2010 Getty Images
Rivera: 'Riporto il Bari in A e in panchina ci vado io...'
BARI - "Degli amici finanziatori mi hanno contattato per chiedermi la disponibilità a entrare in un progetto per rilevare una società calcistica. Si tratta di un gruppo italiano che vuole prendere il Bari da De Laurentiis. Qualche settimana fa ho avuto anche un contatto con il sindaco di Bari a cui avevo prospettato questa possibilità. Potremo dire qualcosa in più il prima possibile, forse entro la fine del mese”.
ALLENATORE - “Il mio ruolo? L’allenatore di questa squadra o comunque un ruolo tecnico. È così che penso di essere utile. Vero, non ho mai allenato ma penso di sapere come si fa. E l’ho fatto in campo quando giocavo. L’età non conta, in questo settore ciò che conta è il talento, l’intuizione e l’esperienza: non vado a giocare in campo, sono altri che giocano per me, aiutare dei giovani calciatori è una cosa che mi affascina. E voglio fare un calcio il più offensivo possibile e portare la squadra dalla Serie B alla Serie A. Ma anche formare dei calciatori, non è un caso che io abbia fondato un’Academy proprio con questo obiettivo. Eravamo partiti prima del Covid, poi la pandemia ha bloccato tutto, ma ora stiamo riprendendo in mano l’iniziativa”.
SCELTE - "Perché non prima? Ho sbagliato, ma ero diventato vicepresidente del Milan insieme a Felice Colombo e aiutammo Capello a fare il corso per diventare allenatore, potevo farlo insieme a lui ma allora mi sentivo più dirigente. Poi sono entrato in politica per vent’anni, uscendo ho diretto il Settore giovanile scolastico della Figc. Tavecchio mi avrebbe voluto direttore tecnico della Nazionale, ma l’ambiente si oppose perché non avevo i requisiti richiesti, cioè non avevo fatto tutti i corsi per diventare allenatore di Serie A. Cosi mi ci sono messo e superati i primi due anni, Tavecchio chiese a Ceferin di concedermi a quel punto l’abilitazione per la Serie A, ma l’Uefa disse no. Superai allora l’ultimo esame. Poi venne la pandemia e non ci furono occasioni”.