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    Real-Barça, il pragmatismo di Valverde ha annientato il narcisismo di Zizou

    Real-Barça, il pragmatismo di Valverde ha annientato il narcisismo di Zizou

    • Giovanni Daloiso
    La schiacciante vittoria dell'altro ieri del Barcellona per 3-0 al Santiago Bernabeu, oltre a lasciare un messaggio in chiave politica dopo il trionfo degli indipendentisti del giorno prima, è un puro segno di supremazia calcistica, almeno in Liga. Gli uomini di Ernesto Valverde, salito in cattedra quest'estate dopo l'addio di Luis Enrique, seppur snobbati dai pronostici dopo un mercato controverso, che ha ridimensionato le aspettative sul loro conto - anche a causa dell'incontrastato dominio dei rivali di sempre del Real Madrid in Europa (nonché vittoriosi nell'ultimo campionato) - hanno saputo superare ogni difficoltà, mostrando una cattiveria ed una concretezza infallibili: a partire dalla sconfitta in Supercoppa di Spagna proprio contro i blancos, la squadra non ha più perso.

    L'IMPORTANZA DEL TECNICO - La scelta della dirigenza blaugrana è caduta su Ernesto Valverde non tanto per il suo curriculum (di rilevante, oltre ai successi nel campionato greco, una Supercoppa di Spagna con l'Athletic Bilbao ottenuta proprio contro il Barça), quanto per la sua abilità nel curare la fase difensiva portando a casa il risultato a scapito della bellezza. Alla guida della squadra di Bilbao, "Txingurri" (formica in basco) ha sempre ottenuto piazzamenti europei - su tutti, la Champions raggiunta nel 2014 dopo aver superato il Napoli ai preliminari - riuscendo a plasmare a propria immagine e somiglianza una squadra storicamente nota per il tesseramento di giocatori esclusivamente baschi, con tutte le relative difficoltà.

    NIENTE PIU' TIKI-TAKA - Valverde ha portato a termine l'opera di smembramento del Guardiolismo già iniziata ma non ultimata da Luis Enrique: se questi ha lasciato inalterato il vecchio assetto tattico basato sul 4-3-3, beneficiando del tridente costituito da Messi, Suarez e Neymar (MSN), Valverde è riuscito a sopperire all'addio del brasiliano alternandogli addirittura un nuovo modulo, il 4-4-2. Teoricamente avrebbe potuto benissimo sfruttare il meccanismo che i suoi uomini conoscevano perfettamente, ma il tecnico ha preferito cancellare ogni linea di continuità con il passato: così la squadra, consapevole dei propri mezzi, ha iniziato a collezionare vittorie su vittorie (pur senza esagerare) avvalendosi di una retroguardia ermetica, e a veleggiare in testa alla classifica, con quattordici lunghezze di vantaggio sul Real Madrid, tuttora quarto (con una gara da recuperare), e nove sull'Atletico, secondo. In attacco, a più riprese, è stato schierato Alcacer, e la fiducia del tecnico nei suoi confronti è stata ripagata con reti altrettanto decisive.

    O NEY? MEGLIO SENZA - Un addio pesantissimo, quello di Neymar, passato al PSG (che ne ha pagato la clausola) per 222 milioni: si credeva potesse destabilizzare l'ambiente, anche perché il sostituto, tale Ousmane Dembelé, pagato la bellezza di 105 milioni di euro (bonus esclusi) si è subito infortunato, e l'unico giocatore tagliato per quel particolare ruolo, Gerard Deulofeu, tornato alla base da figliol prodigo dopo un ottimo scampolo di stagione al Milan, non ha trovato i favori del manager. A distanza di tre mesi, sembra quasi che la squadra, privatasi di una primadonna ingombrante come il brasiliano, sia a livello di ingaggio che come primadonna in spogliatoio ne abbia beneficiato. Le chiavi della leadership in campo, tuttora, sono ripartite fra più elementi, senza troppe, gravose responsabilità: Messi, decisivo come sempre in zona gol, ha raggiunto quota 19 gol in tutte le competizioni (15 nella sola Liga) ed è attualmente capocannoniere della Liga. Per un brasiliano che ha lasciato, un altro ha preso il suo posto: Paulinho, considerato un abbaglio per via del pessimo rapporto qualità-prezzo (40 milioni per un'ex promessa finita nel campionato cinese), sta dimostrando di valerli tutti, grazie a prestazioni di peso a centrocampo.

    PARADOSSO ZIZOU - Da poco riconfermatosi Campione del Mondo grazie alla vittoria sul Gremio che ha fruttato la seconda Coppa del Mondo per Club consecutiva, Zinedine Zidane ha la pancia piena di trofei internazionali. Ben sei conquistati dal maggio 2016, quando da subentrato guidò la squadra alla conquista della Champions League. In campionato, però, è tutt'un'altra musica, con la squadra che stenta a decollare. Cristiano Ronaldo e Benzema, differentemente da quanto accade in campo europeo, non segnano e i malanni di Bale costringono spesso il tecnico francese a cambiare modulo. Il Clasico, che ha visto i madrileni produrre gioco e spettacolo, pur senza frutti, ha messo in mostra anche limiti difensivi che sei mesi fa, in occasione del trionfo in Liga e soprattutto in Champions, mai si sarebbero pronosticati: i terzini Carvajal e Marcelo sembrano aver perso lo smalto di un tempo. Quasi sicuramente l'ingente quantitativo di impegni non può che inficiare sul loro rendimento, e la prossima primavera saprà offrire una valutazione più equilibrata sullo stato di forma delle merengues. "Nulla è deciso", ha affermato Zidane al termine della gara: non ha proprio tutti i torti, nonostante il divario con il Barcellona sembri incolmabile.

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