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  • Raiola: 'Lukaku da Juve, Morata al Real. Ibra non torna, non capisco Thohir'

    Raiola: 'Lukaku da Juve, Morata al Real. Ibra non torna, non capisco Thohir'

    Mino Raiola dice tutto. L'agente Fifa ha rilasciato un'intervista a Tuttosport

    E’ tempo di bilanci e previsioni: il colpo di mercato dell’ultimo anno? 
    «Lo ha realizzato il Monaco con la cessione di Martial. Il Manchester United lo ha strapagato: in futuro varrà gli 80 milioni, ma il Manchester dovrà avere la forza di aspettarlo. Il colpo lo ha fatto anche la Juve trattenendo Pogba. E non sottovaluto il Milan, che ha costruito le basi per un nuovo ciclo». 

    E quale sarà, invece, il colpo del 2016? 
    «Sicuramente in estate le big si scateneranno nuovamente su Pogba, oltre che sui miei Lukaku, Capoue... L’anno degli Europei è particolare». 


    La Juventus quante possibilità ha di trattenere Pogba la prossima estate? 
    «Non si sa, ora. Paul deciderà al momento in base alle offerte che ci saranno sul tavolo e a quello che si sentirà dentro. Si è già trovato nella stessa situazione la scorsa estate. Il giocatore è cresciuto e con lui il prezzo: penso che 100 milioni non basteranno. Dipenderà da Agnelli. Di sicuro il fatto che Paul abbia deciso di rimanere dimostra che ha investito molto sulla Juve. E tanto hanno investito pure i dirigenti bianconeri rinunciando a molti milioni. Tra Pogba e la Juve c’è un legame forte e Paul è uno che pensa e ragiona sempre anche col cuore. Lui sentiva che non era il momento di andarsene e a conti fatti ha avuto ragione. E’ rimasto e si è risollevato dalle difficoltà iniziali, quando i tifosi lo hanno pure fischiato e scaricato ingiustamente. In tanti sarebbero crollati al suo posto». 

    I fischi possono condizionare le valutazioni di luglio? 
    «A Pogba non hanno dato fastidio, ma a me sì. Comunque, non condizioneranno le decisioni di luglio. Non siamo bambini, non cerchiamo ripicche». 

    La prossima stagione può essere quella del Pallone d’Oro di Paul? 
    «Io non credo nel Pallone d’Oro, come non ho mai creduto nella Fifa. Se fosse un premio reale, indipendente e non politico, Ibrahimovic almeno una volta l’avrebbe vinto perché negli ultimi 10 anni è stato il più forte attaccante in assoluto. Non discuto la classe di Messi e Ronaldo, ma loro hanno giocato praticamente sempre negli stessi top club, sorretti da fior di campioni. Zlatan, invece, è l’unico che ha dimostrato il suo valore ovunque. Detto questo: sì, Pogba possiede talento e qualità da Pallone d’Oro. Da qui a fine stagione mi aspetto che Paul segni il più possibile, come successe anche in passato a Nedved. Paul e Pavel hanno una dote in comune: oltre alla tecnica, hanno dei polmoni d’acciaio e così stroncano gli avversari». 

    Durante queste feste quante volte è squillato il cellulare con offerte per Pogba? 
    «Non possono mai essere molte, le telefonate. E’ come per certi modelli limitati di Ferrari: sono pochi a poterselo permettere. Il Barcellona di Messi in pole? L’unica più avanti delle altre è la Juve». 

    Pogba è un 10 o un 10+5, come è comparso più volte sulla sua maglietta? 
    «Questa storia del 10+5 non so cosa sia. Lui per me è un calciatore e basta. E i suoi unici motivatori sono la famiglia, gli amici, il lavoro e la fede. Paul non si è assolutamente pentito di aver scelto quella maglia: ad altri potrebbe pesare, a lui che è super no». 

    La Juventus, visti gli ultimi investimenti tipo Dybala e Alex Sandro, presto potrà lottare alla pari con le superpotenze europee? 
    «Dipenderà dalle scelte: i soldi sono importanti, ma le idee lo sono altrettanto. Altrimenti il City avrebbe già alzato tre Champions. La Juve ha delle belle idee, ma indipendentemente da Morata deve acquistare un grande numero 9 del futuro, visto che Dybala è una seconda punta. Serve un centravanti più giovane di Mandzukic per aprire un ciclo di 5 anni». 

    Pensa a Lukaku? 
    «Ci devono pensare loro, non io. Lukaku si vende da solo». 

