Forse sbaglierò, ma ho la netta impressione che Garcia voglia farsi licenziare dalla premiata ditta Pallotta. Se è una cosa a livello inconscio o se si tratti davvero di una strategia, non saprei. Ma c’è qualcosa nel suo comportamento nell’anno nuovo che mi porta su quella strada. Cominciando dalla strana esclusione di Totti, nemmeno convocato per il viaggio a Verona nonostante avesse dimostrato la sua disponibilità a giocare dopo un’assenza che dura ormai dal 20 settembre dell’anno scorso. Conosco abbastanza bene Francesco per sapere che non farà alcuna polemica, ma proprio perché lo conosco sono sicuro che non sia felice. Certo il secondo gol di Sadiq illumina almeno parzialmente l’ennesimo sciagurato pareggio con il Chievo. E forse c’è anche qualcosa di trascendentale nel gol di Pepe, ex romanista, visto da nessuno tranne che dall’occhio di falco. Ma quando Garcia ha fatto l’ultimo cambio, mandando in campo Tumminello, dopo avere utilizzato il marcantonio Gyomber e il figlio di Di Livio, il messaggio più o meno subliminale mi è apparso chiaro. E’ come se il tecnico francese avesse voluto spedire un avviso alla società: guardate come mi costringete a giocare. Come si fa a competere per lo scudetto con i ragazzini della primavera? L’ennesimo infortunio muscolare di cui è rimasto vittima ancora una volta Salah, apre un’altra ferita nei rapporti tra tecnico e società. Perché da una parte c’è Garcia che non si fida più dello staff (medici, preparatori, dirigenti a vario titolo) mentre dall’altra c’è Pallotta che a Boston scalpita perché in cuor suo avrebbe già mandato qualcun altro sulla panchina. Sullo sfondo di questa vicenda vagamente surreale, non va sottovalutata la questione dello stadio che sta subendo intralci insostenibili per la mentalità degli americani. No stadio no party, direbbe George Clooney. Occhio alla Borsa.