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Ranieri e Mourinho, rivali senza veleno
Dov’eravamo rimasti? Ah sì, adesso ricordiamo. Eravamo rimasti a una fredda sera inglese di dicembre, al King Power Stadium. Alle 21.45 (ora del Regno Unito) l’arbitro internazionale Mark Clattenburg fischiava la fine di Leicester-Chelsea e Ranieri esultava pugni al cielo per la vittoria 2-1 dei suoi sui già allora ex-campioni d’Inghilterra. Quei pugni tesi verso l’alto erano come due cannoni che avevano affondato - pochi istanti prima - l’ammiraglia blue e più di ogni altro il vecchio, arrogante rivale Mourinho. In un abbraccio istantaneo ma sincero vedemmo la tregua di una rivalità impropria e forzata, voluta da Mou per soddisfare il suo ego.
Lo sconfitto Mou tendeva la mano all’avversario che tanto negli anni aveva colpito, sbeffeggiato e confinato fuori dall’olimpo dei vincenti mentre di fronte emozionato e senza rancori, Ranieri lo abbracciava quasi a sancire la fine di un conflitto perché nuove e più importanti strade si aprivano davanti a lui. Oggi pomeriggio a Londra i due si ritrovano per il Community Shield che apre la stagione inglese più complessa e affascinante di sempre e lo fanno nel segno di quella tregua firmata a Leicester nove mesi fa, benché la rivalità tra i due ancora serpeggi seppur diluita dal tempo e da glorie e sconfitte dell’ultimo anno.
Lo sconfitto Mou tendeva la mano all’avversario che tanto negli anni aveva colpito, sbeffeggiato e confinato fuori dall’olimpo dei vincenti mentre di fronte emozionato e senza rancori, Ranieri lo abbracciava quasi a sancire la fine di un conflitto perché nuove e più importanti strade si aprivano davanti a lui. Oggi pomeriggio a Londra i due si ritrovano per il Community Shield che apre la stagione inglese più complessa e affascinante di sempre e lo fanno nel segno di quella tregua firmata a Leicester nove mesi fa, benché la rivalità tra i due ancora serpeggi seppur diluita dal tempo e da glorie e sconfitte dell’ultimo anno.
Nelle conferenze stampa non c’è traccia di polemiche, non c’è strategia della tensione, solo il segno del tempo che cambia. Mou ha dedicato i suoi strali a Wenger e Klopp, "unethical" come ha definito gli eretici reprobi del mercato, il suo. Su Ranieri ha detto parole d’augurio, ricordando che è un buon allenatore con esperienza e augurandogli - appunto - le migliori fortune. Incredibilmente, ma poi non troppo, Ranieri col suo fare calmo, con la sua riservata ma ambiziosa forza interiore ha quietato con la vittoria più incredibile di sempre l’arroganza imperiale di Mou. E questa a ben vedere è la sua seconda grande vittoria. Nel 2004 Roman Abramovic non tenne conto delle 107 vittorie su 199 gare dell’allenatore italiano alla guida del Chelsea e chiamò Mou, il quale, attuò la tattica napoleonica della cancellazione di tutto ciò che ha fatto prima di te il rivale. Tutto partì da lì e lì, il 14 dicembre 2015, finì con la vittoria di Ranieri.
Sì perché la rivalità Mou-Ranieri, lo scontro verbale tra il finto calmo e l’emotivo che recita da cattivo l’ha vinto Ranieri a maggio quando, con sincerità Mou ha partecipato con "grande emozione" al magico momento della carriera del tecnico romano. L’allenatore italiano a poco a poco con una cavalcata memorabile e parole colorite ma sincere ha cancellato tutte le invettive che negli anni, il vecchio istrione Mou gli aveva scaraventato con lucida perfidia addosso. L’incapacità di vincere e di cambiare mentalità, l’età, le indecisioni e per giunta l’invettiva sulla sua capacità di parlare correttamente la lingua di Shakespeare e Kipling, un modo per trovare un’alleanza con gli inglesi che avranno anche aplomb, ma vogliono un linguaggio perfetto e comunicativo come quello di Mou, altrimenti si arrabbiano e pure di brutto.
A tutto questo hanno fatto sempre seguito le risposte precise ma poco ficcanti di Ranieri. Poi il cambio di rotta di Tinkerman - l’indeciso come il giornalismo britannico lo soprannominò per via delle scelte di formazione e forse delle suggestioni ipnotiche di Mou - che ha scelto i fatti e il silenzio. Un po’ alla volta concentrandosi sugli eventi e seguendo il suo momento magico, Ranieri ha battuto i dispetti di Mou e l’ha portato sulla rotta a lui sconosciuta del silenzio facendolo riparlare - dopo il secondo esonero della carriera - solo a suo favore: "Tifo Leicester" disse José quando le volpi di Ranieri già intravedevano il traguardo. Quando il tuo nemico si mette a fare il tifo per te - dicevano gli indiani - allora è segno che hai lasciato qualcosa. Ed in questo Mou è stato come al fondo è pur non volendo farlo vedere sincero nel riconoscere la sua prima sconfitta in una rivalità dialettica con un altro allenatore.
