Raiola: Pogba, la Juventus e quell’intervista piena di allusioni
È proprio sul Dossier Pogba che l’intervista presenta i suoi passaggi più interessanti, perché semina una serie di interrogativi sull’intera vicenda riguardante il passaggio del centrocampista francese in bianconero. In questo senso, i dubbi sono di due ordini. Un primo ordine riguarda i contenuti dell’intervista, e si concentra sulla natura della relazione fra la Juventus e Raiola relativamente al controllo dei diritti economici sul calciatore. Il secondo ordine si astrae dai contenuti dell’intervista, e riguarda gli interrogativi sui motivi che hanno spinto Mino Raiola a dire certe cose. Dunque, analizziamo entrambi gli ordini di dubbi.
Per quanto riguarda la questione dei diritti economici, Raiola dice una serie di cose. In buona parte contraddittorie, certamente cariche di allusioni. Il primo passaggio riguarda la mega-commissione percepita a margine del trasferimento di Pogba. L’intervistatore parla di 20 milioni di euro, e indipendentemente da quale sia la cifra esatta è necessario fare una precisazione. Poco sopra ho detto che si tratta di un record in termini di cifra assoluta (cioè, l’ammontare del denaro versato all’agente a titolo d’intermediazione o altro), ma sarebbe sbagliato sostenere che si tratti di un record in termini di percentuale intascata dall’agente sulla transazione. In questi termini, rimane un primato difficile da battere quello relativo alla “commissione” intascata a gennaio 2007 da Pini Zahavi per il trasferimento dell’attaccante nigeriano Yakubu Aiyegbeni dal Portsmouth al Middlesbrough. Il valore della transazione fu 7,5 milioni di sterline, e a Zahavi andarono 3 milioni. In cifre assolute, i 3 milioni di sterline su Yakubu sono nettamente meno dei 20/25 milioni di euro su Pogba, ma in termini di percentuale sono molti di più perché si parla di quasi il 50% contro un 20-25%.
Tornando all’intervista, Mino Raiola comincia col dire che non può parlare “del contratto”, ma che in un affare come quello di Pogba “non sono soltanto i club che ci guadagnano”. Dalla formulazione della risposta non è chiaro se l’agente si riferisca al contratto stipulato a suo tempo fra Pogba e la Juventus, o a quello di cessione dalla Juventus al Manchester United, o a entrambi. Resta però il fatto che egli accompagni un’affermazione persino ovvia (in un affare come quello su Pogba non sono soltanto i club che ci guadagnano) con premessa cautelativa (“Non posso parlare del contratto”). L’effetto è quello di lasciar intendere vi sia qualcosa da nascondere, o quantomeno da non rendere ufficiale. Altrimenti, perché mai dire che non può parlare del contratto?
Ancora più allusiva la risposta alla domanda sull’essere stato pagato o no dalla Juventus. La premessa alla risposta è eloquente: “Devo trovare il modo per dire la cosa senza rischiare che la Juventus mi porti in tribunale”. Però! E ancora, dopo aver rimuginato (è il giornalista a rimarcare il tentennamento nella risposta), dice: “Come potrei dirlo? Sì, in questo affare la Juventus non era la sola proprietaria dei diritti economici”. E questa è un’asserzione netta. Ma allora, quale altro soggetto oltre la Juventus era proprietario dei diritti economici su Pogba? Che, va ricordato, arrivò in bianconero da svincolato.
