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Robben, il calcio ha bisogno di bellezza: non è ancora il momento di ritirarsi
"Non ho ancora deciso il mio futuro ma, nel caso non dovesse arrivare un'offerta che possa convincermi al 100 per cento, allora mi fermerò". Con queste parole, rilasciate nel corso di un'interista alla rivista Kicker, Arjen Robben, all'alba delle sue 35 primavere, svela quelli che sono i suoi piani per il futuro. Dichiarazioni che, per chi ama il calcio, mettono malinconia. Pensare infatti ad un ipotetico ritiro del giocatore ex PSV, Chelsea e Real Madrid, in forza al Bayern Monaco da circa una decade, fa subito scattare quella nostalgia di un calcio che fu, fatto di giocatori unici capaci di far emozionare con le loro giocate.
L'olandese di cristallo - soprannome affibbiatogli a causa dell'alta propensione agli infortuni - è stato uno di questi. Un mix unico di eleganza, rapidità e tecnica. Ha girato l'Europa vincendo ovunque, dall'Olanda alla Spagna all'Inghilterra, fino alla fredda Germania, laddove si è definitivamente affermato come il giocatore che tutti conoscono. Tuttavia, la sua carriera è stata contraddistinta - anche a causa dei tanti incidenti - da continui alti e bassi che gli hanno fatto toccare picchi di rendimento altissimi salvo poi cadere sul più bello, spesso nei momenti decisivi. Nel dicembre 2000 esordisce con la prima squadra del Groningen per poi passare al PSV dopo due sole stagioni. Nel 2004, al termine di due anni in cui vince un campionato e il premio di "miglior giovane dell'Eredivisie", viene acquistato dal Chelsea dell'ambizioso Roman Abramovich che sborsa ben 18 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni del giovane olandese. Prestazioni che non stentano certo ad arrivare, anche se per vedere barlumi di "vero Robben" bisognerà attendere il mese di novembre.
Il 6 novembre 2004 a Stamford Bridge si gioca Chelsea-Everton. Robben va vicino al gol in più di un'occasione, sia nel primo che nel secondo tempo, senza mai però centrare il bersaglio grosso. Non sembra una di quelle partite in cui le reti rimarranno inviolate e infatti, quando sul cronometro i minuti sono 72, un preciso lancio in profondità di Gudjohnsen - dettato da un bel taglio di Robben - riesce ad innescare la velocità dell'olandese di cristallo che, portando avanti il pallone fino al limite dell'area piccola ad una velocità impressionante, batte il portiere con un morbido pallonetto d'esterno sul palo lontano.La partita finisce 1-0 e la Premier League dà il suo benvenuto all'albo dei marcatori ad Arjen Robben. Contro il Newcastle, in Coppa di Lega, si assiste ad un altro capolavoro dell'olandese che, dopo aver ricevuto un passaggio sulla fascia sinistra poco più avanti della linea di centrocampo, si invola palla al piede verso la porta avversaria ad una velocità che solo lui conosce e, dopo una corsa di cinquanta metri seminando avversari come fossero birilli, si presenta dinanzi al portiere e lo batte con un bel diagonale rasoterra.
Passano alcuni giorni e il Chelsea è atteso dalla trasferta contro il Fulham. La partita termina 0-3 per i blues ma quello che salta all'occhio, oltre al risultato rotondo, è la presenza in campo di un giocatore totalmente differente. Robben confeziona due assist e un goal di inesplicabile bellezza tecnica. I tifosi del Chelsea iniziano ad abituarsi ai suoi goal da cineteca, ma Arjen inizia a conoscere la sola ed unica cosa in grado di limitarlo - compito che ai difensori non riesce più di tanto - ovvero gli infortuni. Nel 2005 si infortuna gravemente ed è costretto a rimanere fuori dalla corsa al titolo del Chelsea. L'anno successivo segna 6 goal e contribuisce al "back-to-back" dei Blues.
