Ritratto di Rimet: il professionismo, i Mondiali e la sfida con De Coubertin
DALLA VILLE LUMIERE AL FOOTBALL - Nato da umili origini agli inizi degli anni'70 del XIX secolo, Jules Rimet sul finire dell'800 si trasferisce al seguito della famiglia a Parigi, la città della Belle epoque per eccellenza, dove il padre aveva trovato un lavoro. Gli anni dell'infanzia per Rimet sono anni di stenti, ma grazie ad enormi sacrifici economici riesce a completare gli studi e a diventare avvocato. Solo che il destino per lui non prevede aule di tribunali, bensì campi da football e – di più – riunioni organizzative progetti da far maturare per rendere quel gioco tanto strano quanto irresistibile il gioco più seguito sul pianeta.
NON SOLO CALCIO - Se è vero che Rimet viene rapito da giovane dal demone del football, vero è che la sua vita è piena anche di altri interessi. Sociali, soprattutto. Fervente cattolico, politicamente si colloca ben presto nel cattolicesimo sociale iscrivendosi alla Democrazia Cristiana e cercando di perseguire una stagione riformista che avvicini un po' le classi sociali. È in questo ambiente che Rimet scopre – in piena Età dello sport europea – che lo sport e il calcio in particolare possono essere visti come uno strumento fenomenale per l'emancipazione degli ultimi, per il riscatto soprattutto economico degli emarginati, dei poveri. È un concetto fondamentale questo in Rimet. Nessun afflato dilettantistico, piuttosto una concreta possibilità di guadagno per chi di guadagni ne vede pochi. Allo stesso tempo Rimet vede nel calcio lo strumento perfetto per mettere in pratica i suoi ideali di affratellamento tra i popoli nel segno della pace e della fratellanza.
VIVA IL PROFESSIONISMO! - Il calcio, dunque. Sogno, passione e lavoro. Rimet a Parigi è tra i fondatori del Red Star nel 1897, società che ha in sé già tutti gli ideali giovanili del futuro capo del calcio mondiale. Quasi subito entra nell'associazione calcistica francese e nel 1904 porta questa assieme ad altre federazioni a creare la F.I.F.A. Da quel momento la sua scalata all'interno della Federazione mondiale sarà prepotente e una volta terminata la Prima guerra mondiale Rimet viene eletto nel marzo del 1921 presidente della F.I.F.A. Come detto, Jules Rimet sin da subito si dichiara a favore del professionismo nel calcio, ponendosi dunque in netto contrasto con l'idea aristocratica del tempo che vedeva il calcio e lo sport in generale come un passatempo per ricchi e agiati e non come un mezzo di sostentamento. Chiaro che Rimet non la pensi così. Lui vede il calcio come mezzo di emancipazione e di riscatto degli ultimi e come potrebbero mai emanciparsi se non ottenendo dal calcio denaro per emergere dai bassifondi della società? È in questo che si differenzia sostanzialmente con l'altro grande personaggio dell'epoca al quale lo sport deve la sua spinta propulsiva, il marchese De Coubertin che invece fondava lo spirito sportivo nel dilettantismo puro. Entrambi vivono l'amore per lo sport ma lo fanno da due radici culturali e sociali opposte: Rimet dalla realtà piccolo borghese e De Coubertin da quella aristocratica.
LA COPPA DEL MONDO: TRA CALCIO E POLITICA - Come bene hanno messo in luce Riccardo Brizzi e Nicola Sbetti nel loro ottimo Storia della Coppa del mondo di calcio (1930-2018), fresco vincitore del Premio letterario sportivo “Ghirelli”, Jules Rimet, nella sua visione del calcio quale strumento di riavvicinamento dei popoli, più volte presenta la F.I.F.A. come “una società (sportiva) delle nazioni”. È con Rimet che calcio e politica si stringono in un patto che porta benefici ad entrambi e il suggello di quel patto è senz'altro la Coppa del mondo. Meglio, i meccanismi che sottendono all'assegnazione ed organizzazione della manifestazione. Tutte le edizioni della Coppa presentano legami profondi con temi politici e sociali e bene i due studiosi li mettono in luce. Rimet è abile negoziatore, temporeggiatore e in possesso di un'altra importante caratteristica: la persuasione. Riesce a convincere l'Uruguay – la cui nazionale aveva vinto le due edizioni del torneo olimpico di calcio del 1924 e del 1928 – ad impegnarsi nell'organizzare la prima Coppa del mondo facendo leva sul sentimento nazionale e sull'orgoglio di quel popolo facendo coincidere la manifestazione sportiva con il centenario dell'indipendenza. Già dalla prima edizione la Coppa del mondo presenta connotati e piani di lettura politici predominanti, l'Uruguay la organizza per festeggiare l'anniversario della sua indipendenza, costruisce uno stadio monumentale e prende al balzo la vittoria della Nazionale contro l'Argentina per festeggiare sia l'impresa sportiva sia la Nazione. Propaganda politica. Questa da subito è la leva per forzare le nazioni ad organizzare l'evento. Caso emblematico l'edizione successiva del 1934, quando la Coppa del mondo viene usata da Mussolini per esaltare e celebrare la potenza e il prestigio suo e dell'Italia agli occhi dell'Europa. Nulla in confronto a ciò che accade nell'edizione del 1938 tra saluti romani in faccia ai francesi e una Germania che schiera tanti austriaci per effetto dell'Anschluss. Jules Rimet si ritira poco prima dell'edizione del 1954, dopo aver pilotato il difficoltoso ingresso delle Federazioni britanniche l'indomani della Seconda guerra mondiale nella F.I.F.A., e morirà due anni più tardi, senza celebrazioni, quasi nell'indifferenza di tutti.
(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)