    Dybala lo immaginava così forte? 
    «Sì, anche perché ha il carattere e la mentalità giusta. Se continua a lavorare, può diventare un fuoriclasse assoluto. Ma i miei preferiti della ricostruzione bianconera sono Pogba, Nedved vice presidente, Marotta e Paratici. Agnelli ha costruito un gruppo dirigenziale fantastico». 

    In passato non ha mai nascosto un debole per Zaza: consigli in vista del mercato? 
    «Io gli direi di restare alla Juve e giocare di più. E’ la squadra che deve credere in lui. Il grande segreto di tutti i numeri 9 è quello di convincere i compagni ad avere fiducia, non è una cosa che può imporre l’allenatore. Se tu convinci i giocatori, poi la squadra in un flusso naturale lavora per te, senza gelosie e sperando che gli risolvi le partite. E’ successo così anche a Zlatan in passato ed è il passo che recentemente ha compiuto Lukaku. Zaza ha le qualità per diventare un 9 top a livello europeo». 

    A bruciapelo: Morata, Juve o al Real Madrid il prossimo anno? 
    «Real». 

    Lei non ha mai fatto affari con il Real Madrid: perché? 
    «E’ vero, ne ho soltanto sfiorato uno: il tanto criticato Mattioni, poi passato al Milan. Non mi alzo la mattina pensando di fare un affare con il Real Madrid. Il mio obiettivo è difendere l’interesse dei miei giocatori e finora con il Real Madrid non c’è stata occasione. Male per il Real: se penso a Nedved, Ibra...». 

    A Jorge Mendes, premiato a Dubai ancora una volta come miglior agente, invidia di più Ronaldo o l’isola che Cristiano gli ha regalato per le nozze? 
    «Su un’isola mi annoio e non ci andrei mai.... Non invidio nessuno, non fa parte del mio carattere. E non ambisco al premio di Dubai, che è fasullo: ci sono stato una volta per sbaglio, mai più. Come si fa a giudicare il miglior procuratore? Gli unici che mi possono giudicare sono i miei giocatori. Se a premiarmi fossero i club, sarebbe un grande problema. Con Mendes non c’è rivalità, svolgiamo impieghi diversi: io sono procuratore di calciatori, lui un investitore. Di Jorge riconosco la bravura e il talento». 

    Allegri, Conte e Mourinho: in estate dove li vedremo? 
    «Allegri in paradiso, Conte nel purgatorio. Mentre Mourinho non si troverebbe bene in nessuno dei tre... (risata). Mi spiego: Max è una brava persona, Antonio ha la giusta cattiveria e quel rompere le palle che serve. E José o lo odi o lo ami. Mourinho lo vedo più al Manchesdter United. Max già ai tempi del Milan era affascinato dal calcio inglese: credo che se gli arrivasse una offerta dalla Premier sarebbe tentato. Poi dipenderà anche dalla Juve». 

    E Conte? 
    «Lo stimo tanto, può andare ovunque, ma chi lo prenderà dovrà permettergli di esprimere al massimo il suo carattere. Non sarei stupito di un suo ritorno alla Juve. Io avrei portato Antonio al Milan e ci siamo pure andati vicini. All’epoca, nel 2014, gli dissi: “E’ il momento per andare al Milan, con la Juve non riuscirai a fare 4 partite”. Mi ha smentito: si è dimesso dopo due allenamenti. E’ un’idea passata, adesso bisogna lasciare spazio all’ottimo Mihajlovic».  

    C’è dell’altro su Conte? 
    «Sì: speriamo che lasci davvero la Nazionale dopo l’Europeo di Francia. Uno serio come Antonio non può stare con un presidente scarso come Tavecchio». 

    Qualcuno sostiene che lei e Galliani siate anche troppo legati e amici... 
    «E’ vero che considero Galliani un amico e mi prendo la responsabilità per avergli portato Mattioni nel momento sbagliato. Però è vero anche che gli ho portato Ibra e Van Bommel a prezzi fuori mercato, uomini decisivi dell’ultimo scudetto. Mattioni è citato dai nemici che vogliono fare male ad Adriano e al Milan. E’ strano che un dirigente così vincente oggi sia così bistrattato. Io e Galliani siamo uguali: lui quando parla del Milan e del suo presidente non guarda in faccia a nessuno, neppure a me. Anzi, sfrutta la nostra amicizia per il bene del Milan: le trattative più dure sono con lui. Per Adriano, Berlusconi e il Milan valgono come i figli e li difende come un animale feroce. Io lo rispetto perché con i miei giocatori mi comporto allo stesso modo. Il nostro feeling è servito anche per Donnarumma: ora in Europa lo chiedono tutti i club più importanti. E poi non capisco, dicono che siamo troppo legati, ma Pogba non gioca nella Juve? Il nostro è un rapporto onesto e indipendente». 

