Roma, Montella:| Il suo metodo in 5 punti
Gli abbracci di Vincenzo Montella ai suoi ex compagni, spontanei e in pubblico, sono la sintesi del nuovo corso, appena iniziato, a Trigoria. La Roma si vuole bene ed è già qualcosa. La vittoria di Bologna si festeggia proprio come il gol segnato. Il gruppo che si ritrova e si riconosce in campo, l'allenatore che è l'ex centravanti della squadra di dieci anni fa e che si lega agli altri giocatori come se il tempo non fosse passato. Si danno del tu, perché sono tutti, o quasi, coetanei, perché si vedono tutti i giorni, o quasi, da anni. Ognuno sa limiti e pregi dell'altro, spigolature caratteriali e psicologiche. Il bluff, insomma, non regge nello spogliatoio dell'Aeroplanino. Qualche nuovo scontento c'è: scontate la delusione e la rabbia di Julio Sergio per l'improvviso accantonamento. Qualche rapporto mai decollato rimane: il feeling minimo tra Vucinic e Borriello che poco si sopportano. Sino a fine stagione, però, bisogna saper convivere senza individualismi e isterismi. Seguendo le linee guida del tecnico appena promosso. Che, dopo averle annunciate ai media e agli interessati, le ha messe subito in pratica. Con il sorriso. Eccole.
1) Il ritorno al 4-2-3-1. Per agevolare la lettura tattica di ogni incontro, Montella ha virato in modo netto sul vecchio sistema di gioco. Il preferito dal gruppo e dallo staff. Non ha misteri per nessuno, essendo stato utilizzato con successo nell'éra Spalletti. Il nuovo allenatore ha promesso anche piccole variazioni, magari in corsa. Ma senza mai stravolgere l'assetto per evitare confusione approssimazione. Meglio andare sul semplice, con i movimenti conosciuti meglio. Ovviamente con leggere modifiche, rispetto al passato spallettiano. Difesa addirittura più alta e squadra di conseguenza più corta, con reparti sempre vicinissimi, e terzini meno larghi sulle fasce, soprattutto in fase difensiva.
2) Ruoli definiti. Montella predica chiarezza sulla questione tattica. E si confronta con giocatori e collaboratori. Conosce così bene i suoi ex compagni che, se non in casi di assoluta emergenza, mai andrebbe a collocare in zone del campo a loro non congeniali. Era una cosa che, da calciatore, non sopportava. Basta pensare a Totti, nuovamente punta centrale, a Vucinic tornato esterno d'attacco, a Menez che si deve considerare innanzitutto l'alternativa al montenegrino e in qualche caso anche a Taddei, a Simplicio e Brighi trequartisti, in attesa di Perrotta, a De Rossi e Pizarro, coppia di mediani che torna a essere quella bocciata da Ranieri e che si divide i compiti, il primo assaltatore e interditore, il secondo regista e palleggiatore. Dietro, la difesa a quattro, poche alternative, in particolare sulle fasce. Con Riise che è da rigenerare.
3) Preparazione più aggressiva. Non è più quella del professor Capanna, blanda e conservativa, né quella esagerata di Spalletti e Baldini. Bertelli, su input di Montella, sceglie la via di mezzo. Ma l'intensità sale. E anche il ritmo cresce. E si ritorna in palestra. Marra, preparatore appena entrato nello staff, si dedicherà alle distanze brevi. Insomma c'è la ricerca della brillantezza, della velocità e, naturalmente, della tenuta.
4) Doni e Pizarro riabilitati. Montella ha voluto coinvolgere subito i due senatori. Considera il primo, lo ha detto anche dopo la gara vinta a Bologna, il più bravo dei suoi tre portieri. Forzandone il rientro, vuole far sentir nuovamente importante il secondo.
5) Serenità e dialogo. Finalmente, a Trigoria, si parla. Si discute, prima e dopo una seduta di lavoro. Si comunica. Si affrontano i problemi, a quattr'occhi o tutti insieme, senza più sotterrarli, negarli o ignorarli. Il lavoro è di squadra e non è solo una questione di tattica.
(Il Messaggero)