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Basta ironia: è anche merito di Conte
E ogni giorno ognuno di noi può incappare in temerarie previsioni che la realtà puntualmente smentisce.
Il problema è che questi non sono più tempi da Settimana Enigmistica (… che peraltro resiste mirabilmente alla crisi generale dell’editoria), sulle cui pagine le figuracce delle cassandre vengono da sempre ironicamente relegate in una celebre rubrica fissa intitolata appunto “ultime parole famose”, ovvero il pretesto per “una pausa di relax” concessa agli enigmisti più incalliti.
Oggi se ti sbilanci in sentenze ardite, rischi grosso. Il sorrisetto ironico del tempo di qualche secondo può diventare un ghigno mastodontico che si moltiplica nelle blogosfere e non finisce più. Perché scripta manent più che mai, nell’era della memoria digitale. E tutto torna al pettine.
L’ironia – come notate - è contagiosa. E il collegamento con Antonio Conte è inevitabile. Il tecnico della Juventus pre-Allegri, all’alba dell’ultima dolorosa uscita bianconera dalla Champions datata 14 dicembre 2013 cioè dopo il 2-2 con il Galatasaray, osò sentenziare: “Questa non è più la Champions dei miei tempi. Qui ti scontri con squadre che economicamente ti sono superiori. È inutile mettere la testa sotto la sabbia. Vedere una squadra italiana in finale nei prossimi anni sarà molto, molto dura”. Talmente dura che nell’arco di una stagione appena la profezia è già stata smentita. La Juve è approdata a Berlino.
C’è benzina per il fuoco dell’ironia social che già si era alimentato con un altro motto attribuito a Conte, quello del “non puoi andare a un ristorante da 100 euro avendo in tasca 10 euro”. E invece la Juve, presunta indigente, si è seduta al banchetto più pregiato, pregiatissimo. Quello che probabilmente, comunque vada la finale di Berlino, la farà salire di grado sulla scala dei ricchi club d’Europa.
Così le parole di Conte sembrano particolarmente sprovvedute, prestando il fianco all’opera distruttiva dei revisionisti su web, anche e soprattutto quelli di parte, di chi tifava Conte e oggi esalta Allegri, gli ingrati per i quali non vale la memoria digitale, ovvero i peana del passato per l’ex capitano e gli iniziali sberleffi per l’ex tecnico del Milan.
Ciò che non vede il tifoso più estremo, l’untore dei motti certamente esagerati di Conte, è l’eredità tecnica e caratteriale che resiste nella squadra bianconera. È l’orgoglio comune di cui ha parlato Buffon prima della sfida di Madrid e sul quale aveva fatto leva lo stesso Conte prendendo in cura una squadra e una società disorientate, senza più consapevolezza.
Allegri non farà mai dichiarazioni tanto nette da poter essere un giorno catalogate come “ultime parole famose”. Il suo segreto è gestire con scaltrezza, con empatia tutta toscana, le questioni tattiche e quelle comunicative. Utilizzando a suo favore il meglio e il peggio dell’esperienza precedente. Come il famoso 3-5-2, ormai sostituito dallo schieramento a 4 in difesa ma esaltato a ruolo di arma in più, di utile attrezzo per guidare in porto i risultati.
Senza eccessi e senza “sparate”. Ma anche con l’intima consapevolezza che senza le sfuriate contiane di ieri, non ci sarebbe stato questo pacioso e godereccio presente bianconero che si identifica nel sornione sorriso di Allegri.
Luca Borioni
@LucaBorioni
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