    Cosa le ha detto Donnarumma quando ha saputo che sarebbe stato titolare del Milan? 
    «In realtà l’ho chiamato io. Una coincidenza. Ero a Milanello e Mihajlovic mi anticipò che quasi certamente lo avrebbe lanciato il giorno successivo». 

    Ibra è in scadenza di contratto: un bel jolly. 
    «E’ una sua decisione, per la prima volta in carriera vuole prendersi tutto il tempo per decidere e valutare. I progetti sono tanti. Pensare di rivederlo in Italia è fantacalcio». 

    Ibrahimovic dalla Juventus all'Inter nell’estate 2006. 
    «Zlatan non ha lasciato i bianconeri a causa di Calciopoli, l’affare era stato deciso già molti mesi prima, quando ancora non si sapeva nulla di quello poi sarebbe successo alla Juventus. Il giorno dopo una importante partita di Champions, andai da Moggi e gli dissi: “Zlatan devo portarlo via”. Moggi, arrabiatissimo, mi rispose: “Allora portami un euro in più di quanto il Real Madrid ci ha pagato Zidane: 85 milioni di euro”. Subito dopo incontrai Ibra e parlammo a lungo: “Zlatan, andiamo all’Inter perché in questo momento è la squadra che ha bisogno di te. Io mi accordai con Moratti e Branca per 85 milioni di euro. Era tutto deciso. E poi? E poi in estate, con lo scoppio di Calciopoli, Moratti sfruttò la situazione difficile della Juve e l’addio di Moggi per acquistare Zlatan a un prezzo vantaggioso». 

    Se fosse in Conte perché convocherebbe Balotelli per l’Europeo? 

    «Sì, perché Mario è il più forte attaccante italiano. Bearzot nell’82 chiamò Paolo Rossi nonostante l’inattività e abbiamo vinto il Mondiale. Sono certo che Mario conquisterà Conte con i fatti e segnando col Milan». 

    E se potesse tornare indietro nel tempo, a quando aveva 25 anni, di Balotelli vorrebbe avere la fama, le donne o il conto in banca? 
    «E’ una domanda del ca... Di Mario vorrei avere il cuore. E’ un ragazzo troppo giudicato e stressato, in un Paese non pronto per avere un giocatore di colore così forte. L’Italia da questo punto di vista è indietro anni luce. Nel calcio c’è razzismo, anche inconsciamente: i giocatori di colore devono dimostrare il doppio degli altri». 

    Un calciatore gay lo ha mai avuto tra i suoi? 
    «Che io sappia, no. Mi farebbe piacere averlo perché amo lottare per le minoranze e odio tutti i lati del razzismo e della discriminazione. Da emigrante, so quello che si prova. Siamo stati tutti rifugiati nella nostra storia, per cui sarei pure pronto a ospitare una delle tante persone che stanno scappando dalle guerre a casa mia, a Montecarlo». 

    Tornando al pallone: le favorite per Euro 2016? 
    «Francia e Belgio. Mi piace il ruolo di mina vagante dell’Italia e occhio alla Repubblica Ceca. La Francia, dopo tutto quello che è capitato a Parigi, sarà super motivata, ma pure carica di pressioni. Ha uno squadrone: a partire dal Raiola-campo Pogba-Matuidi-Capoue... (risata)». 

    Un acquisto da Toro? 
    «Il Toro dovrebbe essere l’Udinese di 4-5 anni fa, con giocatori giovani e di talento: ma purtroppo i tifosi non glielo permettono. Capisco la gente granata perché il Toro ha una storia importante, però il mondo si riqualifica ogni 5-6 anni. Bisogna essere flessibili e trovare sempre nuovi ruoli: 10 anni fa la Juventus era più importante del Real Madrid, oggi invece ha un altro ruolo. Come dico ai miei giocatori: gli animali più forti al mondo erano i dinosauri, che però sono tutti morti perché non hanno avuto la capacità di evolversi. Detto questo, Petrachi è molto bravo. Un nome? Al Torino vedrei bene Bruno Rapanelli, un baby Oscar». 

    Chi vince lo scudetto? 
    «La Juve, che è la più forte. Ma che bravi Paulo Sousa, Sarri e Mihajlovic! E l’Inter di Mancini ricorda quella di Ibra». 

    Gundogan, Banega, Rabiot, Diarra: chi ha più chance di trasferirsi alla Juventus il prossimo mese? 
    «Gundogan è il più forte. Quello che arriverà chiedetelo a Marotta e Paratici...». 

