Rijkaard fa 60 anni: al Milan scelto da Sacchi contro il volere di Berlusconi, non ha più voglia di allenare
I suoi anni migliori sono stati quelli al Milan, prima con Sacchi e poi con Capello. E’ noto: Berlusconi avrebbe voluto l’argentino Borghi, anzi l’aveva già preso, ma Sacchi si imputò - di Borghi non sapeva che farsene - e alla fine convinse il presidente che l’unica pedina di cui aveva bisogno era questo olandesone nato ad Amsterdam - i genitori erano originari del Suriname - cresciuto nell’Ajax e di passaggio alla Real Saragozza (in Spagna si infortunò e fu costretto a saltare gran parte della stagione). Il Milan lo pagò 5,6 miliardi di lire. Aveva appena vinto l’Europeo 1988 con l’Olanda. Furono cinque i favolosi anni in rossonero e poi di nuovo a casa, dai Lancieri, a chiudere il cerchio. Due scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali: luccicante la bacheca impreziosita negli anni rossoneri, ma non va dimenticato che - prima e dopo - con l’Ajax ha vinto un’altra Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe e addirittura sei titoli di Eredivisie.
Timido, quasi ombroso, un pigro da combattimento, con quell’aria assonnata che hanno certi giocatori di basket americani quando vengono a giocare in Italia: tre mogli, quattro figli e una macchia brutta in un percorso professionale solido. Ci riferiamo allo sputo al centravanti tedesco Voeller, durante Germania-Olanda ai Mondiali del 1990, quelli delle otto Magiche organizzati dall’Italia. La sua carriera da allenatore è durata una quindicina d’anni, ma al netto delle fugaci esperienze con Sparta Rotterdam, Galatasaray e Nazionale dell’Arabia Saudita; due sono le tappe più significative. Rijkaard - cresciuto all’ombra di Guus Hiddink - è stato CT dell’Olanda fermata ad Euro 2000 nella semifinale casalinga dall’Italia di Zoff: è il pomeriggio di “Mo je faccio er cucchiaio” di Totti e di Toldo che para anche le mosche. E poi ha vissuto un quinquennio di prestigio al Barcellona dove ha vinto due volte la Liga (2005 e 2006), ha portato a casa la Champions League (2006, era la squadra di Eto’o, Ronaldinho, Van Bommel, Puyol che in finale sconfisse l’Arsenal) e ha messo la primogenitura sul debutto di Leo Messi. Gli va riconosciuto un grande merito: è sceso dalla giostra quando ha voluto lui. A cinquant’anni ha praticamente smesso di allenare. Si è stancato, non aveva più voglia. Preferiva dedicarsi ad altro, nonostante le offerte non mancassero. Da allora sono passati dieci anni e Rijkaard non ci ha mai ripensato: giù il cappello a chi non torna sui propri passi e trova vita anche fuori dal perimetro di gioco.