Nel 2007 viene acquistato dal Real Madrid, dove conquista la Liga al primo anno, segnando anche il gol decisivo del momentaneo pareggio all'ottantasettesimo minuto contro l'Osasuna. Con i blancos, Robben si afferma definitivamente nel ruolo in cui farà scuola per il resto della carriera, ovvero quello di esterno a piede invertito con licenza di convergere verso il centro. Questo grazie alla sua straordinaria capacità di correre velocemente palla al piede e dribblare col suo sovrannaturale sinistro in spazi ridottissimi ogni tipo di avversario, concludendo il tutto con un tiro - a giro o di potenza - sul secondo palo. L'esperienza madrilena dura però solo due anni e nel 2009 il Bayern Monaco annuncia di essersi assicurato le prestazioni dell'olandese di cristallo.
Con i bavaresi Robben esplode definitivamente. Nella stagione 2009/2010, a chi ancora non si era accorto di lui, Robben dimostra tutto il suo immenso valore. Trascina il Bayern Monaco ad un soffio dal Triplete, sogno infrantosi solamente in finale di Champions, dove l'Inter di Josè Mourinho riesce a battere la compagine tedesca grazie a una doppietta del Principe Milito. Tuttavia, in quella stagione Robben colleziona prestazioni di altissimo livello, segnando con regolarità e col suo inconfondibile marchio di fabbrica, ormai celebre come "Robben move". In tutto questo, entra in gioco quello che è stato il secondo fattore - oltre agli infortuni - a limitare la sua ascesa verso l'olimpo del gioco: quella che in Brasile, dopo il Maracanazo del 1950, chiamerebbero "paura di vincere". La maledizione di un vincente che, in alcuni momenti topici della carriera dove avrebbe potuto e dovuto essere decisivo, ha tradito le attese.
Nel secondo tempo della finale mondiale del 2010 contro la Spagna, Robben ha l'occasione per portare l’Olanda in vantaggio ma, a tu per tu con Casillas, spara addosso al portiere spagnolo.
Qualche minuto dopo la storia si ripete e, ancora una volta, l'esterno olandese esita una frazione di secondo di troppo e si divora l'opportunità di far esplodere di gioia i suoi tifosi. Gol mangiato, goal subito e così, ai supplementari, è Don Andrès Iniesta a regalare la vittoria alle furie rosse, mentre per Robben e per l'Olanda i sogni di gloria si sciolgono come neve al sole. L'anno dopo, il 2011, è il peggiore sotto il profilo dei risultati per Robben. Ad aprile, contro il Borussia Dortmund - in quel momento al comando della classifica - Robben sbaglia un rigore che costa la Bundesliga al Bayern Monaco. Il 12 maggio, nella finale di coppa di Germania sempre contro il Borussia Dortmund, dopo che proprio Robben aveva segnato il rigore del momentaneo pareggio, i bavaresi perdono 5-2. Una settimana dopo, è la volta della finale di Champions. L'avversario è il Chelsea, ex squadra dell'olandese di cristallo. Quando il punteggio è sull'1-1, Robben avrebbe la possibilità di portare in vantaggio il Bayern sempre dagli undici metri. Ma i fantasmi tornano a disturbare la mente dell'olandese che infatti calcia e sbaglia.
Sembra l'inizio dell'oblio, ma nella stagione successiva Arjen si riprende tutto con gli interessi. L'avvento di Heynckes sulla panchina bavarese cambia le gerarchie di formazione e Robben, inizialmente, non parte più come titolare. Tuttavia, dopo una serie di eventi - fra i quali l'infortunio del tedesco Kroos - Robben si riprende il suo spazio largo a destra e inizia ad offrire prestazioni di alto livello. Nell’andata della semifinale di Champions contro il Barcellona, segna il terzo gol del poker bavarese, salvo poi ripetersi segnando la rete che sblocca il risultato nel ritorno al Nou Camp. Il 25 maggio è il momento topico della sua carriera. La partita è di quelle importanti, senza ritorno. La finale di Champions. L'avversario, i rivali di sempre del Borussia Dortmund. Ed è proprio in quel momento che Arjen diventa Alien. Con un goal nei minuti finali del match – fermo ancora sull'1-1 - regala la vittoria al Bayern Monaco. Una vittoria che fa redimere l'Alieno e che lo consegna di diritto fra i grandissimi del calcio.
