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Raspadori: 'Una telefonata di Spalletti mi ha cambiato la vita'
L'INCONTRO CON MESSI - "Siamo entrambi titolari nella Finalissima. Noi ci siamo arrivati da campioni d’Europa, loro da campioni del Sudamerica. Senza parole: ho incontrato Messi. Se mi trovo lì, è proprio perché abbiamo vinto quel fantastico Europeo. E noi, l’ultima volta, ci siamo sentiti la sera prima della mia convocazione.
MANCINI E IL NAPOLI - "Innanzitutto è stato un miracolo esserci, a quell’Europeo. Avevo una dozzina di presenze in Serie A e il dialogo con mister Mancini dopo la convocazione non lo dimenticherò mai. Lo definirei toccante. Mi ha fatto capire di avere una sconfinata stima nei miei confronti. Con lui ho compreso di essere arrivato a un certo tipo di livello. Mi ha dato consapevolezza in me stesso, mentalmente è stato colui che mi ha sbloccato. Quando a Sassuolo ho avuto momenti poco brillanti, Mancini non ha mai dubitato sul mio conto, garantendomi sempre minutaggio in Nazionale. Sono arrivato a Coverciano e i senatori mi hanno fatto sentire importante, sebbene non avessi fatto ancora niente. Era una dimensione diversa, ma i ragazzi ti lasciano senza fiato.
IL NAPOLI - "Se la mia vita è cambiata, lo devo anche a lui. E a una telefonata: quella con cui Spalletti e Giuntoli mi hanno spiegato perché avrei dovuto firmare con il Napoli. Ho avuto tutta la volontà nel mondo nel prendere questa decisione. Direi che ha pagato".
LA SCELTA GIUSTA - "In particolar modo, c’è un momento in cui ho capito che quella scelta era stata giusta al 100%. La settimana successiva alla rete contro la Juventus a Torino al 93’, stavo andando a Castel Volturno per allenarmi. Mentre guidavo, c’era uno striscione che celebrava il mio gol. Mi sono venuti i brividi e mi ha fatto anche uno strano effetto".
L'AFFETTO DEI TIFOSI - "Siamo una squadra di ragazzi davvero semplici e tutto questo affetto ti mette quasi in soggezione. Quello dei napoletani è un amore a cui non ti abitui. Ti farà sempre effetto ricevere da tuo fratello la foto della mia immagine a giro per la città, o dai miei genitori su WhatsApp uno scatto in cui alcuni tifosi si fanno un selfie con la mia sagoma per le vie del centro".
LA VITTORIA DI TUTTI - "I festeggiamenti sono stati un emblema in giro per l’Italia e per il mondo. È un caso in cui puoi veramente dire: è stata la vittoria di tutti. Non sono mai mancate le motivazioni, neanche quando i punti di vantaggio erano tanti ed è più facile staccare la spina. Spalletti e il gruppo hanno saputo trovare da soli l’energia e lo stimolo per cercare qualcosa in più. Quando hai così tante persone attorno che spingono la squadra, venendo ogni giorno al campo d’allenamento, non puoi abbassare la guardia".
MENTALITÀ - "A chi ho rubato una mentalità potente? Posso farvi un nome: Novak Djokovic. Irraggiungibile, quasi imbarazzante per la forza con cui approccia a ogni momento della partita. Sono un malato di tennis e 23 grandi slam non arrivano dal niente. Davvero, la mentalità di Djokovic penso sia imbarazzante. Ha un modo di rimanere concentrato durante ogni atto della gara che è impressionante. Non ho la conoscenza tecnica per valutare il gesto singolo, ma la costanza con cui riesce a gestire e performare nell’arco della sfida è impareggiabile".
IL TENNIS - "A casa le opzioni sono 3: tennis, serie tv e Call of Duty. Innanzitutto perché cerco di non perdermi neanche una partita dei nuovi talenti: da Sinner a Musetti, da Alcaraz a Rublëv… questa generazione ci farà divertire! Ho conosciuto soltanto Berrettini, era con noi dopo la vittoria dell’Europeo e il suo Wimbledon. Un ragazzo spettacolare. Il tennis mi attira perché sei da solo contro l’avversario ed è centomila volte più difficile rispetto a ciò che facciamo noi, mentalmente. Poi le serie tv, ma devo essere in compagnia perché altrimenti mi distraggo. So di non essere il solo a cui succede! E infine la PlayStation, che è un modo per rimanere a stretto contatto con i miei amici di una vita, ora che mi sono trasferito. Cuffie, party e si inizia. Ma sono troppo competitivo, quasi fastidioso con gli altri! Non tollero l’errore. Alla play… ma anche nella vita ahah!".
L'ERRORE MAI DIMENTICATO - "Se mi chiedete qual è l’errore che non ho mai dimenticato, quello che se penso a qualcosa di brutto mi viene subito in mente. Beh… un rigore sbagliato con l’u-17 nelle finali contro l’Atalanta! Che dite, sono una persona che si perdona facilmente?! Ci tenevo tantissimo, ero pure il capitano di quel Sassuolo. Tutti i miei compagni mi rincuorarono subito e riuscii ad addolcire ma… non riesco a perdonarmelo".
IL SASSUOLO - "Sono partito dal settore giovanile del Sassuolo consapevole di chi fossi. Ho sempre dato tutto in modo da non avere rimpianti, fin da quando mister De Zerbi mi ha dato una possibilità. Sono arrivato a giocare contro Lionel Messi, e lì mi sono reso conto. Sei a pari passo al sogno che stai inseguendo. Per come sono fatto caratterialmente, voglio sempre qualcosa in più".
GRANDI CAMBIAMENTI - "In poco tempo la mia vita ha accelerato: Europeo, Scudetto, il trasferimento a Napoli. La convivenza. Quest’anno, io ed Elisa, siamo andati a vivere insieme. Siamo in grande sintonia, ognuno ha i suoi compiti e se non vengono rispettati ci sgridiamo ahah! Ma siamo capitati bene, anche a livello di cibo tra Emilia-Romagna e Campania è una lotta all’ultimo piatto. Ogni volta che andiamo al ristorante, qui ti riconoscono, sanno chi sei e ti danno tutto l’amore di Napoli. Dal supermercato allo stadio. Una passione così, nel quotidiano, non esiste da altre parti. Tra una portata e l’altra, oppure al momento del conto, scatta sempre la videochiamata con l’amico o il parente da salutare. Il modo di vivere è diverso, sei immerso. Questo sport, in tante occasioni, ti può fare maturare tantissimo e nel modo giusto".
ASPETTO TATTICO - "Equilibrio, me lo ha dato pure Spalletti. Con lui ho fatto tantissimi ruoli, mi ha provato pure mezzala! Sia a livello tecnico che tattico ci ha lasciato tantissime nozioni, prepara le partite nel migliore dei modi. La strada con cui raggiunge il risultato in modo collettivo è fenomenale".