Raiola prosegue dicendo una grande inesattezza. Al cronista che gli chiede se, all’epoca del passaggio di Pogba alla Juventus, le TPO fossero proibite (banned), risponde che allora non lo erano, e che la proibizione è entrata in vigore a partire dal 2015. Assolutamente sbagliato. La proibizione della Fifa sulle TPO, con l’estensione bis all’articolo 18 del Regolamento sullo status e i trasferimenti dei calciatori, risale ufficialmente al 1° gennaio 2008. In conseguenza del chiacchierato passaggio di Tevez e Mascherano al West Ham, avvenuto nell’estate 2006, la Fifa provò a bloccare questo tipo di transazioni inserendo i commi 18 bis, sotto il titolo “Third-party influence on clubs”. Il primo dei due commi recita: “Nessun club deve entrare in un contratto che dia possibilità a ogni altra parte di questo contratto, o a ogni terza parte, di acquisire influenza sulla sua indipendenza in materia di reclutamento (employment) e su questioni relative ai trasferimenti, sulla sua gestione aziendale (policies) o sulle performance della squadra” (leggere a pagina 16 del documento).
Questa è una regola, non un’opinione. E la regola dice che, quando nell’estate 2012 Pogba approda alla Juventus, le TPO sono ASSOLUTAMENTE proibite. Ciò che succede a partire dal 2015 è un’altra cosa, e basta leggere la regola che ho appena riportato per capirlo. Il suo testo è assolutamente contorto, e le sue disposizioni aggirabilissime. Si direbbe che sia una regola scritta malissimo. Io penso che sia una regola scritta benissimo per essere bypassata. E infatti è stato proprio questo effetto-colabrodo a spingere la Fifa verso l’adozione della Circolare 1464, pubblicata il 22 dicembre 2014 e entrata in vigore il 1° maggio 2015. Questa circolare, turando le falle dell’articolo 18 bis, mette definitivamente al bando le TPO, e in questo senso Raiola dice mezza verità. Inoltre, la 1464 prevede anche una sorta di sanatoria per le TPO già in corso, e proprio su questo si basa la mezza verità di Raiola. Ma ciò non significa che gli accordi di TPO antecedenti il 1° maggio 2015 fossero “regolari”, così come non si può certo considerare “regolari” un’evasione fiscale successivamente sottoposta a condono o un’esportazione di valuta successivamente sottoposta a scudo fiscale. Significa piuttosto che da parte della Fifa c’è stata l’ammissione di avere adottato, prima della 1464, una normativa totalmente inefficace. E che grazie alle falle di quella normativa si erano create numerose situazioni al confine della violazione della regola, come gli accordi di TPI (Third Party Investments). Dunque, è stato un gesto di buon senso sanare il pregresso e usare il pugno di ferro da lì in poi.
Tornando all’intervista, Raiola continua a gigioneggiare affermando di avere “in passato, talvolta” acquisito quote di giocatori. E infine, il passaggio più criptico sul Dossier Pogba: “Non è una TPO. Bisogna stare attenti alla definizione legale di TPO. Ma diciamo che in questo caso c’è stato un vantaggio (upside) per la nostra parte. E per “nostra parte” intendo la parte del giocatore”. Quindi, sollecitato dal giornalista su quanto sostiene la Juventus nella vicenda (non c’è stato nessun intervento di terze parti nella proprietà di giocatori), Raiola controbatte con un silenzio allusivo, rappresentato nell’articolo con dei puntini di sospensione.
Questo il testo. Fatte di cose dette a metà, accennate e poi ritrattate, persino incoerenti, se non brutalmente semplificate. E tenuto conto di ciò, si viene al secondo ordine di dubbi suscitati dall’intervista. Con un interrogativo principale: perché Raiola ha detto queste cose a proposito del Dossier Pogba, sfruculiando in tal modo la Juventus? Di sicuro non si può immaginare che certe parole gli siano scappate. Sono troppo “volutamente contorte” per lasciar pensare che siano andate oltre le intenzioni. Inoltre, c’è da tenere conto di quanto Raiola sia abile nel ruolo di comunicatore, e senza lasciarsi impressionare dal modo ruvido (in ogni senso) con cui dice le cose. Di una cosa si può essere certi: l’agente ha voluto lanciare un messaggio alla Juventus. Di che genere, e con quali conseguenze? Noi di Calciomercato.com non siamo in grado di rispondere a questi ultimi interrogativi. Possiamo soltanto metterci in attesa, e vedere cosa succederà da qui in avanti.
@pippoevai