Riecco il Genio:| Strofina la 'lampada Chievo'
Per tutti: Genio. E non solo per l'assonanza tra il suo nome di battesimo e l'uomo che esprime ogni desiderio strofinando sulla sua lampada. Eugenio 'Genio' Corini ha fatto parte a lungo della storia del Chievo. Da calciatore, regista, interprete di un calcio gustoso e irriverente. Quello di Gigi Delneri. Quello della prima volta in A. Quello della tanto decantata Favola dei gialloblù della Diga. Oggi Genio vive probabilmente la sua personalissima Favola. Dall'addio al Frosinone alla serie A. Ha fatto gavetta da allenatore. Pochi passi e adesso questa chiamata che può cambiargli la vita. A volte succede ai predestinati. E qui, per un motivo o per l'altro, si sprecano gli esempi; Mancini, Montella, Stramaccioni, pure il primo Malesani. Gente che si trova in mano una patata bollente che dovrà governare senza correre il rischio di restare scottato. Corini, il regista, era abituato a fare questo. Governare il gioco, la partita, la palla. Il 'pensatore' di Bagnolo Mella trova la serie A a 42 anni. Meritata? Lo dirà il campo se per lui sarà ricompensa o dannazione. Intanto c'è. E' arrivato fin lassù. Convinto, ed è giusto che sia così, di poter trasformare i miagolii di un Chievo indifeso in ruggiti di una squadra incazzata. Ma chi è Corini? Beh, chi non lo conosce? A Verona lo abbiamo ammirato su entrambe le sponde. Ma questa storia è preceduto da altri passaggi fondamentali. Gli inizi sono a Brescia, casa sua. Tre anni prima del passaggio nei primissimi Anni Novanta alla Juve. Avventura acerba. Il ragazzotto di provincia e la Vecchia Signora. Non era la Juve di campionissimi. Ma forse non era nemmeno la Juve adatta a lui. Se ne va e comincia a girovagare per le piazze importanti del calcio. Un anno alla Samp, poi il Napoli, poi ancora il Brescia. “Mi sono sempre rimesso in discussione – disse una volta -. Il mio destino è stato quello di ripartire da zero ogni volta che iniziava una storia nuova”. Il passaggio al Piacenza anticipa l'approdo a Verona. Ma non è subito Chievo. Anzi, la storia si fa all'Hellas. E lì c'è un punto di rottura tra passato e nuova vita. Perché Corini viene trasferito al Chievo. Ma in mezzo ci stanno due infortuni gravi al ginocchio. Poteva sprofondare nell'oblio. Scelse di rinascere da se stesso. E proprio con la società della Diga vivrà forse il momento migliore della sua carriera. Trascinatore, indiscusso leader della squadra di Delneri, affamato collezionista di grandi prestazioni. Reti importanti. Segna nel derby contro l'Hellas. Ma non arriverà la vittoria. La butta dentro spesso dagli undici metri. Si permette di abbattere da solo Lazio e Inter. E non è certo poca cosa per uno destinato a ricamare in mezzo al campo il destino della sua squadra. Resta a casa Campedelli fino al 2003. L'anno del grande addio e del passaggio al Palermo. In declino? Macchè. Rinasce pure in Sicilia dove resta quattro stagioni e riesce a farsi amare da una piazza che quando ama lo fa fino in fondo. Chiuso il ciclo rosanero passa per il gran finale al Torino. Altri due anni prima di salutare il calcio giocato nel 2009. Alle spalle si mette più di vent'anni di professionismo, gioie, dolori, ricordi. Il rammarico, pure, di essere andato vicinissimo dal vestire la maglia della nazionale azzurra. Oggi il Chievo sembra essere l'inizio di una storia che si era solo interrotta qualche anno fa. Poteva essere addio. Si è trattato solo di un lungo arrivederci. Lo guardi, e pare che sul suo volto il tempo si sia fermato. Gli occhi parlano come ieri. Genio è sempre lo stesso. La vera avventura da allenatore, non più di primissimo pelo, dovrebbe iniziare proprio da qui. Lui è il Genio. Ma al momento la lampada è stata generosa proprio con Corini. In attesa che regali qualche magia. A Genio il Chievo chiede di fare semplicemente il Corini. Quello che organizza, impasta, trita, affetta e grattugia tutto con un po' di fantasia. La sua ricetta vincente.