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    Roma, disastro che ha quattro colpevoli: il principale è Spalletti

    Roma, disastro che ha quattro colpevoli: il principale è Spalletti

    • Giancarlo Padovan
    Roma fuori dalla Champions (0-3 in casa con il Porto) e Roma sotto processo per una sconfitta che rende il calcio italiano ancora più piccolo di fronte all’Europa.  Una disfatta dolorosa e quattro colpevoli da non assolvere.

    Il primo è Juan Jesus che si fa sorprendere dal colpo di testa di Felipe (quello dell’autorete dell’andata), dopo una manciata di minuti dall’inizio della partita.

    Il secondo è Daniele De Rossi, espulso sul finire di primo tempo, dopo un’entrata assassina, inutile, frustrante su Maxi Pereira. 

    Il terzo è Emerson Palmieri, cacciato all’inizio della ripresa, dopo che aveva preso il posto di Paredes, in flagranza di reato addirittura più grave di quello di De Rossi: fallo gravissimo su Corona.

    Tuttavia non sarei un critico onesto se omettessi di chiamare sul banco degli imputati anche Luciano Spalletti che io, peraltro, reputo uno dei migliori allenatori italiani. A mio giudizio ha sbagliato almeno tre mosse di formazione e un cambio nella ripresa.

    La prima: De Rossi arretrato a centrale di difesa, con Juan Jesus esterno, è stato un azzardo. Delle due l’una: o Juan Jesus fa il centrale, assieme a Manolas, con Emerson esterno. O De Rossi gioca centrale con Juan Jesus in panchina.

    Secondo errore: Paredes centrale di centrocampo. Ora, è vero che il calciatore aveva fatto benissimo con  l’Udinese e che ha un grande avvenire davanti a sé, ma forse due partite nel giro di tre giorni per lui sono ancora troppe. Soprattutto se una è decisiva per il futuro di squadra e società.

    Terzo: la scelta del portiere, fortemente voluto dall’allenatore. Szczesny è nettamente inferiore ad Alisson, portato da Sabatini. E se sul primo gol è stato solo corresponsabile, sul secondo - quello che ha chiuso la partita - è stato protagonista di un’uscita sconsiderata  che ha spalancato la porta a Layun.

    Capitolo cambi: quando la Roma è rimasta in nove uomini, non ha avuto alcun senso togliere Dzeko per inserire Iturbe. Non perché il bosniaco avesse meritato di proseguire la gara, ma perché con il suo fisico poteva essere raggiunto da palloni lunghi, quelli che si lanciano per guadagnare campo, provvedendo a far salire la squadra.

    Nella Roma, eliminata dalla Champions e retrocessa in Europa League, non ha funzionato nulla fin dal principio. Avrebbe dovuto fare la partita e invece ha concesso al Porto spazio e tempo, aggredendolo poco e male, anzi, incoraggiandone le sortite seppure, in genere, da calcio da fermo. Eppure si sapeva che la pericolosità portoghese discendeva da questo.

    A parte Nainggolan e Strootman, hanno deluso tutti, cioé ha deluso la squadra. Ed è quasi incredibile dover parlare in questi termini del lavoro di Spalletti, sempre attento al collettivo e alle sue più delicate connessioni. 

    Roma spenta e soprattutto infarcita di errori sia in fase di costruzione (ecco perché dico che è mancato Paredes), sia in fase difensiva. Poco il movimento senza palla, basso il ritmo. Ciò ha favorito un Porto modesto, ma organizzato in linee difensive strette e compatte.

    Il primo gol ha spento la luce e acceso istinti suicidi. Arrivare all’intervallo sotto di un gol sarebbe stato fondamentale per provare a riprendere la partita dopo un duro confronto nello spogliatoio. Invece De Rossi ha rovinato tutto andando a rovistare negli angoli più riposti della sua psiche da guerriero aggressivo.

    In un finale agonizzante, Corona ha trovato ancora il modo di fare gol, rendendo il passivo quasi umiliante. Brutta Roma in pessimo calcio. Questo è il vero problema da cui bisogna uscire in fretta. E, possibilmente, non solo quando si gioca in Italia.        

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