Due giorni fa Ranieri in conferenza stampa ha parlato ai giornalisti inglesi e ai suoi giocatori un po’ come avrebbe fatto Mou ai tempi d’oro, dicendo loro che le altre squadre "ci vogliono uccidere" e aggiungendo che è normale, ma ha anche detto che bisogna lottare insieme, non arrendersi contro nessuno; giocare e aiutarsi come un gruppo, una squadra. Nel parlare così non ci ha messo il machiavellismo di Mou, ma il silenzio del calmo che sa di aver dato uno scacco al rivale. Il suo Leicester oggi affronta il nuovo Manchester United del rivale nel galà d’apertura della Premier e anche se la rivalità tra i due è quasi completamente alla fine, uno spiraglio da battaglie inglesi tra Lancaster e York; tra Red Army e Underdogs ancora fa sentire la sua voce. Chissà se dovesse vincere il Leicester, come successe esattamente il 7 agosto 1971 – 45 anni fa - contro il Liverpool di Bill Shankly nella FA Community Shield di allora (l’Arsenal aveva vinto entrambi i trofei d’Inghilterra ma non poté partecipare per incontri già fissati), se Mou romperà di nuovo il silenzio e riaprirà la rivalità perduta. No, non crediamo che stavolta lo farà. Un grande generale sa riconoscere la vittoria di un altro grande generale, e nel farlo non la intacca, ma cerca nuove battaglie.
Sì perché la rivalità Mou-Ranieri, lo scontro verbale tra il finto calmo e l’emotivo che recita da cattivo l’ha vinto Ranieri a maggio quando, con sincerità Mou ha partecipato con "grande emozione" al magico momento della carriera del tecnico romano. L’allenatore italiano a poco a poco con una cavalcata memorabile e parole colorite ma sincere ha cancellato tutte le invettive che negli anni, il vecchio istrione Mou gli aveva scaraventato con lucida perfidia addosso. L’incapacità di vincere e di cambiare mentalità, l’età, le indecisioni e per giunta l’invettiva sulla sua capacità di parlare correttamente la lingua di Shakespeare e Kipling, un modo per trovare un’alleanza con gli inglesi che avranno anche aplomb, ma vogliono un linguaggio perfetto e comunicativo come quello di Mou, altrimenti si arrabbiano e pure di brutto.
A tutto questo hanno fatto sempre seguito le risposte precise ma poco ficcanti di Ranieri. Poi il cambio di rotta di Tinkerman - l’indeciso come il giornalismo britannico lo soprannominò per via delle scelte di formazione e forse delle suggestioni ipnotiche di Mou - che ha scelto i fatti e il silenzio. Un po’ alla volta concentrandosi sugli eventi e seguendo il suo momento magico, Ranieri ha battuto i dispetti di Mou e l’ha portato sulla rotta a lui sconosciuta del silenzio facendolo riparlare - dopo il secondo esonero della carriera - solo a suo favore: "Tifo Leicester" disse José quando le volpi di Ranieri già intravedevano il traguardo. Quando il tuo nemico si mette a fare il tifo per te - dicevano gli indiani - allora è segno che hai lasciato qualcosa. Ed in questo Mou è stato come al fondo è pur non volendo farlo vedere sincero nel riconoscere la sua prima sconfitta in una rivalità dialettica con un altro allenatore.
Due giorni fa Ranieri in conferenza stampa ha parlato ai giornalisti inglesi e ai suoi giocatori un po’ come avrebbe fatto Mou ai tempi d’oro, dicendo loro che le altre squadre "ci vogliono uccidere" e aggiungendo che è normale, ma ha anche detto che bisogna lottare insieme, non arrendersi contro nessuno; giocare e aiutarsi come un gruppo, una squadra. Nel parlare così non ci ha messo il machiavellismo di Mou, ma il silenzio del calmo che sa di aver dato uno scacco al rivale. Il suo Leicester oggi affronta il nuovo Manchester United del rivale nel galà d’apertura della Premier e anche se la rivalità tra i due è quasi completamente alla fine, uno spiraglio da battaglie inglesi tra Lancaster e York; tra Red Army e Underdogs ancora fa sentire la sua voce. Chissà se dovesse vincere il Leicester, come successe esattamente il 7 agosto 1971 – 45 anni fa - contro il Liverpool di Bill Shankly nella FA Community Shield di allora (l’Arsenal aveva vinto entrambi i trofei d’Inghilterra ma non poté partecipare per incontri già fissati), se Mou romperà di nuovo il silenzio e riaprirà la rivalità perduta. No, non crediamo che stavolta lo farà. Un grande generale sa riconoscere la vittoria di un altro grande generale, e nel farlo non la intacca, ma cerca nuove battaglie.