Quel minuto di silenzio per Pazzagli, con Sacchi e la gente nella sera di Riccione
di Xavier Jacobelli
Direttore www.quotidiano.net
Andrea Pazzagli crede che esistano gli angeli. Crede, non credeva. Perchè, più passano le ore e più non riesci a convincerti che se ne sia andato per sempre, ieri mattina, a Punta Ala.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo. Prima, quando faceva il portiere e alzava al cielo di Tokyo la Coppa Intercontinentale, le Coppe dei Campioni, le Supercoppe con il Grande Milan di Sacchi. Dopo, quando faceva il tecnico delle nazionali giovanili, il papà di Edoardo, portiere pure lui, appena ritornato alla Fiorentina e il cantautore premiato anche da Mogol con un diploma ad honorem rilasciato dalla scuola del maestro, dell'uomo che si presenta sempre insieme con Battisti.
"Spero che esistano gli angeli" è il titolo della più bella canzone di Pazzagli e del suo primo cd. Andrea era venuto a presentarlo un giorno alla web tv di quotidiano.net.
Un brano dedicato a Niccolò Galli, un altro Angelo, il figlio di Giovanni, talento del Bologna e del calcio italiano, scomparso a 17 anni il 9 febbraio 2011, a Bologna, in un tragico incidente stradale. Andrea e Giovanni erano diventati amici veri pur essendo rivali in quel Milan che ha cambiato il calcio e, adesso, nemmeno Giovanni trova più le parole e le lacrime quando pensa ad Andrea. "Un grande portiere, un autentico galantuomo, uno straordinario padre di famiglia che è stato molto vicino a me e alla mia famiglia quando abbiamo perso Niccolò".
Il 9 dicembre 1990 ero in Giappone. Facevo l'inviato per il Corriere dello Sport-Stadio. Allora, i giornalisti potevano scendere sul campo, durante la premiazione e non ci andavano solo quelli delle tv che pagano. Mi ritrovai accanto a Pazzagli, nello stadio di Tokyo dove ottantamila spettatori continuavano a spellarsi le mani per quella scatenata banda rossonera che aveva travolto l'Olimpia Asuncion per 3-0, ispirata da un divino Van Basten. Doppietta di Rijkaard, tris di Stroppa, Milan campione del mondo per il secondo anno consecutivo. La Coppa Intercontinentale passa di mano in mano e arriva ad Andrea. La guarda, l'accarezza, la solleva e mi fa: "Visto, Xavier? Pazzagli campione del mondo: è la fine del calcio". E scoppia a ridere prima che i compagni lo lancino in aria.
L'ironia e l'autoironia sono state le compagne di vita di un campione umile e sincero, di un uomo buono e giusto che adesso difende sicuramente la porta del Paradiso perchè Dio esiste e Dio l'ha voluto adesso nella sua squadra. Anche se ci vuole molta fede e molta speranza di rivederci un giorno per accettare questa scelta. Soprattutto, perchè l'accettino sua moglie, i suoi tre figli, i suoi amici, i suoi tifosi, la gente che gli ha voluto bene e che gliene vorrà per sempre.
Andrea è uno che non se l'è mai tirata anche se, diceva, "io non finirò mai di ringraziare abbastanza Arrigo perchè grazie a lui ho scritto pure il mio nome nella storia del calcio". E il calcio, a volte, fa strani scherzi.
Proprio ieri, poche ore dopo che Andrea se n'era andato, l'estate romagnola del Resto del Carlino aveva organizzato una conversazione pubblica con Sacchi nel giardino di Villa Mussolini, a Riccione. Conoscendo Arrigo e conoscendo il rapporto di amicizia con Pazzagli, ulteriormente rafforzato dall'attuale, comune esperienza in Federazione, arrivo a Riccione e penso che il signore di Fusignano non venga all'appuntamento. Arrigo c'è, ma è a pezzi. Come a pezzi sono Cesare Prandelli, Ciro Ferrara che telefona a Sacchi mentre raggiungiamo in auto il luogo dell'incontro dove centinaia di persone sono in silenziosa attesa sul lungomare.
"L'avevo sentito appena ieri sera - sussurra l'ex ct - Ci saremmo dovuti incontrare in settimana a Coverciano con Cesare, Ciro e tutti gli altri tecnici federali per pianificare il lavoro della nuova stagione...". Arrigo non aggiunge altro. Non vuole, non ce la fa. Nel giardino di fronte al mare ci alziamo tutti in piedi e rimaniamo in silenzio. Per uno, due, tre minuti. Il tempo non esiste più. Ciao, Andrea. Salutaci gli angeli.