Ricksen: 'Facciamo squadra contro la Sla, come ci ha insegnato Borgonovo'
La diagnosi della Sla è arrivata nel settembre 2013. Un mese dopo lei ha annunciato la sua malattia nella tv olandese. Come sta adesso?
"Direi che me la cavo abbastanza bene. All'inizio chiaramente ero sotto shoc. Ho provato a rimuovere il fatto della malattia, come se non fosse successo niente. Ma questo ha solo peggiorato la situazione. Adesso, da quando ho cominciato ad accettare la nuovo realta', ho trovato un modo per vivere meglio con la malattia".
Come si fa a vivere con la Sla?
"Per esempio, gli ultimi tre mesi in Turchia mi hanno fatto molto bene. Prima facevo fatica, ero sempre stanco e avevo i primi sintomi della malattia - problemi a parlare, respirare e ingoiare. Man mano stavo perdendo il controllo dei muscoli. Da quando sono stato al mare, invece, mi sento nettamente meglio. E' tornata la mia voce e ho ritrovato il controllo sulle mie mani. Posso parlare quasi senza problemi".
Come è possibile?
"Può darsi che sia dovuto al fatto che abbia cambiato la mia medicina. E' stata mia moglie Veronika che mi ha suggerito di contattare un dottore russo con cui sto lavorando adesso. Comunque mi sento molto meglio adesso. Ho più energia di prima. Sarei già molto grato se la situazione rimanesse così, o almeno non peggiorasse molto".
La Sla è inguarabile e inesplorata. L'aspettativa media di vita di un paziente Sla è normalmente tra un anno e tre anni. Non ha mai paura di quello che può ancora venire?
"No, perché? E a che cosa servirebbe? Vivo nel presente. Se pensassi troppo alla malattia impazzirei. Allora non comincio neanche a farlo".
L'età media di un paziente Sla in Olanda è di 55 anni. Lei adesso ha 38 anni.
"Lo so, ma anch'io voglio arrivare a 55 anni. Almeno a 55 anni. Vedrà. Non mi do per finito. Non mi arrendo. Continuero a lottare. Sono sempre stato un lottatore. Da giocatore e ancora di più oggi".
Lei è sempre stato famoso per il suo spirito combattente, per la sua grinta in campo. Al di fuori, però, ha conquistato i titoli dei giornali con altri argomenti seguendo lo slogan: "Sesso, droghe e alcool". E' cambiato il suo modo di vivere la vita?
"Da quando ho conosciuto mia moglie Veronika, due anni fa, sono diventato un'altra, una nuova persona. Si, è vero, sono stato un animale da feste. Mi sono ubriaccato. Sono uscito fino a tardi. Spesso la mattina andavo dal bar direttamente agli allenamenti. Però questo è il passato. Adesso sono diventato un padre di famiglia e genitore di una figlia di due anni. Lei è bellissima, il mio tesoro. Questo è il mio nuovo ruolo e mi ci sono mi buttato dentro a capofitto. Non c'è cosa più bella che costruire dei castelli di sabbia al mare con mia figlia. Mia moglie e mia figlia mi hanno fatto capire che cosa sia importante nella vita. Me l'hanno salvata".
La sua autobiografia "Fighting Spirit", spirito combattente, è diventata un bestseller in Olanda e Inghilterra. In poche settimane ha venduto più di 100.000 copie. La sua popolarità l'aiuta nella battaglia contro la Sla?
"Eccome! Mi dà molta forza. E' una spinta in più. E il supporto dei tifosi in tutto il mondo mi fa molto bene. Dall'altra parte devo stare molto attento perché emozionalmente mi ruba tanta energia. Per esempio in settembre abbiamo inaugurato una tribuna intitolata a me in occasione della partita Fortuna Sittard contro Roda Kerkrade, nella Serie B olandese. Tutto lo stadio mi ha applaudito. E' stata una cosa bellissima. Ma dopo ho avuto bisognio di tre giorni di riposo per ricaricare le batterie".
Ha mai sentito parlare di Stefano Borgonovo?
"Certo. Ho anche letto il suo libro. Sua moglie Chantal me l'ha regalato e mi ha fatto anche una bella dedica. Stefano è stato un gran campione, un grandissimo uomo, un personaggio eccezionale. La sua coraggiosa lotta contro "la Stronza", come ha chiamato la malattia, è stata molto importante. Grazie a lui si è cominciato a parlare di questo bruttissimo male".
Dopo la morte di Stefano adesso lei è diventato il nuovo simbolo nella lotta contro la Sla. Secondo lei che cosa si può fare?
"Innanzitutto, come ci ha insegnato Stefano: dobbiamo fare squadra, per forza, altrimenti non avremo nessuna chance. Ho saputo di un paio di fondazioni Sla nel calcio. Dobbiamo lavorare insieme, ma non solo nell'ambiente calcistico, in tutto il mondo, soprattutto per quanto riguarda la ricerca sulla Sla. L'Ice Bucket Challenge, al quale ho participato anch'io come d'altronde tanti personaggi nel mondo del calcio, ha aiutato molto a far parlare della malattia e sensibilizzare la gente. Grazie alla sua popolarità il calcio può dare un contributo importante. Sono veramente convinto che possiamo fare l'impossibile. Sono convinto che un giorno batteremo la malattia. Ci deve essere per forza qualcuno che riuscirà a vincere contro la Sla. Vorrei essere io questo qualcuno. Vorrei essere il primo a battere la Sla" (Bernd Fisa / The FIFA Weekly).