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Quando Mina era solo Anna Maria e faceva parte della mia famiglia
In questi giorni, cascate e fiumi di parole tracimeranno in ogni angolo dell’Italia e anche del mondo offrendo, nel suo nome, biografie, testimonianze, aneddoti insieme con i tradizionali auguri. Personalmente, poiché sono in grado di farlo seppure senza alcun merito se non quello della fortuna, mi piace dire di Anna Maria Mazzini e dei giorni in cui quella che sarebbe diventata l’icona dell’arte musicale era soltanto una ragazzina di sedici anni, la quale trovò uno spazio particolare nel cuore della mia famiglia. Non lo rammento per boria, ma soltanto perché fu proprio da quel punto che venne scritto il primo capitolo di un romanzo destinato a diventare best seller senza età.
Erano in quattro. Regina, la mamma. Giacomo, il padre. Alfredo, il figlio maschio. Anna Maria, la femmina di casa. La famiglia Mazzini, cremonesi benestanti che in estate villeggiavano in Versilia. La fine degli Anni Cinquanta era una finestra spalancata su quello che di lì a poco sarebbe stato il boom economico e anche culturale di un Paese i cui abitanti, ancora segnati dai dolori della guerra, avevano una voglia matta di tornare a vivere a tutto tondo. Feste, musica e ballo facevano da colonna sonora innaffiata da Negroni e Gin Fizz. La "Bussola" di Focette si stava proponendo come il locale più gettonato e frequentato dalla borghesia danarosa. I Mazzini facevano parte della clientela habitué. Sul palco si alternavano Renato Carsone, Don Marino Barreto Junior e i Quattro di Lucca che facevano jazz di alta classe. Si tirava mattina quasi sempre. E poi tutti al Forte a far colazione con le focaccine appena sfornate.
Anna Maria e Alfredo erano pazzi di musica. Lui suonava la batteria e si faceva chiamare Geronimo. Lei cantava, ma fuori controllo per la moda di allora. Faceva rock, quindi urlava. Prima che la Bussola chiudesse, la ragazza chiedeva a mio zio Sergio, il patron e inventore del locale, il permesso di esibirsi per i quattro gatti che erano rimasti. Lo voce di Anna Maria trapanava le mura del locale e si perdeva nel mare di fronte. Sergio si metteva le mani sulle orecchie e concludeva con il solito commento: "Anna, tu non canti fai casino. E’ meglio che continui a studiare". Poi invitava a colazione, nella sua casa del Marco Polo a Viareggio, tutta la famiglia Mazzini. Fu l’unica cantonata professionale dell’uomo che sarebbe diventato l’imprenditore numero uno dello spettacolo internazionale. I tempi non erano ancora maturi.
Un anno dopo a Roma Sergio girava per locali in cerca di nuovi talenti. Capitò in un Club di un sottoscala da dove arrivava la voce di una cantante che ipnotizzava il pubblico. Sergio non credeva ai suoi occhi e né alle sue orecchie. Quella era Anna Maria, anzi Baby Gate come si faceva chiamare. Alla fine della performance baci e abbracci. Ma anche un contratto pronto per l’estate successiva in Bussola. Con un nome tutto nuovo, Mina. L’esordio fu travolgente. Il sodalizio continuò per venti anni fino al 23 agosto del 1978 quando la Voce annunciò a un pubblico basito dalla notizia che avrebbe abbandonato per sempre le scene dal palco del tendone di "Bussoladomani". Promessa mantenuta. Oggi, in Versilia, di tanto in tanto c’è chi giura di aver visto Mina in compagnia di suo figlio Massimiliano. Forse fa parte della Leggenda. Ma anche no.