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Roma, il ritiro fa bene a Di Francesco: ecco i retroscena della trasformazione
CONFRONTI A MUSO DURO - Sin da domenica notte, dopo la sconfitta col Bologna, a Trigoria sono andati in scena una serie di confronti tra l’allenatore e il resto della squadra. Toni alti, qualche piatto rotto (come metafora ovviamente). Ma nessun insulto, solo tanto rispetto e tanta rabbia per come stavano andando le cose. Di Francesco ha fatto presente ciò che non gli piaceva su tutti l’atteggiamento; i giocatori (alcuni di essi) hanno fatto notare al tecnico alcuni difetti su modulo e idee. Eusebio ha ascoltato, senza subire.
LA FIDUCIA DEI SAGGI - Da qui ha avuto il pieno sostegno dei senatori: da Kolarov a Dzeko passando per Manolas, Fazio e ovviamente De Rossi. “Siamo tutti col mister”, il senso del messaggio ai giovani. Tutto questo mentre fuori da Trigoria si scatenava il putiferio mediatico tra chi voleva la testa di Di Francesco e chi chiedeva quella di Monchi. Lo stesso ds è voluto restare a Roma, saltando l’incontro a Madrid con gli altri manager, per mettersi da scudo all’allenatore. “Lui resta qui, non si muove”, il senso del suo discorso.
IL PESO DEI SOCIAL - Altra mossa vincente quella di far leggere ai giocatori le migliaia di insulti arrivate a loro e al club in quei giorni di fuoco. Di Francesco ha preso quella rabbia e l’ha trasformata in stimolo. Da quella rabbia nasce l’esultanza di Lorenzo Pellegrini dopo il gol di tacco al derby.
UN MODULO PER TUTTI - Di Francesco si è tolto l’abito di integralista, e come ha specificato lui “ho cambiato il mio 4-3-3”. Facendolo diventare un 4-2-3-1 con pedine interscambiabili. Dopo gli esperimenti di inizio stagione, quindi, ecco il modulo che piaceva a tutti a Trigoria. E i risultati sono arrivati: la difesa subisce meno (1 solo gol nelle ultime 3), in attacco si vola (12 gol fatti) e ogni giocatore ha il suo perfetto alter ego in panchina. Fondamentale poi lo spostamento sulla trequarti di Pellegrini che ha dato quella imprevedibilità che mancava.