Con il Bayern Monaco, Robben ha vinto tantissimo - anche a causa della mancanza di una seria rivale in patria, fino all’avvento del Borussia Dortmund di Klopp - e forse, dopo dieci anni, è giusto che il suo percorso con i tedeschi si concluda. Tuttavia, ogni tifoso e amante del gioco si augura che l’olandese possa trovare una sistemazione che lo stimoli a giocare anche il prossimo anno. Perché giocatori di simile classe, se ne vedono sempre meno. Perché il calcio ha bisogno di bellezza.
L'olandese di cristallo - soprannome affibbiatogli a causa dell'alta propensione agli infortuni - è stato uno di questi. Un mix unico di eleganza, rapidità e tecnica. Ha girato l'Europa vincendo ovunque, dall'Olanda alla Spagna all'Inghilterra, fino alla fredda Germania, laddove si è definitivamente affermato come il giocatore che tutti conoscono. Tuttavia, la sua carriera è stata contraddistinta - anche a causa dei tanti incidenti - da continui alti e bassi che gli hanno fatto toccare picchi di rendimento altissimi salvo poi cadere sul più bello, spesso nei momenti decisivi. Nel dicembre 2000 esordisce con la prima squadra del Groningen per poi passare al PSV dopo due sole stagioni. Nel 2004, al termine di due anni in cui vince un campionato e il premio di "miglior giovane dell'Eredivisie", viene acquistato dal Chelsea dell'ambizioso Roman Abramovich che sborsa ben 18 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni del giovane olandese. Prestazioni che non stentano certo ad arrivare, anche se per vedere barlumi di "vero Robben" bisognerà attendere il mese di novembre.
Il 6 novembre 2004 a Stamford Bridge si gioca Chelsea-Everton. Robben va vicino al gol in più di un'occasione, sia nel primo che nel secondo tempo, senza mai però centrare il bersaglio grosso. Non sembra una di quelle partite in cui le reti rimarranno inviolate e infatti, quando sul cronometro i minuti sono 72, un preciso lancio in profondità di Gudjohnsen - dettato da un bel taglio di Robben - riesce ad innescare la velocità dell'olandese di cristallo che, portando avanti il pallone fino al limite dell'area piccola ad una velocità impressionante, batte il portiere con un morbido pallonetto d'esterno sul palo lontano.La partita finisce 1-0 e la Premier League dà il suo benvenuto all'albo dei marcatori ad Arjen Robben. Contro il Newcastle, in Coppa di Lega, si assiste ad un altro capolavoro dell'olandese che, dopo aver ricevuto un passaggio sulla fascia sinistra poco più avanti della linea di centrocampo, si invola palla al piede verso la porta avversaria ad una velocità che solo lui conosce e, dopo una corsa di cinquanta metri seminando avversari come fossero birilli, si presenta dinanzi al portiere e lo batte con un bel diagonale rasoterra.
Passano alcuni giorni e il Chelsea è atteso dalla trasferta contro il Fulham. La partita termina 0-3 per i blues ma quello che salta all'occhio, oltre al risultato rotondo, è la presenza in campo di un giocatore totalmente differente. Robben confeziona due assist e un goal di inesplicabile bellezza tecnica. I tifosi del Chelsea iniziano ad abituarsi ai suoi goal da cineteca, ma Arjen inizia a conoscere la sola ed unica cosa in grado di limitarlo - compito che ai difensori non riesce più di tanto - ovvero gli infortuni. Nel 2005 si infortuna gravemente ed è costretto a rimanere fuori dalla corsa al titolo del Chelsea. L'anno successivo segna 6 goal e contribuisce al "back-to-back" dei Blues.
Nel 2007 viene acquistato dal Real Madrid, dove conquista la Liga al primo anno, segnando anche il gol decisivo del momentaneo pareggio all'ottantasettesimo minuto contro l'Osasuna. Con i blancos, Robben si afferma definitivamente nel ruolo in cui farà scuola per il resto della carriera, ovvero quello di esterno a piede invertito con licenza di convergere verso il centro. Questo grazie alla sua straordinaria capacità di correre velocemente palla al piede e dribblare col suo sovrannaturale sinistro in spazi ridottissimi ogni tipo di avversario, concludendo il tutto con un tiro - a giro o di potenza - sul secondo palo. L'esperienza madrilena dura però solo due anni e nel 2009 il Bayern Monaco annuncia di essersi assicurato le prestazioni dell'olandese di cristallo.
