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    Rocchi: 'Il Var non è la moviola! Ecco cosa bisogna fare per renderlo migliore'

    Rocchi: 'Il Var non è la moviola! Ecco cosa bisogna fare per renderlo migliore'

    Gianluca Rocchi, unico arbitro italiano a calpestare i prati verdi del Mondiale di Russia 2018, numero uno dei fischietti tricolore, parla a la Repubblica: "Se il Var ci piace? Ho fatto quattro derby di Roma col cappio al collo, stavo tre notti sveglio: prima durante e dopo. Gli ultimi due invece, col Var, me li sono goduti. Non c’è arbitro che possa essere contrario".

    E averlo cambia l’approccio?
    "No. Il mio obiettivo è non usare la tecnologia: cerco di non averne bisogno, di recente ci son riuscito. Ma so che se devo usarla, mi ripara un errore. È un vantaggio, se lo vedi come un muro lo userai sempre male".

    Eppure tanti si lamentano.
    "Il vero problema è la linea di intervento. Su questo, tutti ci lasciamo le penne: a volte sei troppo interventista, altre troppo poco. Da Var puoi creare una tensione all’arbitro o puoi levargliela. Ma nella cabina sei solo, con un assistente, ed è difficile capire il momento. Nei raduni ci diciamo sempre che il Var non deve essere amico dell’arbitro. Se gli vuoi bene rischi inconsciamente di non volergli far fare una figuraccia e non correggi un errore che potrebbe salvargli la partita. Ma il Var non è la moviola: deve riparare il chiaro errore, non infilarsi in situazioni discutibili".

    Più facile fare l’arbitro o il Var?
    "L’arbitro lo faccio da 30 anni, è la cosa con cui sono cresciuto: vai d’istinto, devi fidarti dell’impressione. Il Var è concettualmente l’opposto: vedi una cosa e poi fai una ricerca analitica, quasi maniacale su telecamere e angolazioni per trovare ciò che non hai visto. Un classico errore da Var, e mi è successo, è che vedi una cosa e dici: rigore. E se l’operatore non è bravo a darti subito l’immagine con l’angolazione giusta per valutare da un’altra prospettiva, puoi sbagliare.I Var migliori sono quelli che riescono ad andare alla ricerca di queste cose qui".

    E chi sono?
    "Verrebbe facile dire che il più bravo è Irrati visto che è anche stato scelto per la finale dei Mondiali. Poi i giovani sono più bravi dei vecchi, forse perché più aperti".

    Un arbitro bravo come usa la tecnologia?
    "Dopo aver deciso devi aprire la mente e dire subito: avrò mica sbagliato? Sennò magari rischi di convincere il tuo collega al Var che hai ragione tu e lo porti in errore o gli togli la forza di intervenire. Poi, devi essere bravo a richiudere la mente senza farti condizionare dall’aver visto male".

    Lei scinderebbe i due ruoli?
    "Il segreto dei Mondiali, arbitrati molto bene, è anche che chi faceva il Var faceva solo quello: scinderli ha funzionato. Ero dubbioso, molti arbitri il Var non lo avevano usato mai. Ma nella cabina, in quattro, è stato più facile essere omogenei".

    Oggi al "chiaro errore" è stato aggiunto l’aggettivo "obvious", evidente: cosa cambia?
    "Nulla, rafforza il concetto. Ma ciò che per me può non essere chiaro errore magari per l’allenatore o il tifoso lo è perché gli cambia la partita. È la soggettività".

    Come nei falli di mano?
    "Il regolamento oggi parla di volontarietà e io devo seguire quello. Ma se lo stesso intervento per me è volontario e per un mio collega no, chi ha ragione? Tutti e due, o nessuno. Così chi vuol far polemica ci si inserisce facilmente".

    Le piace il Var in Champions?
    "La Champions è il torneo dove si gioca meglio, più è alta la qualità più è facile arbitrare. Se in A un errore pesa 80, lì pesa 100".

    La Figc sceglie il presidente, e per il futuro si parla di togliere il voto agli arbitri.
    "Non voglio far politica. Dico che gli arbitri devono essere valutati dagli arbitri. L’autonomia è una cosa indispensabile".

    Favorevole a spiegare gli errori in tv?
    "Oggi la comunicazione è centrale, ma non tutti abbiamo spalle larghe per spiegare un errore: un giovane di fronte all’errore in tv può andare in difficoltà, va protetto".

    I giocatori più difficili da arbitrare?
    "Chi esaspera: non i simulatori, ma chi crea tensioni dove non ci sono".

    Il più leale?
    "Maldini, forse la mia prima a San Siro. Fischio un fallo contro il Milan, i giocatori mi vengono contro e lui: ragazzi tranquilli, ha visto bene".

    C’è un ruolo che le piace?
    "Il portiere. È come l’arbitro, se sbaglia, paga. Mi sento affine".

    Come si decide di diventare arbitro?
    "Passione, magari ti accorgi di non essere bravo abbastanza a giocare e scegli un punto di vista nuovo. Io ho deciso a 15 anni: non avevo grande senso di giustizia, ora è forte. Serve: la gente s’arrabbia solo se vede che sei disequilibrato".

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