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Roma, giocano sempre gli stessi: le colpe di Pallotta ricadono su Spalletti
SEMPRE GLI STESSI - Quando sta bene, quando le gambe seguono la testa, la Roma gioca un calcio splendido, concreto, divertente. Quando perde energie e lucidità si scioglie, come neve al sole. Inutile girarci troppo intorno, la coperta è corta, per il tipo di gioco di Spalletti, estremamente dispendioso, serviva una rosa più ampia, una panchina più lunga. L'ex allenatore dello Zenit a gennaio aveva richiesto rinforzi, avevo domandato giocatori pronti (Defrel e Gomez), non è stato accontentato. Motivo per il quale è stato e sarà costretto a far giocare sempre gli stessi.
POCHE SCELTE - La Roma ha 13 titolari, stop. In difesa, se viene a mancare uno tra Rudiger, Fazio o Manolas sono guai. Né Vermaelen, né tantomento Juan Jesus danno le giuste garanzie. In mezzo la situazione è peggiore. A parte Paredes, l'alternativa a De Rossi e Strootman sono Gerson, quasi ceduto al Lille e ormai diventato desaparecido, e Grenier, che da quando è arrivato ha totalizzato un minuto, contro la Fiorentina. In attacco Dzeko è cotto, dovrebbe riposare ma non c'è un vice. Non lo può essere Totti, potrebbe diventarlo (un deja vu) Perotti, che però si sta esprimendo su livelli inferiori a quelli della scorsa stagione. Restano Mario Rui ed El Shaarawy, che per ragioni diverse non sono affidabili. Spalletti prima di scegliere valuta quello che ha a disposizione. E se la Roma uscirà dalle Coppe non può essere considerato il colpevole.