Con i bavaresi Robben esplode definitivamente. Nella stagione 2009/2010, a chi ancora non si era accorto di lui, Robben dimostra tutto il suo immenso valore. Trascina il Bayern Monaco ad un soffio dal Triplete, sogno infrantosi solamente in finale di Champions, dove l'Inter di Josè Mourinho riesce a battere la compagine tedesca grazie a una doppietta del Principe Milito. Tuttavia, in quella stagione Robben colleziona prestazioni di altissimo livello, segnando con regolarità e col suo inconfondibile marchio di fabbrica, ormai celebre come "Robben move". In tutto questo, entra in gioco quello che è stato il secondo fattore - oltre agli infortuni - a limitare la sua ascesa verso l'olimpo del gioco: quella che in Brasile, dopo il Maracanazo del 1950, chiamerebbero "paura di vincere". La maledizione di un vincente che, in alcuni momenti topici della carriera dove avrebbe potuto e dovuto essere decisivo, ha tradito le attese.
Nel secondo tempo della finale mondiale del 2010 contro la Spagna, Robben ha l'occasione per portare l’Olanda in vantaggio ma, a tu per tu con Casillas, spara addosso al portiere spagnolo.
Qualche minuto dopo la storia si ripete e, ancora una volta, l'esterno olandese esita una frazione di secondo di troppo e si divora l'opportunità di far esplodere di gioia i suoi tifosi. Gol mangiato, goal subito e così, ai supplementari, è Don Andrès Iniesta a regalare la vittoria alle furie rosse, mentre per Robben e per l'Olanda i sogni di gloria si sciolgono come neve al sole. L'anno dopo, il 2011, è il peggiore sotto il profilo dei risultati per Robben. Ad aprile, contro il Borussia Dortmund - in quel momento al comando della classifica - Robben sbaglia un rigore che costa la Bundesliga al Bayern Monaco. Il 12 maggio, nella finale di coppa di Germania sempre contro il Borussia Dortmund, dopo che proprio Robben aveva segnato il rigore del momentaneo pareggio, i bavaresi perdono 5-2. Una settimana dopo, è la volta della finale di Champions. L'avversario è il Chelsea, ex squadra dell'olandese di cristallo. Quando il punteggio è sull'1-1, Robben avrebbe la possibilità di portare in vantaggio il Bayern sempre dagli undici metri. Ma i fantasmi tornano a disturbare la mente dell'olandese che infatti calcia e sbaglia.
Sembra l'inizio dell'oblio, ma nella stagione successiva Arjen si riprende tutto con gli interessi. L'avvento di Heynckes sulla panchina bavarese cambia le gerarchie di formazione e Robben, inizialmente, non parte più come titolare. Tuttavia, dopo una serie di eventi - fra i quali l'infortunio del tedesco Kroos - Robben si riprende il suo spazio largo a destra e inizia ad offrire prestazioni di alto livello. Nell’andata della semifinale di Champions contro il Barcellona, segna il terzo gol del poker bavarese, salvo poi ripetersi segnando la rete che sblocca il risultato nel ritorno al Nou Camp. Il 25 maggio è il momento topico della sua carriera. La partita è di quelle importanti, senza ritorno. La finale di Champions. L'avversario, i rivali di sempre del Borussia Dortmund. Ed è proprio in quel momento che Arjen diventa Alien. Con un goal nei minuti finali del match – fermo ancora sull'1-1 - regala la vittoria al Bayern Monaco. Una vittoria che fa redimere l'Alieno e che lo consegna di diritto fra i grandissimi del calcio.
Con il Bayern Monaco, Robben ha vinto tantissimo - anche a causa della mancanza di una seria rivale in patria, fino all’avvento del Borussia Dortmund di Klopp - e forse, dopo dieci anni, è giusto che il suo percorso con i tedeschi si concluda. Tuttavia, ogni tifoso e amante del gioco si augura che l’olandese possa trovare una sistemazione che lo stimoli a giocare anche il prossimo anno. Perché giocatori di simile classe, se ne vedono sempre meno. Perché il calcio ha bisogno di bellezza.