Lapadula osservati speciali.
Questa partita è storia e una teoria, quella dei 10. Sempre il Milan ha avuto un grande dieci che sapesse dare arte al gioco, appunto costruirlo. Su tutti ha magnificato questo ruolo Rivera. La Roma ha avuto e ha Totti a esprimere l’arte del gioco di prima che non ci sarà per influenza. Alla gara del gioco mancherà così l’ultimo suo principio: l’arte di costruire e tessere le trame. Anche senza questo tratto il campionato le chiama a una responsabilità chiara. La responsabilità di assumere un ruolo definitivo nel teatro dello scudetto, quello di rivale del più forte.