Redazione Calciomercato
Quelle davanti giocano tutte meglio della Juventus di Thiago Motta: la rivoluzione (per ora) è ferma al palo
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Se il "tuttosubitismo" fosse stato partito di maggioranza anche Oltremanica, forse non avremmo avuto la rivalità più brillante e due dei cicli più belli della storia recente del calcio.
La premessa, insomma, è doverosa. Così come altrettanto doveroso è riaprire gli occhi questa mattina e guardare, per ora, ciò che racconta la realtà dei fatti. Della "rivoluzione Mottiana", al momento, nessuna traccia. Sesto posto in campionato. Nove pareggi. E nove punti in meno, a questo punto della stagione, rispetto all'anno scorso. Non è necessario andare a scomodare il paragone del passato. Il ciclo precedente restava tale, palesemente esaurito da tempo. E un cambio di pagina a Torino era necessario. Non si discute la scelta. Si analizza, casomai, ciò che dicono i risultati e ciò che fin qui si è visto. Pochino. Anzi, quasi niente.
Rimangono, al tecnico, la attenuanti di una stagione nata sotto la peggiore stella. Gli infortuni. Il rendimento semi-fallimentare fin qui di chi avrebbe dovuto far fare il salto - o che per lo meno è stato pagato per quello. Ne avevamo già scritto (LEGGI QUI). Poi, però, rimane tutto il resto. Sì perché alzando gli occhi sulla classifica e allungando lo sguardo al campo, la constatazione è spontanea: quelle davanti alla Juve giocano tutte meglio. E non sono una o due. Sono sei.
Gioca meglio l'Atalanta, che rimane probabilmente al momento la miglior espressione possibile del calcio italiano in Europa, un modello cui prendere ispirazione su tutta la linea. Gioca meglio l'Inter, che al di là di qualche amnesia iniziale, ha ritrovato serenità e automatismi coi suoi campioni.
Gioca "meglio" persino il Napoli, se per "meglio" decidiamo di accantonare il concetto estetico e di concentrarci su quello pratico; su cosa, cioè, richiede ai suoi giocatori l'allenatore. Che i partenopei siano già espressione purissima di Conte, non vi è dubbio alcuno.
Gioca meglio la Fiorentina, che trovata la quadra dopo gli esperimenti iniziali esprime con Palladino un calcio gradevole e funzionale.
Gioca meglio la Lazio, che con Baroni ha messo insieme una squadra davvero ben equilibrata e al passo coi tempi nelle modalità di riaggressione.
Insomma, ognuna di quelle davanti ai bianconeri, a dicembre, al di là di qualche limite, è espressione del proprio tecnico. La Juventus, invece, ha lanciato, tra le mille difficoltà a livello di organico già citate, solo qualche segnale. Lampi iniziali, ma alla luce di un temporale che doveva irrigare una terra arida, è seguita una pioggia perenne. E il terreno, sotto i bianconeri, si è fatto fango. Quella col Bologna, infatti, è sembrata una Juventus impantanata. Incapace di muoversi rapidamente e ancorata a idee cui non segue la necessaria velocità d'esecuzione. Un loop fallimentare a cui manca la congiunzione finale. E alla promessa di un controllo che vorrebbe essere sinonimo di modernità e brillantezza, c'è il paradosso di una squadra che tiene tanto il pallone ma poi non sa cosa farsene. Un dato nella partita col Bologna ne è forse la fotografia migliore.
Passaggi da Conceiçao a Vlahovic: 0.
Passaggi da Yıldız a Vlahovic: 0.
Passaggi da Fagioli a Vlahovic: 1.
Passaggi da Perin a Vlahovic: 5.
Un'istantanea, appunto, di quel cortocircuito che è la Juventus di Motta in questo momento. Una squadra che vorrebbe controllare la manovra ma che per innescare il suo centravanti poi lo chiede al portiere. Tra demeriti del singolo ed evidenti difficoltà collettive, insomma, rimane immobile una Juve che ruota solo su stessa, agitandosi senza muoversi mai realmente, cullandosi di un'imbattibilità che diventa forma utopistica di solidità: nessuno batte la Juventus ma la Juventus non batte mai nessuno. E così, più che ai grandi traguardi, considerata la brillante ma inaspettata concorrenza di un paio di squadre a inizio della stagione, l'obiettivo di riconfermare almeno la Champions League, per questo gruppo, in questo momento, diventa tutt'altro che scontato. E hai voglia, poi, lì, se non dovesse essere, a chieder pazienza per Thiago Motta…
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