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Inzaghi è mister derby nonostante Orsato, Spalletti finisce male
Ma Simone Inzaghi è mister derby anche per molte altre cose. Perché ha vinto il più importante, questo, che issa la Lazio al quarto posto assoluto e taglia fuori definitivamente la Roma dallo scudetto (meno 9 dalla Juve), mettendo a repentaglio anche il secondo posto dei giallorossi.
E’ mister derby perché l’ha vinto con due gol di Keita e senza quelli di Immobile, influenzato e mandato in panchina a pochi minuti dall’inizio.
Simone è mister derby perché la Lazio ha vinto nonostante gli errori dell’arbitro Orsato che l’hanno pesantemente penalizzata nel primo tempo.
Ed è mister derby perché, ancora una volta, ha ottenuto la partita che aveva impostato (3-5-1-1 con riparetenze fulminanti), mentre Spalletti si dibatteva tra un modulo (4-2-3-1) e un altro (3-4-2-1) per poi tornare a quello iniziale, sbagliando i cambi (il primo sarebbe dovuto essere Perotti per El Shaarawy e non Bruno Peres) e affidandosi alla fine a Totti, come fosse un’immaginetta. Non poteva esserci derby peggiore per il capitano: venti minuti complessivi, compreso il recupero, per dare qualche idea ad una Roma sfiatata. Ma quando è entrato lui (al posto dell’infortunato Fazio), la squadra si è definitivamente sbilanciata, subendo anche il terzo gol (Keita) e rischiando di prendere il quarto (Milinkovic-Savic).
E’ stato un derby aperto, ma non bellissimo (tranne, ovviamente, per chi l’ha vinto). La Roma l’ha cominciato meglio e avrebbe potuto segnare subito (2’) se prima Dzeko (servito da Strootman) e poi Salah (azione da destra) non avessero trovato sulla propria strada Strakosha doppiamente decisivo.
La Lazio ha avuto la capacità di reggere l’urto iniziale della Roma e poi di riproporsi in avanti con i guizzi esiziali di Keita. Il primo gol (all’11’) ha messo in mostra la sua rapidità, almeno doppia rispetto a Fazio, saltato nell’uno contro uno, e a Emerson, anticipato con il tiro di sinistro che ha sorpreso Szczesny (palla tra le gambe di Emerson).
Il vantaggio ha avuto il potere di cambiare la partita. La Roma si è persa, mentre la Lazio ha preso a viaggiare con fluidità e movimenti collettivi. Szczesny è stato impegnato da una conclusione da fuori di Parolo (azione insistita di Keita), poi Inzaghi è stato costretto a cambiare. Fuori Lukaku (che aveva saputo di dover giocare pochi minuti prima dell’inizio) e dentro Felipe Anderson, con Lulic spostato sull’esterno e Milinkovic Savic a centrocampo.
Il primo tempo sarebbe finito con il vantaggio della Lazio se al 44’ l’arbitro Orsato non avesse inventato un calcio di rigore a favore della Roma. Wallace, un po’ scomposto, è intervenuto senza colpire Strootman, ingannando Orsato che ha decretato il rigore (trasformato da De Rossi). Decisione strampalata e con un’aggravante. Al 15’ del primo tempo Lukaku era venuto a contatto con Fazio che lo aveva steso dentro l’area. Rigore poco visibile (lo si appura solo dal replay), ma più concreto di uno inesistente.
La Roma del secondo tempo è stata tutta in una conclusione di Dzeko, assist di Salah, da dentro l’area, sventata da Strakosha (terzo intervento decisivo). Forse quella rete avrebbe potuto cambiare il derby, ma due minuti dopo, con la Roma sbilanciata in avanti, Basta ha riportato avanti la Lazio. Sul suo tiro, c’è anche la deviazione di Fazio, ma dire che la Lazio non meritasse il vantaggio (soprattutto in considerazione degli errori di Orsato) non sarebbe giusto.
Tanto più che la squadra di Inzaghi in contropiede è stata pericolosa ancora prima del terzo gol. Felipe Anderson, per esempio, lanciato da Biglia, ha preferito il tiro (sventato da Szczesny), anzichè il passaggio a Basta, solo nell’area del portiere.
A sei minuti dalla fine, il sigillo. Lulic, lanciato da Milinkovic Savic, s’inventa un contrattacco in campo aperto. Entra in area, finge il tiro, Rudiger (poi espulso) abbocca. Assist per Keita che chiude. Spalletti, come Totti, finisce male. Inzaghi vive il trionfo.