    Oscar e Mkhitaryan sono obiettivi bianconeri per l’estate: percentuali di arrivo? 
    «Oscar 30%, Mikhitaryan 50%». 

    Sul mercato si scatenerà di più De Laurentiis o Thohir? 
    «De Laurentiis. Di Thohir non ho capito il progetto, a patto che esista. Forse è solo quello di portare l’Inter in Borsa, rientrare di quanto investito e andarsene. Anzi, forse l’unico progetto di Thohir è Mancini». 

    Juventus-Bayern Monaco come la vede? 
    «La Juve è tutt’altro che spacciata. Mourinho con l’Inter ha battuto il Barcellona di Guardiola, può riuscire una cosa simile anche ai bianconeri». 

    Il Bayern ha annunciato Ancelotti al posto di Guardiola per la prossima stagione: ci guadagna o ci perde? 
    «Ci guadagna. Guardiola è un grande tecnico, ma una persona complicata: non può restare nella stessa squadra per più di 3 anni». 

    Lo sportivo del 2015? 
    «Sonny Bill Williams, il campione degli All Blacks. Un attimo dopo aver vinto il Mondiale di rugby ha regalato la medaglia a un bambino. Gesto spontaneo, di cuore». 

    Quando Raiola non è al lavoro o al telefono come trascorre una giornata normale? 
    «Lavoro e Raiola sono la stessa cosa: la mia non è una professione, è una passione. Parlare con i dirigenti di un club o con un giocatore per me è divertente come una telefonata a un amico». 

    Esiste un “momento Raiola” nelle sue trattative? 
    «No, perché sono tutte diverse tra loro. Il contratto finale è il frutto di una lunga semina, a volte durata mesi. La trattativa è la mia partita e ogni volta la affronto come fosse una finale di Champions». 

    Scaramanzie: la penna è sempre la stessa? 
    «Le penne le colleziono, ne ho alcune bellissime: Nedved mi ha regalato una Montblanc con il suo nome dopo il trionfo al pallone d’Oro e Pogba mi ha donato una Cartier. Ma non sono scaramantico: la vedo come una debolezza. Per me vale un detto inglese: “I perdenti hanno una scusa, i vincenti un piano”». 

    L’operazione indimenticabile? 
    «Una delle prime, quella con il mio amico Corioni per portare Sabau al Brescia. Lui mi mise in questa camera con i coperchi da water bianchi, verdi, rossi con i cuoricini: era il materiale che produceva la sua azienda. Il presidente entrava e usciva dalla stanza. A un certo punto mi disse: ma sei ancora qua? E io gli risposi: me ne vado solo quando mi dai quanto ti chiedo». 

    E quella più complicata? 
    «La prima con Moggi dopo alcuni anni di “guerra fredda” tra noi: quella per Nedved. Contrattazione durissima. Dissi a Pavel: “Vai alla Juve e vincerai il pallone d’Oro”. Ho sempre avuto un buon istinto nella scelta delle squadre dei miei campioni, diciamo che capisco in anticipo i cambiamenti del calcio. Anche i tanti cambi di Ibra si sono rivelati azzeccati e vincenti». 

    In estate ha venduto Kishna alla Lazio: quanto è dura con Lotito? 
    «Tra il suo latino e il mio dialetto servirebbe un interprete, ma alla fine ci intendiamo sempre. Lotito è intelligente, mi dispiace solo che appoggi Tavecchio. Uno tosto è Gino Pozzo, unico per come difende la sua filosofia aziendale: ero certo della sua escalation col Watford in Inghilterra. Lo stimo a tal punto che in passato, prima dell’arrivo di De Laurentiis, avevo pensato di comprare il Napoli assieme a lui». 

    Un film che di solito le è di aiuto per schiarirsi le idee in un affare? 
    «Quando guardo il Padrino spesso trovo le chiavi giuste... (risata). Vado matto per James Bond e pure per i documentari, non solo quelli sugli animali». 

    Che animale sarebbe Raiola? 
    «Un falco, perché vede da lontano e sorveglia dall’alto». 

    Se dovesse spiegare il suo segreto a un bambino? 
    «E’ quello di tutte le professioni: lavorare più degli altri. Io inizio quando apro gli occhi e finisco quando li chiudo. E’ la mia passione, mi diverto». 

    La bugia più grossa su di lei? 
    «Che sono stato un pizzaiolo. Al ristorante ho fatto il lavapiatti e mi ha insegnato più dell’Università, compresa l’attitudine al lavoro che mi aiuta anche nel mestiere del procuratore. Senza contare che, ancora oggi, nessuno pulisce la cucina di casa meglio di me...(risata)». 

    Un personaggio da invitare a cena? 
    «Mike Tyson». 
     


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