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Riecco il Pata Castro: qualità e leadership, il Chievo dipende dall'argentino
NUMERI – La sua assenza, per usare un eufemismo, ha creato diversi problemi a Maran. Da quel 19 novembre 2017, infatti, il Chievo ha totalizzato la miseria di 5 punti in 11 partite, con la vittoria sulla Spal e i pareggi contro Roma e Udinese, tutti tra le mura amiche. Fuori casa sono arrivate esclusivamente sconfitte, tra cui le roboanti cinquine inflitte dall’Inter e dalla Lazio. Non esattamente il Chievo a cui siamo abituati. Ecco, alla sponda campedelliana di Verona, quella che da anni conquista la salvezza senza troppi patemi, è mancato l’uomo della scossa, quello che aggiunge agli attempati – ma, non per questo, inefficaci – titolari clivensi, quel quid che si rivela spesso determinante. Sono, infatti, 10 i goal con la maglia gialloblu in 80 partite: un bottino niente male per un centrocampista. In questa stagione, inoltre, il fattore Pata stava crescendo di pericolosità: doppietta e vittoria contro la Fiorentina ad ottobre e due assist a Udine e a Genova sponda rossoblu, per un totale di 1089 minuti giocati su un totale di 1170.
MEZZALA MODERNA – Garra, tecnica e piglio sudamericano. Sergio Gasparin, ex amministratore delegato del Catania, che lo portò in Italia nel 2012, lo definì il prototipo del centrocampista moderno. All’epoca, giocando sull’esterno e trovandosi troppo spesso fuori dal gioco, Lucas non riusciva a incidere come avrebbe voluto. Con il passaggio al Chievo, Maran gli ha cucito addosso il ruolo di mezzala. Scelta galeotta. El Pata, lì, nel fulcro del basilare gioco clivense, fa la differenza. Recupera palloni, riavvia l’azione, sa attaccare gli spazi e segnare; anche di testa, dote insolita per un argentino nato esterno. Il tutto condito da una buona dose di leadership, che fanno di Castro uno degli uomini di punta dello spogliatoio. L’essenziale, in sostanza, per un calciatore. Il necessario, a conti fatti, per Rolando Maran e il suo Chievo.